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Incitamento o induzione alla violenza - Il tifoso che si spoglia allo stadio

Incitamento o induzione alla violenza - Il tifoso che si spoglia allo stadio

Penale - Incitamento o induzione alla violenza - Il tifoso che si spoglia allo stadio (Corte di Cassazione, Sezione Terza Penale, sentenza n.23917/2003)

FATO E DIRITTO

In data 20/4/2001 il Questore di Udine, ai sensi dell'art. 6 della legge 13/12/1989, n. 401, come modificato dal D.L. 22/12/1994, n. 717, convertito nella legge 24/2/1995, n. 45, disponeva, nei confronti di Fxxxxxxxxx Cxxxx., il divieto di accesso agli stadi in occasione dello svolgimento di partite di calcio della squadra del Brescia, per la durata di un anno, prescrivendogli altresì l'obbligo di presentarsi presso la Questura di Brescia mezz'ora dopo l'inizio di ogni incontro di calcio disputato dalla medesima squadra nel campionato italiano o in altre competizioni nazionali o europee.

Tale provvedimento veniva notificato all'interessato alle ore 12,30 del 28/5/2001 e ritualmente comunicato al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Udine, il quale ne chiedeva la convalida al G.I.P., che il Fxxxxxxxxx, durante lo svolgimento della partita di calcio tra Brescia e Udinese, giocatosi il 1/10/2000 allo stadio Friuli di Udine, si era rifiutato di fornire le proprie generalità alle forze dell'ordine e si era contemporaneamente abbassato i pantaloni e le mutande esibendo agli agenti gli organi genitali.

Aggiungeva che il provvedimento del Questore era adeguatamente motivato con la necessità di prevenire per il futuro nuovi episodi di violenza in occasione di manifestazioni sportive, isolando quei tifosi che già avevano concretamente dimostrato la loro propensione a scatenare fenomeni contrari all'ordine e alla sicurezza pubblica, ovvero a parteciparvi.

Avverso l'ordinanza di convalida ha proposto ricorso il difensore del Fxxxxxxxxx, il quale ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 6 della legge n. 401/1989 (nel testo antecedente alle modifiche apportate dal DL 20/8/2001, n. 336, convertito con modificazione nella legge 19/10/2001, n. 377) sotto vari profili: per violazione dell'art. 24 della Costituzione, nella parte in cui, al comma 3, non avrebbe garantito l'effettivo intervento della difesa, consentendo al giudice di emettere il provvedimento di convalida nel giro di qualche ora, senza concedere all'interessato un tempo congruo per fare valere le proprie ragioni.

Ha evidenziato, in proposito, che egli, in data 1/6/2001, aveva visto frustrato il tentativo di depositare presso la cancelleria del giudice competente una memoria difensiva, rivolta a contestare l'esistenza della violenza come presupposto legale del provvedimento del Questore, in quanto lo stesso giudice aveva già emesso l'ordinanza di convalida; per violazione degli artt. 3 e 111 della Costituzione, nella parte in cui non prevede un'udienza di profilo delle garanzie, della possibilità di un semplice contraddittorio cartolare; per violazione dell'art. 13 della Costituzione, giacchè questa norma della Carta fondamentale attribuisce all'autorità di pubblica sicurezza il potere di adottare, in via provvisoria e salvo necessità ed urgenze, mentre l'art. 6 conferirebbe al Questore il potere di emettere i divieti e l'ordine di cui ai commi 1 e 2 a prescindere da qualsiasi urgenza e necessità.

Ha evidenziato, in proposito che, nella specie, la partita di calcio che aveva occasionato la misura di prevenzione si era svolta l'1/10/2000, mentre il provvedimento restrittivo era stato adottato il 20/4/2001 notificato il 28/5/2001, con ciò dimostrando l'inesistenza di qualsiasi urgenza; ha dedotto violazione dello stesso art. 6 della legge n. 401/1989, poichè tale norma consente l'adozione dei provvedimenti restrittivi della libertà solo nei confronti delle persone che abbiano preso parte attiva a episodi di violenza in occasione o a causa di manifestazioni sportive, o che nelle medesime circostanze abbiano incitato, inneggiato o indotto alla violenza; nella condotta contestata al Fxxxxxxxxx, invece, non si sarebbe potuto ravvisare alcun fatto di violenza o di incitazione alla violenza.

Questa Sezione, con ordinanza depositata il 28/1/2002, ha rimesso gli atti alla Corte Costituzionale limitatamente alla dedotta questione di illegittimità dell'art. 6, comma 2, della legge 13/12/1989, n. 401, in relazione all'art. 13 della Costituzione.

La Corte Costituzionale, però, ha dichiarato non fondata la questione stessa, con sentenza n. 512 del 20 novembre, 4 dicembre 2002.

Il ricorso proposto nell'interesse del Fxxxxxxxxx merita accoglimento nei limiti di seguito indicati.

La necessità di un'udienza di convalida, invece del semplice contraddittorio cartolare, è stata già esclusa dalla sentenza n. 144/1997 della Corte Costituzionale.

Il Giudice delle leggi, nel provvedimento che impone l'obbligo di comparire presso l'ufficio o il comando di polizia territorialmente competente, in orario compreso nel periodo di tempo in cui si svolgevano le competizioni sportive, ha ravvisato una misura che incide sulla sfera della libertà personale del destinatario (sentenze nn. 143 e 193 del 1996 e n. 144 del 1997).

Ha affermato quindi l'esigenza che l'adozione della stessa sia assistita, sul piano processuale, da quelle garanzie che la giurisprudenza costituzionale ha da tempo indicato quando, pur ammettendo che provvedimenti provvisori possano essere adottati dall'autorità di pubblica sicurezza in situazioni caratterizzate da necessità ed urgenza, ha stabilito che gli stessi qualora si risolvano in misure limitative della libertà personale, debbano essere sottoposti al vaglio dell'autorità giudiziaria (sentenze nn. 27 del 1959 e 74 del 1968).

Quanto sopra al fine di garantire un controllo sul provvedimento da parte del giudice, in conformità del disposto dell'art. 13 della Costituzione, nonché per assicurare, in detta occasione, la garanzia del diritto di difesa sancito dall'art. 24 della Costituzione.

La Corte Costituzionale ha rilevato, però, che il diritto di difesa ammette una molteplicità di discipline, in rapporto alla varietà dei contesti, delle sedi e degli istituti processuali in cui esso è esercitato (sentenza n. 48 del 1994), al punto che la stessa assistenza del difensore può e deve trovare svolgimento in forme adeguate sia alla struttura del singolo procedimento o dell'atto che va adottato (sentenza n. 160 del 1995), sia alle esigenze sostanziali del caso sottoposto all'esame del giudice.

Il ricorso, nella disposizione di cui all'art. 6, 3 comma, della legge n. 401/1989, al modello della convalida non impone, dunque, di assegnare necessariamente al procedimento le medesime garanzie previste per altre misure pre- cautelari (quali, ad esempio, la convalida dell'arresto e del fermo di polizia giudiziaria) che incidono in maniera ben più rilevante sulla libertà personale del destinatario.

Nel procedimento in esame, inoltre, la necessità di garantire all'interessato una adeguata difesa va coniugata con la celerità nell'applicazione della misura, indispensabile perché la stessa possa rivelarsi efficace, si da giustificare, in un equilibrato rapporto tra le esigenze in gioco, l'adozione di forme semplificate attraverso le quali possa esplicarsi il contraddittorio.

D'altra parte, l'interessato può sempre interloquire nel procedimento, alla stregua del principio generale che nel processo penale consente alle parti ed ai difensori di presentare al giudice memorie o richieste scritte (art. 121 c.p.p.).

Sulla base di tali affermazioni la Corte Costituzionale, con la citata sentenza n. 144 del 1997, ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 6, comma 3, della legge n. 401/1989, come sostituto dell'art. 1 della legge 24/2/1995, n. 45, nella parte in cui non prevedeva che la notifica del provvedimento del questore dovesse contenere l'avviso che l'interessato ha facoltà di presentare, personalmente o a mezzo di difensore, memorie o deduzioni al giudice per le indagini preliminari, competente per la convalida del provvedimento (disposizione attualmente contenuta nel comma 2° bis dell'art. 2 in oggetto, inserito dal D:L: n. 336/2001).

Quanto all'esigenza di assicurare all'interessato un margine temporale per presentare al giudice le proprie deduzioni, pur in presenza di qualche contrasto giurisprudenziale, questa Corte è prevalentemente orientata ( con argomentazioni condivise da questo Collegio) nell'affermare che la relativa verifica deve essere effettuata in correlazione al momento della notifica all'interessato del provvedimento del Questore e non al momento della richiesta di convalida da parte del PM, nonché nel considerare illegittima la convalida del GIP intervenuta prima della scadenza del termine di 48 ore fissato all'interessato per la presentazione di memorie, o comunque in tempo tale da rendere di fatto impossibile o estremamente difficile l'esercizio del diritto di difesa (cfr. Cass., Sez. III: 2/10/2002, n. 32815, Lezzi e 16/1/2002, n. 1671, Carlomagno; Sez. I: 22/11/2001, n. 45785, Giacomelli; 6/10/2000, n. 5566, Cacciotti; 19/6/2000, n. 4464, Iacomini ed altri; 28/1/2000, n. 686, Bucciarelli; 25/1/1999, n. 606, Pinotti Guiri).

In riferimento poi alla questione se il giudice della convalida debba controllare anche l'esistenza di puntuale motivazione in ordine alla ricorrenza del presupposto della eccezionale necessità ed urgenza, relativamente alla prescrizione di comparire personalmente nell'ufficio di Polizia, deve ribadirsi, come rilevato dalla Corte Costituzionale, che: l'obbligo di comparazione non segue automaticamente al divieto di accesso a competizioni sportive.

Esso, pur avendo una funzione accessoria rispetto alla misura anzidetta, è frutto di un'autonoma valutazione del Questore, il quale deve stabilire se esistano specifiche circostanze in base alle quali affiancare al divieto di accesso anche l'obbligo di comparizione presso gli uffici della Polizia; il provvedimento che impone l'obbligo di comparazione (a differenza del divieto di acceso) configura un atto idoneo ad incidere sulla libertà personale del soggetto tenuto a comparire, imponendo la presenza negli uffici addetti al controllo dell'osservanza della misura (così Corte Cost., sentenza n. 193/1996) e rientra pur sempre ed a pieno titolo nelle previsioni dell'art. 13 della Costituzione (così Corte Cost., sentenza n. 512/2002).

Da tale qualificazione secondo il Giudice delle leggi, discendono i seguenti principi: la necessità di un'adeguata motivazione del provvedimento da parte del Questore, il quale è sempre tenuto a documentare e valutare accuratamente le circostanze oggettive e soggettive che lo inducono a ritenere necessario, oltre il divieto di accesso, anche l'obbligo di presentazione al posto di Polizia; la non automaticità dell'imposizione di quest'obbligo, e quindi la necessità di una sua ponderata motivazione, richiedendo anzitutto che l'autorità di pubblica sicurezza valuti il presupposto della eccezionale necessità ed urgenza richiesto dall'art. 13, comma 3, della Costituzione affinché essa possa temporaneamente adottare provvedimenti incidenti sulla libertà personale; il giudizio di convalida effettuato dal GIP non può limitarsi ad un mero controllo formale, ma sostanziandosi in un controllo sulla ragionevolezza ed esigibilità della stessa; giudice, in ossequio al sistema di garanzie previsto dall'art. 13 della Costituzione, deve valutare, in sede di convalida del provvedimento, la sussistenza delle condizioni richieste per la sua adozione sul piano della necessità ed urgenza, nonché l'adeguatezza del suo contenuto anche sotto il profilo della durata (in tal senso vedi Cass., Sez. I, 24/1/2003, ric. Ferretti).

Nella fattispecie in esame è indiscutibile che la condotta contestata al Fxxxxxxxxx integri, quanto meno, incitamento o induzione alla violenza.

In relazione all'imposto ordine di presentazione all'ufficio di Polizia, il GIP ha omesso, però, di verificare: se la notifica del provvedimento del Questore conteneva l'avviso circa la facoltà dell'interessato di presentare, personalmente o a mezzo di difensore, memorie o deduzioni al giudice per le indagini preliminari competente per la convalida del provvedimento (alla cui eventuale carenza si connette nullità per violazione dei diritti della difesa); se, tenuto conto delle circostanze concrete di fatto, in correlazione al momento della notifica all'interessato del provvedimento del Questore e non al momento della richiesta di convalida da parte del PM, sia stato reso possibile e non estremamente difficile l'esercizio del diritto di difesa; se l'ordine stesso sia stato adottato in presenza del presupposto della eccezionale necessità ed urgenza richiesto dall'art. 13, comma 3, della Costituzione.

PQM

L'impugnata ordinanza di convalida dell'obbligo di presentazione alla Polizia, conseguentemente, deve essere annullata, con rinvio al GIP del Tribunale di Udine, per nuova deliberazione alla stregua dei principio di diritto dinanzi enunciati.

Roma, 27/3/2003.

Depositata in Cancelleria il 30 maggio 2003.