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art. 34 - Azione contro il cliente e la parte assistita per il pagamento del compenso

art. 34 - Azione contro il cliente e la parte assistita per il pagamento del compenso

Art. 34 - Azione contro il cliente e la parte assistita per il pagamento del compenso

1. L'avvocato, per agire giudizialmente nei confronti del cliente o della parte assistita per il pagamento delle proprie prestazioni professionali, deve rinunciare a tutti gli incarichi ricevuti.

2. La violazione del dovere di cui al comma precedente comporta l'applicazione della sanzione disciplinare della censura.


PRECEDENTE FORMULAZIONE

art.46.Azioni contro la parte assistita per il pagamento del compenso

L'avvocato può agire giudizialmente nei confronti della parte assistita per il pagamento delle proprie prestazioni professionali, previa rinuncia al mandato. 

Sentenze - Pareri

difesa d’ufficio - agire per il pagamento dell’onorario maturato
Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Reggio Emilia ha formulato il seguente quesito: “Se l’avvocato che ha difeso d’ufficio il cliente nel giudizio di primo grado possa agire per il pagamento dell’onorario maturato in tale giudizio o se debba attendere per tale incombente l’esito del giudizio di appello e altresì se possa chiedere di essere sostituito nella difesa di ufficio in appello per effetto di incompatibilità da contrasto sul regolamento dell’onorario.”.
E’ preliminare un’osservazione.
Così come risulta letteralmente posto, il chiedersi se il difensore di ufficio possa o meno agire per pagamento delle competenze maturate in primo grado prima che si concluda il giudizio in appello appare sostanzialmente ininfluente: dovremmo rispondere “certamente si”, atteso che l’art. 31 delle disp. att. c.p.p. prevede che “l’attività del difensore di ufficio è in ogni caso retribuita” e che il successivo art. 32, poi, esenta da “bolli, imposte e spese” le azioni legali “intraprese per il recupero dei crediti professionali vantati dai difensori d’ufficio”.
Nessuna condizione viene quindi posta ai difensori di ufficio per la tutela del diritto a veder remunerare la propria opera professionale e, per tale ragione, nulla potrebbe ostare a che, pendendo il giudizio di appello, il difensore di ufficio chieda il pagamento degli onorari maturati nel corso del giudizio di primo grado.
Il quesito, però, va sicuramente letto ed interpretato in termini più compiuti: l’interrogativo del COA di Reggio Emilia, infatti, acquista significato qualora si presupponga che il difensore di ufficio del procedimento di appello sia il medesimo del procedimento di primo grado.
Nell’ipotesi anzidetta, due sono le ulteriori norme alle quali avere riguardo, oltre ai già menzionati artt. 31 e 32 disp. att. c.p.p.: l’art. 46 del cod. deont. e l’art. 97 c.p.p.. La prima, infatti, prescrive che la rinuncia al mandato debba precedere l’esercizio dell’azione legale svolta dal difensore a tutela delle competenze professionali, mentre la seconda ha introdotto nell’ordinamento il principio dell’immutabilità del difensore di ufficio, consentendone la sostituzione solo (5° comma) per giustificato motivo.
Ci si deve quindi chiedere se il mancato pagamento delle competenze costituisca il “giustificato motivo” contemplato dall’art. 97 c.p.p..
La risposta consegue, ad avviso della Commissione, dal necessario contemperamento delle previsioni recate dai dianzi richiamati artt. 31 e 32 delle disp. att. c.p.p. con l’eccezione al principio di immutabilità del difensore di ufficio, consentita dall’eventuale sopravvenire di un giustificato motivo.
In tal senso, deve ritenersi che la lesione del diritto del difensore di ufficio ad essere retribuito impedisce di ritenere che sussista, in capo al medesimo, il contrastante dovere di tollerare di non essere retribuito (fino a quanto, poi?). Detta eventualità, di conseguenza, potrà essere da lui ritenuta quel “giustificato motivo” che, ex art. 97, 5° comma, c.p.p., consente di instare per la sostituzione.
A fronte del suddetto orientamento non militano, ad avviso della Commissione, considerazioni di carattere avverso, atteso che la nomina di un nuovo difensore, che assicuri il diritto di difesa sancito dall’art. 24 Cost., risulta regolata e tutelata dall’art. 29 disp. att. c.p.p..
Al quesito posto dal COA di Reggio Emilia si potrà perciò dare la seguente risposta:
L’avvocato di ufficio ha diritto ad essere retribuito ed a tutelare in giudizio il proprio conseguente credito ai sensi degli artt. 31 e 32 disp. att. c.p.p.. Peraltro, qualora intenda agire per il pagamento delle competenze relative all’opera svolta in primo grado, dovrà rispettare la previsione recata dall’art. 46 del codice deontologico forense, secondo la quale l’avvocato può agire giudizialmente nei confronti del cliente previa rinuncia al mandato. Per tale ragione, in ottemperanza all’art. 97, 5° comma, c.p.p., dovrà chiedere al Giudice di essere sostituito per il giustificato motivo, sopravvenuto, costituito dal mancato pagamento della retribuzione dovutagli per legge.
Nell’esercizio della discrezionalità che la succitata norma implicitamente prevede, stante la natura sostanzialmente “un bianco” del cosiddetto giustificato motivo, il Giudice deciderà se accogliere, o meno, la richiesta. In caso negativo, l’avvocato d’ufficio dovrà continuare a svolgere l’incarico ed ovviamente astenersi, onde evitare l’insorgere di un procedimento disciplinare nei suoi confronti, di agire giudizialmente nei confronti dell’assistito per ottenere il pagamento delle competenze dovutegli. Consiglio Nazionale Forense (rel. Merli), parere del 14 luglio 2011, n. 68 Pubblicato in Prassi: pareri CNF 

Azioni contro la parte assistita per il pagamento del compenso

L’illecito disciplinare di cui all’art. 46 CDF si configura ogni qualvolta l’avvocato intenti una azione giudiziaria contro il proprio cliente senza aver preventivamente rinunciato al mandato alle liti, e quindi senza aver evitato, con l’unico mezzo possibile, qualsiasi situazione d’incompatibilità esistente tra mandato professionale e contemporanea pendenza della lite promossa contro il proprio assistito (Nel caso di specie, il professionista aveva iniziato un giudizio volto ad ottenere il pagamento di prestazioni professionali contro una parte per la quale stava patrocinando, avendone ricevuto il mandato, altro giudizio in grado di appello. In applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha ritenuto congrua la sanzione disciplinare dell’avvertimento). Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Perfetti, rel. Pasqualin), sentenza del 18 luglio 2013, n. 112 Pubblicato in Giurisprudenza CNF 

azione contro il cliente (previa rinuncia al mandato) per il pagamento del compenso professionale
Ai sensi dell’art. 38 del R.D.L. 27 novembre 1933 n. 1578, l’esercizio dell’azione giudiziale, da parte dell’avvocato o procuratore, per il soddisfacimento dei crediti per prestazioni professionali, deve essere contenuto in limiti tali da non comportare per il debitore aggravi sproporzionati, né deve essere compiuto con modalità vessatorie o persecutorie, costituendo, in difetto, comportamento passibile di sanzione disciplinare, come nel caso in cui l’azione medesima venga intrapresa senza preventiva rinuncia al mandato alle liti. Cassazione Civile, sentenza del 29 gennaio 1993, n. 01152, sez. U- Pres. Vela A- Rel. Beneforti E- P.M. Morozzo Della Rocca F (Conf) Pubblicato in Giurisprudenza Cass. 

Esercizio azione giudiziaria per il pagamento di crediti professionali senza previa rinuncia al mandato
E’ configurabile l’illecito disciplinare per violazione dell’art. 46 c.d.f. qualora l’avvocato intenti un’azione giudiziaria contro il proprio rappresentato senza aver preventivamente rinunciato al mandato alle liti, e quindi senza aver evitato, con l’unico mezzo possibile, qualsiasi situazione d’incompatibilità esistente tra mandato professionale e contemporanea pendenza della lite promossa contro il proprio assistito (nella specie, il ricorrente aveva mantenuto la difesa del proprio cliente dopo averlo diffidato stragiudizialmente al pagamento di un suo credito per prestazioni professionali e dopo aver dato corso nei suoi confronti a procedura monitoria ed a procedura esecutiva). (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Torino, 14 settembre 2005). Consiglio Nazionale Forense (pres. Alpa, rel. BASSU), sentenza del 27 ottobre 2008, n. 146 Pubblicato in Giurisprudenza CNF 

Accaparramento clientela – Dovere di riservatezza – Attività contro ex-clienti
L’avvocato che prema sul cliente affinché lo nomini in sostituzione di un collega in una controversia contro un suo ex-cliente, che esprima confidenze e giudizi su quest’ultimo, che suggerisca al cliente comportamenti atti a sottrarre ingenti somme di denaro alla garanzia dei creditori e che inoltre trattenga somme dello stesso, pone in essere un comportamento disciplinarmente rilevante perché lesivo della dignità e decoro della classe forense. (Nella specie considerati i buoni precedenti disciplinari, l’età dell’incolpato, e l’eliminazione degli effetti dannosi dei fatti addebitati è stata ridotta la sanzione della sospensione da mesi sei a mesi due). (Accoglie parzialmente il ricorso avverso decisione C.d.O. di Lecce, 25 novembre 1995). Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. GALATI, rel. PETIZIOL), sentenza del 3 dicembre 1998, n. 185 Pubblicato in Giurisprudenza CNF 

Azione giudiziale per il pagamento delle competenze professionali – Divieto ex art. 49 c.d.f.
L’art 49 del codice deontologico forense si applica anche nei confronti dell’avvocato che agisca in giudizio contro il proprio cliente per il pagamento delle proprie prestazioni professionali nel caso previsto dall’art. 46 dello stesso codice. (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Torino, 9 ottobre 2008).
Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Perfetti, rel. Bulgarelli), decisione n. 31 del 16 marzo 2011 Pubblicato in Giurisprudenza CNF 

e' configurabile l'illecito disciplinare per violazione dell'art. 46 c.d.f. qualora l'avvocato intenti un'azione giudiziaria contro il proprio rappresentato senza aver preventivamente rinunciato al mandato alle liti, e quindi senza aver evitato, con l'unico mezzo possibile, qualsiasi situazione d'incompatibilità esistente tra mandato professionale e contemporanea pendenza della lite promossa contro il proprio assistito (nella specie, il ricorrente aveva mantenuto la difesa del proprio cliente dopo averlo diffidato stragiudizialmente al pagamento di un suo credito per prestazioni professionali e dopo aver dato corso nei suoi confronti a procedura monitoria ed a procedura esecutiva). (rigetta il ricorso avverso decisione c.d.o. di torino, 14 settembre 2005). (consiglio nazionale forense, decisione del 27-10-2008, n. 146 pres. alpa - rel. bassu - p.m. iannelli (conf.)

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