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Diffamazione a mezzo stampa e di omessocontrollo - direttore responsabile di un periodico

30/09/2002 Diffamazione a mezzo stampa e di omessocontrollo - direttore responsabile di un periodico -  obbligo giuridico di rendersi conto di tutto quanto il giornale pubblica e di esplicare una attivita' positiva divigilanza

Diffamazione a mezzo stampa e di omesso controllo - direttore responsabile di un periodico -  obbligo giuridico di rendersi conto di tutto quanto il giornale pubblica e di esplicare una attività positiva di vigilanza (Corte di cassazione - Sezione V penale - Sentenza 30 settembre 2002, n. 32364)

Corte di cassazione - Sezione V penale - Sentenza 30 settembre 2002, n. 32364

OSSERVA

Con sentenza del 24 gennaio 2002 la Corte di appello di Milano ha confermato l'analoga decisione del tribunale di Monza che aveva dichiarato la colpevolezza di Gianbattista P........... e di Vittorio F........ in ordine ai reati, rispettivamente, di diffamazione a mezzo stampa e di omesso controllo, in relazione alla pubblicazione, sul quotidiano "Il Giornale" del 10 gennaio 1995, di un articolo intitolato "Cellino: cedesi società per pagare bollette Enel", ritenuto lesivo della reputazione di Massimo Cellino, presidente del "Cagliari Calcio", perché, riportando notizie non vere, apprese da fonte confidenziale e non sottoposte a verifica alcuna, affermava che il Cellino si trovava in difficoltà economiche tanto gravi da non riuscire, tra l'altro, a far fronte neppure al pagamento delle bollette della luce relative allo stadio S. Elia.

Ricorrono per cassazione gli imputati chiedendo l'annullamento, con o senza rinvio, della sentenza di secondo grado.

Deducono entrambi erronea applicazione della legge penale conseguente al mancato riconoscimento, come elemento escludente il dolo, della pubblicazione della intervista-rettifica intervenuta il 12 gennaio 1995 sul medesimo giornale.

Il F........ lamenta altresì motivazione insufficiente in relazione alla confermata statuizione di responsabilità per il reato di omesso controllo.

I motivi di impugnazione, come sopra riassunti, non possono essere condivisi.

Al diritto di informazione della stampa si accompagna il dovere, penalmente sanzionato, di agevolare prontamente il ristabilimento della verità, come si desume dall'articolo 8 della legge sulla stampa 47/1948.

Tale obbligo si inquadra, quindi, nel sistema dei limiti del diritto di cronaca. Ma né la rettifica né la pubblicazione della smentita proveniente dalla persona offesa valgono a rendere lecita la diffusione della precedente notizia diffamatoria.

Nella specie si è trattato, per l'appunto, della pubblicazione di una notizia diffamatoria: invero, il narrato giornalistico, lungi dal contenere, come pure si sostiene, semplici "inesattezze di particolari", non attinenti al nucleo essenziale della notizia diffusa, riporta invece fatti insindacabilmente riscontrati dal giudice di merito come del tutto non rispondenti a verità, tali quindi da colpire e ledere la personalità e la pubblica estimazione del querelante; e, del resto, lo stesso giornalista ammette di non avere esplicato alcun controllo sulla attendibilità della confidenziale fonte informativa utilizzata.

Ne deriva la evidente improponibilità delle attuali, a dire il vero non sempre limpide, deduzioni difensive, sia nella parte in cui esse mostrano di attribuire efficacia scriminante alla pubblicazione dell'articolo-intervista, sia nella parte in cui si sostiene che l'avere dato prontamente la notizia di un presunto dissesto economico della società calcistica costituirebbe prova della "assoluta buona fede" del giornalista al momento della diffusione delle notizie non veritiere, contenute nell'articolo incriminato.

Privo di fondamento è anche il motivo di gravame prospettato nell'interesse del F.........

L'articolo 57 del c.p. configura un'autonoma ipotesi di reato colposo, strutturata in forma omissiva. Al direttore responsabile di un periodico incombe, infatti, l'obbligo giuridico di rendersi conto di tutto quanto il giornale pubblica e di esplicare una attività positiva di vigilanza e di scelta degli scritti da pubblicare al fine di impedire che a mezzo del giornale si commettano illeciti.

Di certo non è egli tenuto a ripetere personalmente la fatica del cronista e può reputarsi esatta anche l'ulteriore annotazione difensiva secondo cui "nel caso che la procedura seguita dall'articolista nel raccogliere la notizia sia metodologicamente corretta, sia sotto il profilo dell'affidabilità della fonte, che sotto quello dei necessari risconti storici", il direttore può legittimamente autorizzare la pubblicazione.

Se non che il ricorrente omette di considerare che nel caso concreto manca proprio il richiamato presupposto, vale a dire l'adozione da parte dell'articolista di una procedura metodologicamente corretta, nei termini sopra precisati: si è detto, infatti, che il giornalista procedette alla pubblicazione dell'articolo facendo affidamento sulla attendibilità di una semplice fonte confidenziale, senza esplicare alcun controllo sulla verità sostanziale di quanto narrato.

Non può, pertanto, fondatamente sostenersi che la colpevolezza del direttore sia stata affermata soltanto sul semplice fatto della pubblicazione dell'articolo, cioè a titolo di responsabilità oggettiva.

Conclusivamente, i ricorsi debbono essere rigettati e gli impugnanti condannati in solido al pagamento della spese processuali nonché a quello delle spese di parte civile, liquidate nell'ammontare riportato in dispositivo.

P.Q.M.

La corte rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del procedimento ed inoltre di quelle sostenute dalla parte civile, liquidata in 1.300,00 euro, di cui 1.000 euro per onorari.