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Reati in materia di stupefacenti - Il nesso di causalità tra cessione di droga e morte dell'assuntore

14 Dicembre 2009 - Reati in materia di stupefacenti - Il nesso di causalità tra cessione di droga e morte dell'assuntore Reati in materia di stupefacenti - Il nesso di causalità tra cessione di droga e morte dell'assuntore non basta per configurare la responsabilità del pusher responsabile del reato continuato di cui agli artt. 73 comma 5 d.P.R. n. 309 del 1990, (Capo 2; cessione a M.D. di una dose di eroina), 83, 586 e 589 c.p. Cass. Pen., Sez. VI, Sentenza 9 Settembre 2009 , n. 35099 in tema di morte o lesioni come conseguenza di altro delitto, la morte dell'assuntore di sostanza stupefacente è imputabile alla responsabilità del cedente sempre che, oltre al nesso di causalità materiale, sussista la colpa in concreto per violazione di una regola precauzionale (diversa dalla norma che incrimina la condotta di cessione) e con prevedibilità ed evitabilità dell'evento, da valutarsi alla stregua dell'agente-modello razionale, tenuto conto delle circostanze del caso concreto conosciute o conoscibili dall'agente reale. Corte di Cassazione Sez. VI, Sentenza 9 settembre 2009, n. 35099

Reati in materia di stupefacenti - Il nesso di causalità tra cessione di droga e morte dell'assuntore non basta per configurare la responsabilità del pusher responsabile del reato continuato di cui agli artt. 73 comma 5 d.P.R. n. 309 del 1990, (Capo 2; cessione a M.D. di una dose di eroina), 83, 586 e 589 c.p. Cass. pen., Sez. VI, Sentenza 9 Settembre 2009 , n. 35099 in tema di morte o lesioni come conseguenza di altro delitto, la morte dell'assuntore di sostanza stupefacente è imputabile alla responsabilità del cedente sempre che, oltre al nesso di causalità materiale, sussista la colpa in concreto per violazione di una regola precauzionale (diversa dalla norma che incrimina la condotta di cessione) e con prevedibilità ed evitabilità dell'evento, da valutarsi alla stregua dell'agente-modello razionale, tenuto conto delle circostanze del caso concreto conosciute o conoscibili dall'agente reale. Corte di Cassazione Sez. VI, Sentenza 9 settembre 2009, n. 35099

Corte di Cassazione Sez. VI, Sentenza 9 settembre 2009, n. 35099

Fatto e diritto

Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Genova confermava la sentenza emessa in data 10 ottobre 2006 all'esito di giudizio abbreviato dal Giudice della udienza preliminare del Tribunale di Savona, appellata da M.C., condannato alla pena di anni due di reclusione ed Euro 4.000 di multa in quanto riconosciuto responsabile del reato continuato di cui agli artt. 73 comma 5 d.P.R. n. 309 del 1990, (Capo 2; cessione a M.D. di una dose di eroina), 83, 586 e 589 c.p. (Capo 3; causazione della morte della M.D. per collasso cardiocircolatorio in seguito all'assunzione della predetta dose di eroina, conseguenza non voluta della condotta di cui al precedente Capo); in Cairo Montenotte, l'8 ottobre 2002.

Osservava la Corte di appello che la responsabilità dell'imputato doveva ritenersi accertata sulla base delle stesse sue dichiarazioni e comunque sulla base delle dichiarazioni testimoniali, non potendo, quanto al Capo 2, ritenersi fondata la tesi difensiva dell'uso di gruppo di sostanze stupefacenti, dato che l'imputato cedette una dose di eroina alla M.D. senza un precedente acquisto comune e senza nemmeno un uso comune della sostanza; e quanto al Capo 3, essendo stata la morte della M.D. derivata dall'assunzione della eroina ceduta alla stessa dal M.C., evento questo prevedibile, stante il malore poco dopo accusato dalla donna, che non era stata in alcun modo assistita dall'imputato.

Ricorre per cassazione il M.C., a mezzo del difensore avv. C.C., il quale deduce, con riferimento esclusivo al capo 3, la violazione dell'art. 586 c.p. e il vizio di motivazione, osservando che la sentenza si era limitata a dare atto solo di un nesso di causalità materiale tra la cessione dell'eroina e la morte della donna, senza alcun accertamento di un profilo di colpa, essendo da escludere che l'imputato si fosse avveduto del malessere accusato dalla M.D. dopo l'assunzione della droga, essendo essa stata accompagnata a casa da altra persona apparendo in buone condizioni.

Il ricorso è fondato.

Con la recente sentenza in data 22 gennaio 2009, ric. Ronci, le Sezioni unite penali, risolvendo un contrasto di giurisprudenza, hanno affermato il seguente principio di diritto, cui il Collegio presta adesione: in tema di morte o lesioni come conseguenza di altro delitto, la morte dell'assuntore di sostanza stupefacente è imputabile alla responsabilità del cedente sempre che, oltre al nesso di causalità materiale, sussista la colpa in concreto per violazione di una regola precauzionale (diversa dalla norma che incrimina la condotta di cessione) e con prevedibilità ed evitabilità dell'evento, da valutarsi alla stregua dell'agente-modello razionale, tenuto conto delle circostanze del caso concreto conosciute o conoscibili dall'agente reale.

Ora, la sentenza impugnata, dopo avere richiamato la giurisprudenza di questa Corte che, in tema di art. 586 c.p., seguiva il criterio della responsabilità oggettiva, basato sull'accertamento del mero nesso di causalità materiale, e sul dato di una prevedibilità astratta dell'evento letale in conseguenza dell'assunzione di sostanze stupefacenti da parte del cessionario, mostra poi di addentrarsi, contraddittoriamente rispetto alle stesse sue premesse, in una indagine diretta ad accertare la prevedibilità concreta da parte del M.C. di un pericolo per la salute della M.D., in una linea, cioè, apparentemente in sintonia con l'approdo interpretativo cui è giunta la richiamata sentenza delle Sezioni unite.

Sennonché la valutazione espressa dai giudici di merito non rispetta di fatto l'esigenza di accertare se il M.C., nel momento della cessione dello stupefacente alla M.D., potesse rappresentarsi, in base ai dati di fatto conosciuti o conoscibili alla stregua dei normali indici sintomatici ai fini dell'individuazione di uno stato soggettivo colpevole, l'evento letale che poi effettivamente si verificò; dato che nella sentenza si prende in esame esclusivamente un aspetto successivo alla cessione della sostanza stupefacente, e quindi un post factum, e cioè quello rappresentato dalla circostanza che la M.D., subito dopo l'assunzione della droga, aveva avvertito un chiaro malessere, tanto da dovere essere accompagnata a casa dalla convivente dell'imputato. Ora, questo dato di fatto sembra attenere semmai alla ipotizzabilità di una condotta colpevole ai sensi dell'art. 593 c.p., fattispecie che peraltro non è stata contestata, ma è certamente irrilevante, almeno di per sé solo, ai fini della indagine circa la prevedibilità dell'evento, che avrebbe dovuta essere compiuta ex ante, e cioè rapportandosi temporalmente al momento in cui l'imputato consegnò la dose di eroina alla M.D..

Stanti tali vizi logico-giuridici, la sentenza impugnata deve essere annullata, limitatamente al Capo 3, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Genova, che si uniformerà al principio di diritto sopra enunciato in tema di necessità di accertamento, ai fini della fattispecie di cui all'art. 586 c.p., di una colpa in concreto, e cioè della violazione di una regola di precauzione al momento della realizzazione della condotta del soggetto agente (cessione della droga), con riferimento alla prevedibilità dell'evento letale a carico del soggetto passivo.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui all'art. 586 c.p. e rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Genova per nuovo giudizio sul capo.