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Successioni - Usufrutto - Lascito - Legato

Successioni - Usufrutto - Lascito - Legato

Successioni - Usufrutto - Lascito - Legato (Corte di cassazione - Sezione II civile - Sentenza 15 febbraio-12 settembre 2002 n. 13310)

(Corte di cassazione - Sezione II civile - Sentenza 15 febbraio-12 settembre 2002 n. 13310)

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 14/12/1987, Felice e Angiolina (o Angela) B.................., premesso che erano insieme agli altri due germani Michele e Luigi B.................. comproprietari, in qualità di eredi di Luigi Felice B.................., in virtù del testamento del 4/7/75, dei beni immobili siti in San Severo alla via Croghan nn. 236 e 240, con i mobili ivi esistenti; che dopo la morte di Giuseppina D................., coniuge del de cuius ed usufruttuaria, la sorella di questa Tilde D................. si era immessa nel possesso di tali beni senza alcun titolo; convenivano in giudizio davanti al Tribunale di Foggia la suddetta Tilde D................. al fine di sentirla condannare al rilascio dei beni in questione illegittimamente detenuti e al risarcimento dei danni.

Costituitasi la D................. contestava la domanda, assumendo che, essendo il de cuius Luigi B.................. deceduto il 1° febbraio 1984, dopo l'entrata in vigore della legge 19/5/1975 n. 151, la disposizione testamentaria che considerava la moglie semplice usufruttuaria, doveva ritenersi nulla, con la conseguenza che si era aperta la successione legittima e che alla sorella spettavano (ex art. 582 c.c.) i due terzi dell'asse ereditario. Spiegava, pertanto, domanda riconvenzionale chiedendo che fosse riconosciuto il suo diritto di successione in ordine ai beni pervenuti alla defunta Giuseppina D................. unitamente agli altri coeredi, istando per la divisione dell'eredità. Faceva presente che dopo la morte del de cuius Luigi B.................. (deceduto senza figli), gli eredi legittimi, cioè la moglie Giuseppina D................. per due terzi e i nipoti (figli del fratello pre morto Domenico Bonavenuta, cioè) Felice, Angela, Luigi e Michele B.................. per un terzo, avevano fatto regolare denuncia di successione e che il coerede Luigi B.................. aveva venduto la propria quota di eredità a Giuseppina D..................

Nel giudizio intervenivano i germani della convenuta, Ciro Antonio, Luigi, Wanda, Clara, Adriana, Mario e Novella D................., che aderivano alla richiesta della congiunta Tilde D.................. Interveniva anche Michele B.................., fratello degli attori. Veniva quindi disposta l'integrazione del contraddittorio nei confronti dell'altro fratello Luigi B...................

Gli attori chiedevano ed ottenevano sequestro giudiziario dei beni immobili, affidati in custodia a Tilde D..................

Con sentenza non definitiva del 25/6-16/10/1993, il Tribunale così provvedeva:
«1) dichiara che il compendio ereditario relitto di B.................. Luigi con testamento pubblico del 4 luglio 1975, attuate le riduzioni prescritte a tutela delle quote degli eredi legittimari, va diviso secondo le seguenti quote: 1/2 a favore del coniuge superstite D................. Giuseppina, deceduta a sua volta nel 1985, e l'altra metà a favore degli eredi testamentari nipoti ex frate del de cuius ed in parti uguali (1/4 dell'altra metà ciascuno) a favore di B.................. Felice, Angela, Luigi e Michele;

2) dichiara che, a seguito della vendita da parte di B.................. Luigi fu Domenico di una parte della sua quota di eredità (1/4 di 1/3 dell'intero asse) a favore di D................. Giuseppina e a seguito del decesso di quest'ultima, la cui eredità è devoluta ab intestato per 1/2 a favore del genitore D................. Ciro e per l'altra metà in parti uguali (1/7 di 1/2) a favore dei germani D................. Tilde, Clara, Wanda, Adriana, Novella, Mario e Luigi, i beni ereditari in comunione vanno divisi tra tutti i succitati condividenti secondo le quote seguenti: 7/24 a D................. Ciro; 3/24 a ciascuno degli eredi B.................. Felice, B.................. Angiolina e B.................. Michele; 1/24 ciascuno a D................. Tilde, D................. Luigi, D................. Wanda, D................. Clara, D................. Adriana, D................. Novella e D................. Ilario; 1/24 a B.................. Luigi fu Domenico;

3) dichiara che gli eredi di D................. Giuseppina; ciascuno in proporzione alla propria quota relativa all'eredità predetta, devono versare la somma di L. 1.050.000 e che D................. Tilde deve versare quella di L. 600.000, somma eventualmente da rivalutare fino al momento di formazioni del progetto di divisione e che fanno parte del patrimonio da devolvere, unitamente ai due beni immobili e mobili ivi compresi, secondo le quote in precedenza determinate;

4) rimette la causa in istruttoria per le ulteriori disposizioni e per la trattazione dei capi delle domande non decisi, come da separata ordinanza».
Tale decisione veniva confermata dalla Corte di Appello di Bari, con sentenza n. 904/97 del 23/09/1997-02/10/1997, che rigettava l'impugnazione di Felice, Angiolina e Michele B.................., condannandoli alla rifusione delle spese legali del grado.
Premesso che la decisione del Tribunale non era definitiva, per cui non erano ammissibili le censure relative al mancato esame di quelle domande per le quali vi era stata remissione in istruttoria, osservava la Corte d'appello che correttamente il Tribunale aveva ritenuto che Tilde D................. deteneva l'immobile come coerede e che lo aveva messo a disposizione per lo scioglimento della comunione. Peraltro l'autorizzazione al sequestro presupponeva che sulla domanda di rilascio non era stato emesso alcun provvedimento definitivo, essendosi il Tribunale limitato a riconoscere il diritto ereditario, pro quota, della D..................
La Corte d'appello escludeva che il Tribunale avesse pronunciato ultra petitum, osservando che la riduzione delle disposizioni testamentarie lesive della quota di legittima può essere chiesta dai legittimari, loro eredi o aventi causa; pertanto gli eredi di Giuseppina D................. erano legittimati all'azione di riduzione. Tale azione era da ritenersi proposta poiché Tilde D................. e gli altri coeredi intervenuti nel processo avevano, in riconvenzionale, dedotto la totale inefficacia del testamento perché in contrasto con la nuova normativa di cui alla L. n. 151/1975, con conseguente apertura della successione legittima, ovvero la parziale inefficacia del testamento stesso, con conseguente riconoscimento della sola quota di legittima spettante al coniuge superstite.
Osservava poi la Corte d'appello che correttamente il Tribunale aveva ritenuto che il testamento era lesivo dei diritti di riserva del coniuge superstite, dovendosi applicare la legge vigente al momento dell'apertura della successione, ancorché il testamento fosse stato redatto sotto il vigore della precedente normativa. Dall'esame del testamento (olografo) risultava che il de cuius aveva voluto lasciare il suo patrimonio immobiliare e mobiliare ai nipoti Felice, Luigi, Michele e Angela B.................., nominati eredi in parti uguali, e aveva voluto lasciare alla moglie solo l'usufrutto dei beni ed eventuali contanti, depositi bancari e postali, diritti di credito, implicitamente escludendo la sua qualità di erede, avendola privata dell'intera nuda proprietà della totalità dei beni immobili e mobili. Tale disposizione testamentaria era in contrasto con l'art. 536 c.c., che riserva al coniuge una quota dell'eredità, e con l'art. 540 c.c., che riserva al coniuge la metà del patrimonio dell'altro coniuge, il quale è considerato erede dalla nuova normativa introdotta dalla L. n. 151/1975. Tale disposizione non poteva essere intesa come attribuzione di legato in sostituzione di legittima, perché il testatore avrebbe dovuto avere consapevolezza che il legatario aveva diritto ad una quota di legittima, mentre all'epoca in cui il testamento fu redatto, il coniuge non era compreso tra i legittimari, per cui era da escludersi la consapevolezza da parte del B.................. che alla moglie spettasse una quota di legittima e, conseguentemente, la volontà di soddisfare con il legato integralmente i diritti di legittimaria spettanti all'istituita. Dalla stessa scheda testamentaria non si evinceva tale volontà del de cuius.
Infine osservava la Corte d'appello conte la norma dell'art. 550 c.c., attribuendo ai legittimari solo una facoltà di scelta non poteva essere invocata per interpretare la volontà del testatore nel senso di aver lasciato alla mogie il legato in sostituzione di legittima.
Avverso questa sentenza hanno proposto ricorso per cassazione Felice, Angiolina e Michele B.................. in base a tre motivi, i primi due articolati in vari punti.
Tilde, Luigi, Wanda, Clara, Adriana, Mario e Novella D................. hanno resistito con controricorso.
Questa Corte all'udienza del 20/1/2000 ha disposto l'integrazione del contraddittorio nei confronti di Ciro Antonio D................. e successivamente all'udienza del 16/3/2001 la rinnovazione dell'integrazione del contraddittorio nei confronti degli eredi di Ciro Antonio D.................. A tale incombente i ricorrenti hanno regolarmente provveduto ed hanno anche depositato memoria.

Motivi della decisione

A sostegno dell'impugnazione i ricorrenti deducono:
1. Violazione e falsa applicazione di norme di diritto (artt. 536, 540, 550, 557 e 558 c.c., artt. 112, 113 c.p.c. e L. n. 151/1975). Difetto e illogicità di motivazione (art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.).
1/A) I ricorrenti censurano l'impugnata sentenza per aver ritenuto che il testamento del de cuius leda i diritti di riserva del coniuge superstite e per aver considerato Giuseppina D................. mera usufruttuaria in quanto «privata dell'intera nuda proprietà della totalità dei beni immobili e mobili», senza considerare che, al contrario, la moglie del de cuis è stata istituita dallo stesso testatore erede a titolo universale, con conseguente assegnazione della quota ereditaria prevista per legge.
La scheda testamentaria è, infatti, del seguente tenore: «Dichiaro io testatore di essere coniugato con D................. Giuseppina, dalla quale non ho avuto figli, e che oltre mia moglie non ho altri aventi comunque diritto a quota di legittima o riserva sul patrimonio. Lascio a favore di mia moglie l'usufrutto generale di tutti i miei beni mobili ed immobili, quali e quanti saranno all'epoca del mio decesso, niente escluso od eccettuato, usufrutto da godere sua vita natural durante, con dispensa dal fare inventario o dal prestare cauzione. Lascio, inoltre, in piena proprietà eventuali miei crediti, contanti, depositi bancari o postali, ratei di pensione non riscossi, diritti, ragioni od azioni. Nomino eredi, in parti uguali, del mio patrimonio, quale sarà all'epoca della mia morte, mobiliare ed immobiliare, i figli di mio fratello Domenico e precisamente B.................. Felice, Luigi, Michele ed Angela». Da tale scheda testamentaria è chiaro che a Giuseppina D................. sono stati lasciati, quale quota ereditaria sull'universalità dei beni, l'usufrutto generale sui beni mobili ed immobili, senza imporre condizione alcuna, nonché la piena proprietà di altri beni (crediti, contanti, depositi bancari e postali, ratei di pensione non riscossi etc.). Ciò comporta che alla istituita, beneficiaria dell'usufrutto, vada riconosciuta la qualità di erede a titolo universale, indipendentemente dall'applicazione della normativa tuttora vigente o di quella precedente. Partendo da presupposti errati, la Corte d'appello ingiustamente ha ritenuto che il testamento avesse istituito Giuseppina D................. legataria e non erede a titolo universale.
1/B) La Corte d'appello ha ritenuto che la disposizione testamentaria contrastava «con la norma di cui all art. 536 c.c. che riserva al coniuge una quota dell'eredità, e con quella dell'art. 540 c.c. che riserva al coniuge la metà del patrimonio dell'altro coniuge», senza considerare che il valore dei beni assegnati nel testamento a Giuseppina D................. superava di molto il 50% del patrimonio (il solo usufrutto, in considerazione dell'età della D................., superava come valore il 60% dell'asse ereditario) e che il principio dell'intangibilità della quota di legittima deve intendersi soltanto in senso quantitativo e non anche in senso qualitativo, potendo il testatore soddisfare le ragioni dei legittimari con beni di qualunque natura, purché compresi nell'asse ereditario.
1/C) Neppure condivisibile è la considerazione della Corte d'appello, secondo la quale: «la circostanza che il testamento fu redatto quando il coniuge non veniva compreso tra i legittimari dalla legislazione all'epoca vigente, farebbe escludere l'attribuzione di un legato in sostituzione di legittima», atteso che il testatore ha sempre avuto facoltà di istituire un soggetto erede a titolo universale anche senza una esplicita previsione normativa.
1/D) Parimenti non condivisile è l'altra affermazione della Corte d'appello che prima dell'entrata in vigore della legge n. 151/75 il B.................. non poteva attribuire alla moglie la qualità di erede, poiché per giurisprudenza consolidata è stato sempre riconosciuto al testatore il diritto di attribuire alla moglie anche prima di tale ultima legge la qualità di erede a titolo universale.
1/E) Erroneamente la Corte d'appello ha ritenuto che il Tribunale non era andato ultra petitum in assenza di qualsiasi richiesta da parte degli eredi della D................. di riduzione delle disposizioni testamentarie. In ogni caso, anche a voler ritenere tale domanda implicitamente proposta, ugualmente la domanda di riduzione non poteva trovare accoglimento non avendo i richiedenti D................. indicato entro quali limiti era stata lesa la legittima, determinando con esattezza il valore della massa ereditaria e, quindi, il valore della quota di legittima violata dal testatore.
2. Violazione e falsa applicazione di norme di diritto sotto altro profilo (artt. 112-115-116 e 132 c.p.c.). Difettosa, insufficiente ed illogica motivazione, con omesso esame di punti decisivi della controversia (art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.).
2/A) I ricorrenti si dolgono che l'impugnata sentenza abbia rigettato la domanda di rilascio dell'immobile sul presupposto che Tilde D................. detenesse il bene come coerede, senza considerare che tutti i beni del de cuius appartenevano ed appartengono per successione testamentaria solo ed unicamente a B.................. Angiolina, Michele e Luigi.
2/B) Erroneamente la Corte d'appello ha ritenuto che non erano ammissibili le domande contenute nel sesto e settimo motivo dell'appello, perché a suo dire i relativi capi avrebbero dovuto essere ancora trattati dal Tribunale in sede istruttoria, senza, considerare che, invece, tali domande, specialmente quella di nullità della vendita di 2/24 dei beni immobili, effettuata da Luigi B.................. in favore di Giuseppina D................., non avevano nulla a che vedere con la rimessione in istruttoria della causa per la sola divisione dei beni.
2/C) Infine ingiustamente la Corte d'appello ha rigettato la domanda (contenuta nel quinto motivo d'appello) relativa al ricavato della vendita di alcuni beni mobili da parte di Tilde D................., atteso che secondo le disposizioni testamentarie tali beni erano di esclusiva proprietà dei germani B...................
3. Violazione e falsa applicazione di norme di diritto (artt. 91-112-115-116 e 132 c.p.c.). Difetto ed illogicità nella motivazione (art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.).
Con tale ultimo motivo i ricorrenti si dolgono di essere stati condannati al pagamento delle spese del giudizio.
A) Il primo motivo merita accoglimento in base alle seguenti considerazioni.
La sentenza impugnata ha in sostanza, conformemente alla decisione di primo grado, ritenuto che la disposizione testamentaria, con la quale Luigi B.................. ha lasciato alla moglie Giuseppina D................. l'usufrutto generale di tutti i beni mobili ed immobili, nonché la piena proprietà di eventuali crediti, contanti, depositi bancari e postali, ratei di pensione non riscossi, è a titolo particolare ed ha attribuito alla beneficiaria la qualità di legataria, ma non di erede. L'attribuzione del legato non è stata fatta in sostituzione di legittima. Conseguentemente la disposizione testamentaria si pone in contrasto con la nuova disciplina introdotta dalla riforma di cui alla legge 19/5/1975 n. 151, che appunto attribuisce al coniuge la qualità di erede; donde l'invalidità o inefficacia del testamento del 4/7/1975 e l'apertura della successione legittima, essendo stati lesi i diritti di riserva del coniuge superstite, fatti valere dagli eredi di quest'ultima.
A.1) Ma tale ragionamento si basa su argomentazioni che non possono essere condivise.
Innanzitutto l'attribuzione per testamento al coniuge dell'usufrutto generale, ammesso che configuri un legato e non la istituzione di erede, non sembra raffigurare una causa di invalidità del testamento.
L'art. 565 c.c., nel testo introdotto dalla riforma, indica il coniuge tra gli eredi legittimi. Ma tale norma riguarda esclusivamente la successione legittima e non si riflette sulle successioni testamentarie, al punto da inficiare il testamento, che attribuisce l'usufrutto generale al coniuge. In altre parole, se si apre la successione legittima, il coniuge è compreso tra gli eredi legittimi. Ma ciò non significa che debbano ritenersi invalide tutte le disposizioni testamentarie che non considerino il coniuge come erede. Non sembra cioè che l'art. 565 cit. abbia determinato la nullità delle disposizioni testamentarie difformi.
A.2) In secondo luogo, è da dubitare che l'attribuzione in proprietà della totalità di determinate categorie di beni - eventuali crediti, contanti, depositi bancari e postali, ratei di pensioni non riscossi - costituisca legato, valendo certamente come istituzione di erede se intesa come quota dei beni del testatore (art. 588 c.c.).
A.3) Inoltre l'attribuzione dell'usufrutto generale, secondo prevalente giurisprudenza e dottrina, non costituisce assegnazione di legato, ma istituzione di erede. Invero a norma dell'art. 588 c.c. sono attributive della qualità di erede le disposizioni testamentarie, qualunque sia l'espressione o la denominazione usata dal testatore, che comprendono l'universalità dei beni o una parte di essi considerati come quota dell'asse ereditario, mentre ogni altra disposizione è a titolo particolare ed attribuisce la qualità di legatario.
La figura dell'erede è contraddistinta dalla potenzialità del suo titolo a raccogliere tutti i beni del defunto (o una quota) e quindi a subentrare in tutti i rapporti giuridici trasmissibili. Orbene l'usufruttuario generale ha un titolo di uguale potenzialità di estendersi ad ogni bene. L'attribuzione dell'usufrutto su tutti i beni comprende l'universalità dei beni (l'universum ius), ai sensi dell'art. 588 c.c. Ed in effetti, in base all'art. 1010 c.c., l'usufruttuario di un'eredità risponde dei debiti, essendo obbligato a pagare le annualità dei debiti e dei legati da cui l'eredità stessa sia gravata. Se fosse legatario non sarebbe tenuto, ai sensi degli artt. 756 e 668 c.c.
B) Le ragioni che hanno indotto la Corte territoriale a ritenere che l'attribuzione dell'usufrutto generale era a titolo di legato e non di erede e che tale legato non era in sostituzione di legittima, si discostano da principi costantemente ribaditi da questa Corte.
B.1) Innanzitutto appare incongrua l'argomentazione secondo cui il de cuius, avendo attribuito al coniuge solo l'usufrutto dei beni e ai nipoti ex frate la nuda proprietà, aveva implicitamente escluso la qualità di erede della moglie, avendola privata dell'intera nuda proprietà della totalità dei beni immobili e mobili, perché (a parte l'ulteriore attribuzione alla moglie di contanti, crediti, depositi bancari e postali, ratei di pensione) la scheda testamentaria contenente due simultanee disposizioni, l'una attributiva di usufrutto generale e l'altra della nuda proprietà sull'intero patrimonio, non esclude di per sé la correlativa istituzione di erede, salva l'ipotesi della sostituzione fedecommissaria vietata e nulla ai sensi dell'art. 692, quinto comma, c.c., in quanto non è avulsa dal concetto di disposizione a titolo universale e di comprensione dell'universalità o quota di beni del testatore, ex art. 588 c.c., costituendo il consolidamento dell'usufrutto con la nuda proprietà, quando verrà a verificarsi, un effetto non della successione, bensì della vis espansiva della proprietà (v. ex plurimis: Cass. 21/6/95 n. 7035; 20/2/93 n. 2088, e sotto il vigore della vecchia normativa, Cass. 7/10/1974 n. 2632; 1/1/1972 n. 68; 19/2/1970 n. 389).
In effetti, quando la designazione risponda ai requisiti indicali dall'art. 588 c.c., la norma, attraverso la vocazione ereditaria, mette a disposizione del soggetto la qualità giuridica di erede e correlativamente il compendio ereditario.
B.2) Parimenti inconsistente, ai fini dell'esclusione della istituzione di erede ovvero dell'attribuzione alla moglie di un legato in sostituzione di legittima, è il rilievo che alla data (4/7/75) di sottoscrizione del testamento pubblico (e non olografo) vigeva ancora la vecchia normativa, atteso che a tale data la nuova legge (L. 19/5/75 n. 151), che annovera il coniuge fra i legittimari, era già stata pubblicata il 23/5/75 sulla G.U., e, pertanto, benissimo poteva essere tenuta presente sia dal notaio rogante sia dallo stesso testatore, al quale, peraltro, è stata sempre riconosciuta la facoltà di istituire un soggetto erede a titolo universale anche senza una esplicita previsione normativa (v. Cass. 5/11/1987 n. 8173; 6/11/1986 n. 6516).
B.3) Né sotto altro profilo può dirsi che la quota di legittima, prevista dall'art. 536 c.c. in relazione all'art. 540 c.c., non poteva ritenersi soddisfatta, perché il principio dell'intangibilità della quota di legittima deve intendersi in senso quantitativo e non anche in senso qualitativo, potendo il testatore (al quale soltanto spetta tale facoltà) soddisfare le ragioni dei legittimari con beni di qualunque natura, purché compresi nell'asse ereditario (v. fra le tante: Cass. 23/3/1992 n. 3599).
Nel caso specifico, sia l'usufrutto generale che i crediti, contanti etc., attribuiti a Giuseppina D................., facevano parte dei beni dell'asse ereditario.
B.4) Inoltre, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa dei controricorrenti nel corso della discussione orale, vi erano tutti i presupposti di calcolo per accertare se tale usufrutto generale, unitamente a crediti, contanti etc, era di valore tale da soddisfare la quota della moglie legittimaria.
Per tutte le considerazioni innanzi esposte, il primo motivo, relativo al punto centrale della controversia di istituzione della moglie come erede ovvero di un legato in sostituzione di legittima, va accolto, mentre tutti gli altri risultano assorbiti.
Di conseguenza, la impugnata sentenza va cassata e la causa va rinviata ad altra sezione della stessa corte di Appello di Bari, che nel riesaminare il punto relativo alla censura accolta, si atterrà ai principi e ai rilievi come sopra enunciati ed esposti.
Il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione, facendone questa Corte espressa rimessione (art. 385, ult. cpv., c.p.c.).

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa per nuovo esame ad altra sezione della Corte di Appello di Bari.

 

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