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Tentativo di concussione - Attivita' intimidatoria

Concussione -art. 317 c.p. - Tentativo di concussione - Attivita' intimidatoria - Non necessaria laesplcita richiesta di danaro

Concussione - art. 317 c.p. - Tentativo di concussione - Attività intimidatoria - Non necessaria la esplcita richiesta di danaro (Corte di cassazione Sezione VI penale Sentenza 19 gennaio 2004, n. 930)

Corte di cassazione Sezione VI penale Sentenza 19 gennaio 2004, n. 930

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d'appello di Firenze con sentenza 17 maggio 2002 confermava la sentenza 24 maggio 2001 del Gip del Tribunale di Pisa di condanna di Yxxx X.xxx. Xxxxn e di Bxxx Cxxx alla pena di anni uno e mesi sei di reclusione ciascuno per il reato di cui agli artt. 56, 317 c.p.

Il Xcccc, finanziere addetto al nucleo di polizia giudiziaria, aveva sollecitato il Yyyyy, comandante il nucleo di polizia tributaria, a svolgere accertamenti fiscali sulla famiglia Bi.. mediante la prospettazione a Bi.. Antonio dell'esistenza di una grossa frode fiscale, per evitare l'accertamento della quale richiedere la somma di lire 100.000.000, da dividere fra i predetti Yyyyy e Xcccc e con l'avv. Gi.. Vincenzo, legale della famiglia Bi.. e amico del Yyyyy, in qualità di tramite.

La sentenza della Corte d'appello preliminarmente rigetta alcune questioni processuali.

In particolare:

- essendo stato dal Pm richiesto il giudizio immediato e avendo gli imputati formulato istanza di patteggiamento e, in subordine, di rito abbreviato, l'avere il Pm negato il consenso per il patteggiamento al Xcccc e l'essersi riservato per quanto concerne il Yyyyy, non inficia la decisione del Gip di procedere per entrambi gli imputati al giudizio abbreviato da essi concordemente richiesto;

- l'avviso agli indagati della conclusione delle indagini preliminari previsto dall'art. 415-bis c.p.p. non è dovuto in caso di richiesta del Pm di giudizio immediato, in conformità all'ordinanza 203/2002 della Corte costituzionale.

Nel merito la sentenza impugnata ravvisa la sussistenza del tentativo di concussione, sia per la idoneità della condotta del Yyyyy rispetto all'evento di incutere uno stato di soggezione nel soggetto passivo (nel caso la convocazione anomala della moglie del Bi.., Gu.. Marcella, negli uffici della Guardia di Finanza); sia per la direzione univoca degli atti finalizzati a ottenere una somma di denaro pur senza una richiesta esplicita.

Ricorre la difesa del Yyyyy per:

1) violazione degli artt. 446, commi 1 e 3, 457, comma 1, c.p.p. per non avere il Gip trasmesso gli atti al Tribunale, pur essendosi il Pm riservato di prestare il consenso all'istanza di patteggiamento dell'imputato in limine al dibattimento per il giudizio immediato, poiché l'art. 446 c.p.p. non prevede alcun termine entro cui il Pm deve esprimere il parere;

2) violazione degli artt. 415-bis e 178, lett. c), c.p.p. e dell'art. 453 c.p.p., per non essere stato notificato alla persona sottoposta alle indagini e al difensore l'avviso della conclusione delle indagini preliminari e, subordinatamente, questione di legittimità costituzionale dell'art. 453 c.p.p. alla luce del rinnovato testo dell'art. 111 Cost.;

3) violazione dell'art. 56, comma 1, in relazione all'art. 317 c.p. non sussistendo il tentativo in assenza della richiesta di denaro da parte del pubblico ufficiale;

4) mancanza e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla idoneità degli atti, non essendosi verificato uno stato di intimidazione, né della Gu.., né del Bi...

Ricorre altresì la difesa del Xcccc per violazione degli artt. 56 e 317 c.p. non sussistendo né l'idoneità degli atti, né la loro direzione non equivoca alla commissione del reato di corruzione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. La vicenda processuale relativa al Yyyyy è la seguente:

- il Pm chiede procedersi al giudizio immediato;

- l'imputato formula istanza di applicazione della pena ex art. 444 c.p.p. e, in via subordinata, di procedersi con rito abbreviato;

- il Pm riserva di esprimere il proprio parere in ordine al "patteggiamento" richiesto dall'imputato;

- il Gip, a questo punto, decide di procedere con il rito abbreviato.

2. La difesa del Yyyyy, in questa situazione, deduce in primo luogo che, essendo nel giudizio immediato il termine ultimo per proporre istanza di patteggiamento quello della presentazione delle conclusioni ex art. 421 c.p.p. - e quindi potendo fino a quel momento essere sciolta la riserva del Pm - il Gip non poteva privilegiare (con ciò violando gli artt. 446, commi 1 e 4, e 457, comma 1, c.p.p.) l'istanza, meramente subordinata, di procedersi con il rito abbreviato, ma doveva trasmettere gli atti al Tribunale per il giudizio immediato.

3. La tesi difensiva è indubbiamente suggestiva, poiché l'atteggiamento "interlocutorio" del Pm crea necessariamente un "imbarazzo" processuale per il Gip. Questi, infatti, è condizionato dalla alternativa se:

a) trasmettere gli atti al Tribunale per il giudizio immediato, in attesa che il Pm sciolga la riserva sull'istanza di patteggiamento, omettendo così di considerare la richiesta, sia pur subordinata, di giudizio abbreviato che, in tal caso, decadrebbe;

b) ovvero considerare come implicitamente negato dal Pm, allo stato, il parere favorevole alla richiesta di applicazione di pena da parte dell'imputato e quindi accogliere la richiesta subordinata di giudizio abbreviato senza trasmettere gli atti al Tribunale per il giudizio immediato.

4. Il Gip ha optato per questa seconda soluzione e il Tribunale prima, la Corte d'appello poi, hanno ritenuto corretta la decisione nel senso che:

- il consenso del Pm al patteggiamento, stante la fase processuale, non poteva più essere espresso successivamente;

- comunque, ove in ipotesi ciò fosse stato ancora possibile, la eventuale negazione del consenso avrebbe precluso ogni possibilità di procedere con il rito abbreviato, in quanto ciò avrebbe comportato una inammissibile regressione del procedimento dal Tribunale al Gip;

- in ogni caso il giudice naturale per l'applicazione della pena su richiesta delle parti era il Gip davanti al quale l'imputato aveva presentato la sua richiesta, e non il giudice del dibattimento.

5. Questa Corte ritiene che le argomentazioni addotte dal giudice d'appello sulla questione siano logiche e fondate.

È pacifico che la richiesta del Pm di giudizio immediato non può pregiudicare l'utilizzo dei riti alternativi del patteggiamento e del giudizio abbreviato, in quanto ciò creerebbe una disparità di trattamento nei confronti dell'imputato per cui il Pm ha chiesto il rinvio a giudizio (con il rito ordinario). Non a caso l'art. 456, comma 2, c.p.p. prevede espressamente che il decreto del Pm che dispone il giudizio immediato contenga l'avviso all'imputato di potere operare questa scelta.

All'imputato, peraltro, non è concessa una sola opzione: o il patteggiamento o il giudizio abbreviato, ma la prima può essere proposta in via principale e la seconda, ove manchi alla prima il consenso del Pm, in via subordinata. Tutto ciò quando gli atti si trovano ancora presso il Gip - secondo lo scadenzario dettato dagli artt. 454 ss. c.p.p. - che è il giudice naturale cui spetta la decisione in ordine ai riti alternativi.

In questa fase il Pm deve pronunciarsi sulla richiesta di patteggiamento, in quanto il suo consenso esclude necessariamente il giudizio abbreviato e a maggior ragione il giudizio immediato; mentre il suo dissenso conduce al giudizio abbreviato (se richiesto in alternativa al patteggiamento) ovvero al giudizio immediato (se non è stato richiesto il giudizio abbreviato) all'interno del quale è ancora possibile riproporre l'istanza di patteggiamento e ottenere (in ipotesi) il suo parere favorevole.

Ove il Pm non esprima il consenso, ma lo neghi espressamente o formuli una riserva che finirebbe con il condurre in un "vicolo cieco processuale", si deve ritenere che la riserva equivalga a un diniego di consenso per la ragione evidente che il prosieguo del procedimento con il giudizio immediato frustrerebbe del tutto la legittima richiesta (e la relativa aspettativa) di giudizio abbreviato, non più proponibile nella fase successiva.

6. La diversa soluzione prospettata dalla difesa si presta alla fondata censura di violazione degli artt. 456-458 c.p.p., poiché la richiesta di patteggiamento verrebbe sottoposta alla condizione futura e incerta del consenso del Pm nella successiva fase del procedimento immediato, mentre viene del tutto frustrata la richiesta, attuale benché subordinata, del giudizio abbreviato.

7. Si deve pertanto concludere che, nella pur singolare situazione determinata dalla duplice richiesta da parte dell'imputato di patteggiamento e in subordine di giudizio abbreviato, in presenza della richiesta del Pm di giudizio immediato, il riservato consenso da parte del Pm all'istanza di applicazione di pena ex art. 444 c.p.p. equivale a diniego dello stesso, così da doversi far luogo al giudizio abbreviato.

8. La seconda eccezione processuale della difesa del Yyyyy, concernente la violazione dell'art. 415-bis c.p.p. per omesso avviso all'imputato e al suo difensore dell'avviso della conclusione delle indagini preliminari, è già stata correttamente rigettata dalla Corte di merito sulla base delle considerazioni svolte nell'ordinanza 16 maggio 2003 della Corte costituzionale che ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 453 c.p.p., nella parte in cui non prevede che il Pm faccia notificare all'indagato l'avviso di conclusione delle indagini preliminari prima della richiesta di giudizio immediato, "in quanto le esigenze difensive sottese al meccanismo di cui all'art. 415-bis c.p.p. sono sostanzialmente controbilanciate dai necessari presupposti di ammissibilità del procedimento speciale, costituiti dalla evidenza probatoria delibata dal giudice per le indagini preliminari, dalla brevità del termine entro cui il Pm deve presentare la relativa richiesta e dalla previa notificazione all'indagato dell'invito a presentarsi ai sensi dell'art. 375 c.p.p.".

Peraltro la difesa ripropone la questione di legittimità costituzionale dell'art. 453 c.p.p. (nella parte in cui non prevede che il Pm faccia notificare all'indagato l'avviso di conclusione delle indagini preliminari prima della richiesta di giudizio immediato) in quanto la Corte costituzionale nella menzionata ordinanza 203/2002 ha omesso di motivare sulla eccepita violazione dell'art. 111 Cost., pur sottoposta al suo vaglio.

Tale profilo appare manifestamente infondato, in quanto gli aspetti concernenti il diritto alla difesa sono stati esaurientemente analizzati dalla citata ordinanza, anche a prescindere dall'esplicito riferimento all'art. 111 Cost., con riferimento all'informativa tempestiva dell'imputato sui motivi dell'accusa elevata a suo carico, mentre i residui precetti della norma costituzionale invocata riguardano essenzialmente il modo di formazione della prova, che non è qui in discussione.

9. Quanto alla violazione degli artt. 56-317 c.p., e alla mancanza di motivazione in ordine alla idoneità degli atti (motivi 3 e 4 del ricorso) la difesa dell'imputato Yyyyy assume anzitutto l'insussistenza del tentativo per la mancanza di una esplicita richiesta da parte del pubblico ufficiale.

Il tema è già stato ampiamente affrontato dalle decisioni di primo e di secondo grado, con risposte che appaiono corrette a livello motivazionale. Si è evidenziato, in particolar modo, che se è vero che l'imputato, comandante del nucleo di polizia tributaria, ebbe un solo contatto neppure diretto con la persona offesa Bi.. Antonio (perché fu la moglie di questi, Gu.. Marcella, ad essere convocata nel suo ufficio), tuttavia le modalità anomale della convocazione e la pretestuosità della stessa, il tenore del colloquio riferito dalla Gu.., l'avere intrattenuto contatti con il difensore del Bi.. (avv. Gi.., originariamente coimputato e poi assolto con formula piena) chiamato non già per denunciare il fatto ma per mantenere il contatto con l'imputato, sono elementi tutti che attestano da un lato il carattere intimidatorio dell'intervento del pubblico ufficiale, dall'altro l'effettivo metus creato nella persona offesa, che diversamente non avrebbe chiesto al suo legale di interporre i suoi uffici per evitare (o limitare) il danno.

Ritiene questa Corte che sia privo di rilievo che nell'incontro Yyyyy-Gu.. non siano state precisate cifre o modalità di versamento. Ciò che importa è che quell'incontro abbia ingenerato, come rilevano i giudici di merito, la certezza di una richiesta illecita di denaro (da quantificarsi evidentemente nel prosieguo della vicenda) e abbia determinato la persona offesa alla disponibilità di un pagamento attraverso la mediazione del suo legale (a prescindere dal ruolo consapevole o inconsapevole di quest'ultimo, la cui vicenda ha avuto separata conclusione processuale).

D'altra parte, sotto un profilo obiettivo, è fin troppo chiaro che l'attenzione verso un contribuente, di un pubblico ufficiale preposto all'accertamento delle evasioni fiscali, attuata attraverso modalità anomale (la convocazione informale della moglie di questi) e con domande subdole (che mostravano una notevole conoscenza delle attività imprenditoriali e delle evasioni fiscali), non è premessa tipica di accertamenti rituali, destinati all'applicazione della legge. Si tratta, al contrario, di una minaccia neppure troppo implicita di procedere a tali accertamenti (in sé legittimi), finalizzata a pretermetterli in cambio di una ricompensa illegittima, sebbene non ancora precisata.

L'idoneità e la direzione non equivoca dell'atto di convocazione anomalo della moglie del contribuente e il contenuto della conversazione, quale riferito dalla stessa, non possono così essere posti in discussione, così come l'effettivo risultato di porre in stato di soggezione il contribuente tanto da indurlo a chiedere la "mediazione" di un legale di fiducia. Mediazione che non appare obiettivamente predisposta ad azioni di autotutela sul piano penale (eventuale denuncia contro il pubblico ufficiale) o sul piano tributario (predisposizione di documentazione e di eccezioni avverso eventuali pretese formalmente ineccepibili del fisco): ma appare diretta alla protezione della propria posizione contro pretese di natura illecita alle quali (volenti o nolenti) si è disposti ad aderire.

10. Venendo alla posizione dell'imputato Xcccc, la difesa propone come unico motivo di ricorso l'erronea applicazione degli artt. 56-317 c.p.

Sul punto valgono le considerazioni appena ora svolte in relazione al Yyyyy, non essendo posto comunque in discussione nel motivo di ricorso il ruolo dell'imputato a titolo di concorso nel reato.

11. I ricorsi devono pertanto essere rigettati, con la conseguente condanna dei ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali.