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Straniero - utilizzazione della lingua - ricongiungimento - espulsione amministrativa

Straniero - utilizzazione della lingua - ricongiungimento - espulsione amministrativa dal territorio dello Stato - se l'impedimento al reperimento di un interprete nella lingua conosciuta dallo straniero esplicitato in clausole standard contenute in moduli e formulari predisposti dalla pubblica amministrazione per disciplinare una generalità di casi possa ritenersi conforme e quindi rispettoso del dettato di cui al D.P.R. n. 349 del 1999, art. 3, comma 7 - A partire dalla L. 30 luglio 2002, n. 189 - che con l'art. 23 ha abrogato la lett. D) del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 29 - il rapporto di fratello a sorella non è più compreso tra quelli per cui il cittadino straniero può chiedere per un suo familiare il ricongiungimento. Corte di Cassazione del 31 agosto 2010 n. 18912 p>

Straniero - utilizzazione della lingua - ricongiungimento - espulsione amministrativa dal territorio dello Stato - "se l'impedimento al reperimento di un interprete nella lingua conosciuta dallo straniero esplicitato in clausole standard contenute in moduli e formulari predisposti dalla pubblica amministrazione per disciplinare una generalità di casi possa ritenersi conforme e quindi rispettoso del dettato di cui al D.P.R. n. 349 del 1999, art. 3, comma 7" - A partire dalla L. 30 luglio 2002, n. 189 - che con l'art. 23 ha abrogato la lett. d) del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 29 - il rapporto di fratello a sorella non è più compreso tra quelli per cui il cittadino straniero può chiedere per un suo familiare il ricongiungimento. - Corte di Cassazione del 31 agosto 2010 n. 18912

Corte di Cassazione del 31 agosto 2010 n. 18912

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. - Il giudice di pace di Pesaro, con ordinanza 23.7.2007, ha accolto il ricorso proposto da K.H. avverso il provvedimento di espulsione amministrativa dal territorio dello Stato emesso in suo confronto dal prefetto di Pesaro ed Urbino.

Ha considerato:
- che il provvedimento di espulsione, redatto in italiano ed accompagnato da traduzione in francese, non presentava sotto questo aspetto alcun vizio, perchè la parte aveva dimostrato di ben conoscere l'italiano ed il francese è lingua nota in ***, da cui il cittadino straniero proveniva: ha perciò respinto il corrispondente motivo di ricorso.

Ha per contro anche considerato:
- che il cittadino straniero aveva presentato una domanda di assunzione per lavoro subordinato non stagionale, da lui inoltrata alla prefettura il 14.3.2006: la domanda era in istruttoria; avrebbe potuto consentire la sanatoria della situazione in cui la parte versava e, applicando analogicamente il D.L. 9 settembre 2002, n. 195, art. 2, comma 1, conv. in L. 9 ottobre 2002, n. 222, sulla legalizzazione dei lavoratori extra-comunitari in posizione irregolare, non avrebbe potuto essere adottato un provvedimento di allontanamento dal territorio nazionale, non risultando nel caso che si trattasse di persona pericolosa per la sicurezza dello Stato;
- che, mentre non aveva in *** alcun legame familiare, viveva in ***, dal ***, munita di permesso di soggiorno, la sorella K.H., sposata con un figlio, cui intendeva ricongiungersi e che s'era impegnata a mantenerlo sino alla regolarizzazione della sua posizione, sicchè la specifica ipotesi doveva intendersi come realizzazione del principio della unità familiare.

2. - Il prefetto di Pesaro Urbino ha proposto ricorso per cassazione notificato nei giorni 1.-6.10.2008, cui K.H. ha resistito con controricorso e ricorso incidentale condizionato, notificato il 10.-11.11.2008.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. - I ricorsi, proposti contro la stessa decisione, sono riuniti.

2. - La cassazione con il ricorso principale è chiesta per due motivi.

3. - Il primo è un motivo di violazione di norme di diritto (art. 360 cod. proc. civ., n. 3, in relazione al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 13, comma 2).
Premesso che il cittadino straniero, nel caso, era privo di permesso di soggiorno, il quesito è se l'espulsione, che sìa stata decretata per questa ragione, trovasse invece ostacolo nel fatto che lo straniero avesse inoltrato alla prefettura la domanda cui il giudice di pace ha attribuito rilievo preclusivo, per esserne in corso il procedimento di esame.

Il motivo presenta sufficiente specificità nella articolazione delle ragioni esposte nel motivo e nel quesito che lo conclude.

E' fondato.
La disposizione applicata dal giudice di pace - dettata dal D.L. 9 settembre 2002, n. 195, art. 2, comma 1, conv. in L. 9 ottobre 2002, n. 222 - descrive una situazione, in pendenza della quale l'espulsione non può essere pronunziata, che fa corpo con la disciplina sulla legalizzazione del lavoro irregolare, di cui il giudice di pace, dopo aver considerato che mancavano le condizioni per la sua diretta applicazione, ne ha affermato possibile un'applicazione in via analogica.

Se non che, come la Corte ha già affermato nella sentenza 21 marzo 2005 n. 6086, nella normativa sulla legalizzazione del lavoro irregolare, non trova spazi un'attivazione del procedimento di sanatoria ad istanza del lavoratore extracomunitario in caso di inerzia del datore di lavoro: non sì può accedere cioè ad una applicazione analogica di una disciplina, che configura una specifica eccezione a quella altrimenti applicabile, richiedendo il concorso di particolari condizioni, necessarie nel loro complesso alla verifica del puntuale scopo voluto perseguire dal legislatore.

4. - E' perimenti fondato il secondo motivo.
Vi è denunziata la violazione di norme di diritto (art. 360 cod. proc. civ., n. 3, in relazione al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 13, comma 2, e art. 29) e lo conclude il seguente quesito: - "se il potere prefettizio di espulsione di cui all'art. 13, comma 2, lett. a) incontri un legittimo limite nella richiesta di ricongiungimento familiare D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 29, che lo straniero clandestino avanza nei confronti della propria sorella, regolarmente presente nel territorio italiano".

A partire dalla L. 30 luglio 2002, n. 189 - che con l'art. 23 ha abrogato la lett. d) del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 29 - il rapporto di fratello a sorella non è più compreso tra quelli per cui il cittadino straniero può chiedere per un suo familiare il ricongiungimento.

5. - Il ricorso principale è accolto.

6. - Il ricorso incidentale condizionato contiene un motivo.

Il motivo denunzia vizi di violazione di norme di diritto e di difetto di motivazione (art. 360 cod. proc. civ., nn. 3 e 5, in relazione al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 13 e D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394, art. 3.

Lo conclude il seguente quesito: - "se l'impedimento al reperimento di un interprete nella lingua conosciuta dallo straniero esplicitato in clausole standard contenute in moduli e formulari predisposti dalla pubblica amministrazione per disciplinare una generalità di casi possa ritenersi conforme e quindi rispettoso del dettato di cui al D.P.R. n. 349 del 1999, art. 3, comma 7".
Come risulta dal quesito, la critica che viene rivolta al punto della decisione del giudice di pace non è pertinente a quanto il giudice ha considerato e cioè che il cittadino straniero aveva mostralo di ben comprendere l'italiano, in cui il provvedimento era stato redatto, al quale era stata del resto accompagnata traduzione in francese, lingua generalmente nota in ***, paese di origine dello straniero.

Il ricorso appare allora inammissibile.
7. - Accolto il ricorso principale e dichiarato inammissibile l'incidentale, il provvedimento impugnato deve essere cassato.
Siccome non vi sono accertamenti di merito da compiere, la corte ha il potere di pronunciare nel merito, rigettando l'originario ricorso.
Quanto alle spese del giudizio non ve ne sono da liquidare per quello di merito, mentre quella del giudizio di cassazione vanno messe a carico della parte che ha proposto l'originario ricorso e sono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

La Corte riuniti i ricorsi, accoglie il principale, dichiara inammissibile l'incidentale, cassa e pronunciando nel merito rigetta il ricorso avverso il provvedimento di espulsione e condanna K. H. alle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.000,00.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 16 giugno 2010.
Depositato in Cancelleria il 31 agosto 2010