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Misure cautelari - sequestro preventivo di piu' armi da sparo

Penale - Misure cautelari - sequestro preventivo di piu' armi da sparo e relative munizioni detenute legittimamente da un soggetto indagato per reati di violazione degli obblighi di assistenza familiare e di minaccia grave in danno della moglie. Sequestro eseguito in via di urgenza (articolo 321 c.p.p., comma 3-bis) dalla polizia giudiziaria per fini cautelativi - il sequestro preventivo si ragguaglia alla concreta e attuale possibilita' che gli oggetti sottratti all' uso dell'avente diritto possano acquisire una funzione strumentale per protrarre o aggravare gli effetti del reato contestato ovvero a favorirne la commissione di altri, omologhi o non a quello per cui si procede (Corte di Cassazione Sezione 6 Penale Sentenza del 9 giugno 2010, n. 21998)

Penale - Misure cautelari - sequestro preventivo di piu' armi da sparo e relative munizioni detenute legittimamente da un soggetto indagato per reati di violazione degli obblighi di assistenza familiare e di minaccia grave in danno della moglie. Sequestro eseguito in via di urgenza (articolo 321 c.p.p., comma 3-bis) dalla polizia giudiziaria per fini "cautelativi" - il sequestro preventivo si ragguaglia alla concreta e attuale possibilita' che gli oggetti sottratti all' uso dell'avente diritto possano acquisire una funzione strumentale per protrarre o aggravare gli effetti del reato contestato ovvero a favorirne la commissione di altri, omologhi o non a quello per cui si procede (Corte di Cassazione Sezione 6 Penale Sentenza del 9 giugno 2010, n. 21998)

Corte di Cassazione Sezione 6 Penale Sentenza del 9 giugno 2010, n. 21998

FATTO E DIRITTO

1. Con l'ordinanza indicata in epigrafe il Tribunale di Ravenna, adito da istanza di riesame ex articolo 324 c.p.p., ha confermato il provvedimento con cui il giudice per le indagini preliminari di quel Tribunale in data 27.5.2009 ha convalidato, su richiesta del procedente p.m., il sequestro preventivo di piu' armi da sparo e relative munizioni (quattro fucili da caccia, una carabina, una pistola e quattro canne per fucile da caccia) detenute legittimamente da Pe.Ma. , indagato per reati di violazione degli obblighi di assistenza familiare e di minaccia grave in danno della moglie. Sequestro eseguito in via di urgenza (articolo 321 c.p.p., comma 3-bis) dalla polizia giudiziaria per fini "cautelativi" a seguito di denuncia-querela presentata il 9.5.2009 da Pe. Ga. , moglie separata del Pe. , che riferiva - tra l'altro - di aver subito intimidazioni dal coniuge, che le aveva anche puntato contro una delle molte armi in suo possesso, minacciando di ucciderla ("ti spappolo il cervello" e frasi simili).

Il g.i.p. del Tribunale di Ravenna ha motivato la convalida del sequestro con coeva emissione del decreto di cui all'articolo 321 c.p.p., comma 1, quanto al fumus commissi delicti, con l'avvenuta iscrizione nel registro delle notizie di reato del Pe. e con la sussumibilita' della sua condotta nelle ipotizzate fattispecie criminose e in particolare in quella di minaccia grave nei confronti della moglie separata, le evenienze da costei rappresentate radicando altresi' il periculum in mora, idoneo a giustificare la misura cautelare ablativa, allo scopo di scongiurare il protrarsi delle conseguenze del reato e di prevenirne possibili ulteriori e piu' gravi progressioni lesive.

2. Il Tribunale del riesame di Ravenna ha ritenuto ingiustificati i rilievi critici espressi dalla difesa dell'indagato, osservando che il sindacato del giudice del riesame non puo' investire la concreta fondatezza dell'accusa, essendo necessariamente limitato alla verifica dell'astratta sussumibilita' dei fatti attribuiti all'indagato in una determinata ipotesi di reato. Evenienza che ricorre senz'altro nella vicenda di specie, correlata alla concludenza e coerenza interna dei dati accusatori delineati dalla consorte del Pe. con la denuncia-querela, in cui ha esposto di essere stata vittima di ripetute minacce da parte del marito inscriventisi negli ormai deteriorati rapporti di coppia all'origine della separazione coniugale. Di tal che, a fronte della constatata sussistenza del fumus del reato di minaccia grave riconducibile ai contegni del Pe. e del palese pericolo di una loro possibile prosecuzione con ancor piu' gravi manifestazioni, non vi e' spazio alcuno, nel giudizio incidentale afferente alla disposta cautela reale, per spingere l'indagine del riesame ad un improprio riscontro del merito degli elementi indiziari ex articolo 273 c.p.p. volto al prognostico apprezzamento dell'effettiva responsabilita' penale del prevenuto per il reato di minaccia attribuitogli. Ne' i limiti del giudizio di riesame sull'eseguito sequestro preventivo delle numerose armi da fuoco detenute dall'indagato possono considerarsi superati a seguito della denuncia a sua volta presentata dal Pe. contro la moglie, con la quale prospetta una diversa e alternativa ricostruzione dei burrascosi rapporti coniugali imperniata su emergenze di mero fatto, estranee allo spettro dell'analisi incidentale rimessa ai sensi dell'articolo 324 c.p.p. al giudice del riesame.

3. Avverso l'illustrata ordinanza reiettiva dei giudici del riesame ha proposto ricorso per cassazione ai sensi dell'articolo 325 c.p.p. il Pe. , deducendo violazione di legge e carenza ed illogicita' della motivazione con riguardo ai seguenti profili della regiudicanda cautelare: 1) insussistenza di dati asseveranti la commissione del reato di minaccia; 2) assenza o inattualita' del pericolo derivante dal possesso delle armi sottoposte a sequestro preventivo; 3) omesso esame degli elementi prospettati dalla difesa nel corso dell'udienza camerale di riesame e assertivita' delle formule di stile con cui e' stata respinta l'istanza di revoca della misura cautelare.

Con il ricorso si assume, innanzitutto, che il sequestro delle armi e' stato disposto in base alla sola versione della presunta persona offesa dal reato di minaccia, senza tener conto del fatto che il narrato della moglie separata dell'indagato e' scandito da assoluta genericita' e dalla mancata indicazione di specifici episodi di minaccia anche con armi, non localizzabili nello spazio e nel tempo. La denuncia della donna del 9.5.2009, d'altro canto, non fa riferimento a reati che presuppongano specifico uso di armi da sparo. Sicche' nei fatti difetta il fumus del reato di minaccia posto a fondamento del sequestro. In secondo luogo non e' acquisito alcun indice che accrediti il pericolo di un uso lesivo delle armi da sparo da parte dell'indagato, poiche' si trascura di rilevare che, a voler prestar fede alla denuncia della Pe. che alluderebbe ad un episodio di minaccia risalente al ***, la donna si e' indotta a presentare denuncia quasi tre mesi dopo siffatto episodio, pur allo stesso non essendone seguiti degli altri, tali da ipotizzare la supposta pericolosita' dell'indagato. Cio' a tacere del fatto che, essendosi sequestrate le armi di "proprieta'" dell'indagato, costui ben potrebbe - in quanto titolare di licenza di porto di armi - procurarsene altre (in comodato, a nolo o altrimenti), in guisa che il sequestro non varrebbe a contrastare il supposto pericolo di aggravamento delle conseguenze del reato. Il Tribunale del riesame, infine, non ha preso in considerazione i dati conoscitivi, anche documentali, rappresentati dall'indagato (motivi aggiunti alla richiesta di riesame) per descrivere l'inconsistenza delle accuse espresse dalla moglie del prevenuto, accuse prive di riscontri testimoniali e che - tuttavia - i giudici del gravame hanno reputato meritevoli di piena credibilita'.

4. Le censure formulate dal ricorrente sono manifestamente infondate e il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Va premesso, per linearita' sistematica, che il ricorso per cassazione previsto dall'articolo 325 c.p.p. e' esperibile in relazione a soli vizi di legittimita' di violazione di legge e non anche di carenza o illogicita' della motivazione. Laonde non possono prendersi in esame in questa sede (per loro indeducibilita') i profili dell'impugnazione incentrati sulla presunta carenza o contraddittorieta' del percorso decisorio tracciato dall'ordinanza del riesame. Profili per altro in concreto inesistenti, sol che si abbia riguardo alla completezza e linearita' logica dell'analisi dei referenti della misura cautelare reale caratterizzanti il provvedimento del Tribunale di Ravenna, fattosi carico di esaminare (diversamente da quanto si sostiene in ricorso) anche i profili additivi di doglianza del Pe. , valutandoli inconferenti ai fini dello specifico vaglio incidentale sulla sussistenza al fumus commissi delicti.

Sotto questo peculiare aspetto - in uno all'immanente periculum di condotte dell'imputato protraenti o aggravatrici delle "conseguenze del reato" - i giudici del riesame di Ravenna hanno puntualmente evidenziato come la denunciante moglie separata del Pe. non abbia fatto menzione di un solo particolare episodio di minaccia con una delle armi possedute dal marito, ma abbia ricordato il verificarsi di piu' occasioni in cui il marito ha assunto siffatti atteggiamenti, si' da legittimare il configurarsi di un contesto di "minacce reiterate". Emergenze rispetto alle quali la contraria tesi ricostruttiva dell'indagato, mediata dalla denuncia presentata contro la moglie, non puo' rivestire - per la sua diretta pertinenza all'analisi del merito fattuale della vicenda - valenze esimenti.

In vero il ricorrente suppone che la sede del riesame e - in seguito - l'odierna sede di legittimita' integrino lo spazio processuale nel cui ambito possa sottoporsi a scrutinio l'effettiva sussistenza del reato ipotizzato dall'accusa nei confronti del destinatario del sequestro e non gia' la sola sua concreta e attuale prefigurazione. Il controllo di natura per dir cosi' ontologica - a prescindere dall'immanente fluidita' dell'accusa, essendosi in fase di indagini preliminari in corso di svolgimento - non puo' che essere demandato alla piena cognizione del giudice di merito (e non al giudice del riesame della misura e, tanto meno, al giudice di legittimita'). In altri termini il ricorrente raffigura doglianze che trascendono l'area valutativa propria della fase procedimentale, trasponendo in questa sede questioni (inerenti alla storicita' del reato delineato dal p.m. nei suoi confronti) che possono e debbono essere proposte nella sede della piena cognizione di merito e che nell'odierno giudizio peccano di genericita' o esorbitanza rispetto al reale thema decidendum.

In questa prospettiva il giudice del riesame non e' chiamato ad effettuare un meticoloso riscontro della coincidenza o correlazione tra i fatti-reato attribuiti e le concrete risultanze accusatorie, ma soltanto a registrare l'astratta corrispondenza al a ipotesi di imputazione del p.m., allo stato della fase processuale delle evenienze emerse o accertate fino a quel momento. Nel che consiste la verifica dell'esistenza del fumus de reato e la sua relazione con le esigenze di cautela reale (pericolo di ulteriori esiti dannosi scaturenti dalla disponibilita' dei beni sequestrati), non potendosi ovviamente dar luogo ad una sorta di surrettizio processo al processo (procedimento) ancora in fase evolutiva (cfr.: Cass. Sez. 6, 4.2.1993 n. 316, Francesconi, rv. 193854; Cass. S.U. 23.2.2000 n. 7, Mariano, rv. 215840; Cass. S.U., 17.12.2003 n. 920/04, Mantella, rv. 226492).

Se le illustrate notazioni valgono a sgombrare il campo dall'infondata doglianza di ordine generale del ricorrente (inesistenza dei presupposti cautelari per difetto del fumus del reato ascrittogli), avuto riguardo alla corretta disamina compiutane - in conformita' agli stabili indirizzi della giurisprudenza di legittimita' - dal Tribunale di Ravenna e' agevole constatare che analogo giudizio di completezza e di corretto vaglio giuridico deve esprimersi per il tema sotteso al complementare periculum in mora valutato dall'impugnata ordinanza. In tale dinamica la tesi del ricorrente della possibilita' di attingere altre armi da sparo diverse da quelle in sequestro e' tesi che, come suoi dirsi, prova troppo. Nel senso che (impregiudicate eventuali ulteriori iniziative dell'ufficio giudiziario inquirente incidenti anche su siffatta potenzialita') essa tesi non varrebbe giammai a vanificare l'intrinseca pericolosita' delle armi in proprieta' del Pe. , dal momento che la pericolosita' legittimante, ai sensi dell'articolo 321 c.p.p., comma 1, il sequestro preventivo si ragguaglia alla concreta e attuale possibilita' che gli oggetti sottratti all' uso dell'avente diritto possano acquisire una funzione strumentale per protrarre o aggravare gli effetti del reato contestato ovvero a favorirne la commissione di altri, omologhi o non a quello per cui si procede (Cass. Sez. 3, 23.1.2009 n. 11769, Trulli, rv. 239250).

Alla declaratoria di inammissibilita' dell'impugnazione segue per legge la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma alla cassa delle ammende, che si reputa equo fissare in misura di euro mille.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro mille in favore della cassa delle ammende.