Ammissione al gratuito patrocinio nella fase delle indagini preliminari

Ammissione al gratuito patrocinio nella fase delle indagini preliminari -   istanze ex articolo 93 Dpr 115/02 - istanze ex articolo 93 Dpr 115/02

Ammissione al gratuito patrocinio nella fase delle indagini preliminari -  istanze ex articolo 93 Dpr 115/02 - istanze ex articolo 93 Dpr 115/02 (Cassazione – Sezione quarta penale – ordinanza 4-19 dicembre 2003, n. 48636)

Con ordinanza in data 3 febbraio 2003 il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli ha chiesto alla Corte di cassazione di annullare con rinvio il provvedimento del Gip del Tribunale di Napoli del 20 gennaio 2003, con il quale il suddetto giudice aveva trasmesso per competenza l’istanza di omissis di essere ammessa al gratuito patrocinio nel procedimento penale a suo carico, pendente nella fase delle indagini preliminari, per il reato di cui all’articolo 2 del decreto legge 463/83, convertito con modifiche in legge 638/83.

Il Pm ha sostenuto l’abnormità del provvedimento, rilevando che, con l’inedita espressione “magistrato che procede”, contenuta nell’articolo 96 del Dpr 115/02, il legislatore abbia inteso riferirsi, nella fase delle indagini preliminari, al giudice e non al Pm.

Il Pm ha altresì assunto che la declaratoria di incompetenza del Gip aveva procurato una stasi processuale non rimediabile, se non con il ricorso per cassazione, in quanto al Pm (al quale gli atti erano stati rimessi) non è attribuito né il potere per deliberare sull’istanza della omissis, né quello di sollevare un conflitto di competenza tra giudice e Pm.

Osserva il Collegio che la questione di diritto sottoposta al suo esame (e cioè se, nella fase delle indagini preliminari, competente a decidere sull’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato sia il giudice per le indagini preliminari ovvero il Pm) ha già dato luogo a contrasto giurisprudenziale con decisioni totalmente opposte della Corte di cassazione.

È evidente che le sentenze contrastanti si riferiscono esclusivamente ai casi di ammissione al gratuito patrocinio disciplinati dal Testo unico Dpr 115/02, in quanto il previgente articolo 7 legge 217/90, abrogato dal citato Testo unico, attribuiva espressamente la competenza al giudice per le indagini preliminari.

La quarta sezione di questa Corte, con due sentenze in data 4 giugno 2003 (ricorrente in entrambe il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Lamezia Terme, nei confronti rispettivamente di Gradito Antonino e Franceschi Rosario), ha accolto i ricorsi, annullando i provvedimenti del Gip di trasmissione delle relative istanze al Pm “per quanto di competenza”. Da rilevare che il Pg presso la Corte di cassazione ha concluso in modo diverso nei due procedimenti, chiedendo l’inammissibilità del ricorso nel procedimento contro Gradito Antonino, ed invece l’annullamento del provvedimento impugnato nel procedimento contro Franceschi Rosario.

La prima delle citate sentenze ha ritenuto che il Testo unico 115/02 è vincolato dalla delega contenuta nell’articolo 7 della legge 50/1999, come modificato dall’articolo 1 legge 340/00, che ha dato vita ad un triplice ordine di fonti, costituite dal decreto legislativo 113/02 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di spese di giustizia), Dpr 114/02 (Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di spese di giustizia), Dpr 115/02 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia).

La legge delega sostanzialmente investe il decreto legislativo 113/02, mentre, per il Dpr 115/02 appare esclusa la possibilità di modificare la disciplina sulla .quale è avvenuto l’intervento, e in particolare di modificare le norme sulla competenza previste dal codice di procedura penale. Si tratta cioè di un Testo unico - di armonizzazione, che ha la finalità di rendere le disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia più coerenti nel loro complesso, in sintonia con l’evolversi dei principi generali, con il diritto vivente creato dalla giurisprudenza costituzionale e di legittimità, e con l’evolversi dei valori complessivi dell’ordinamento.

Con specifico riferimento al patrocinio a spese dello Stato, la relazione espressamente prevede che il Testo unico ha proceduto ad un riordino e coordinamento formale, trattandosi di norme di rango primario non attinenti ad aspetti procedimentali e organizzativi, e che la sua sistemazione all’interno del Testo unico è dovuto alla circostanza che, pur sempre, si tratta di materia attinente alle spese di giustizia.

La sentenza citata ha anche ricordato che la Corte costituzionale, con la sentenza 212/03, ha ribadito che la materia della competenza del giudice è coperta da riserva assoluta di legge, ex articolo 25 Costituzione, e che non si può dubitare della natura giurisdizionale del procedimento in esame, escludendosene la caratterizzazione soltanto amministrativa, come affermato con l’ordinanza della Corte costituzionale 144/99, e con la sentenza delle Sezioni unite della Corte di cassazione 25/1999.

Ciò premesso, è stato escluso che la nuova normativa (e cioè l’articolo 96 Dpr 115/02) abbia modificato la disciplina previgente (articolo 7 legge 217/90), non avendo rilevanza decisiva i termini “magistrato” e “procedimento”. La sentenza Pm/Gradito ha rilevato che l’articolo 3 del Dpr contiene un’esemplificazione legislativa finalizzata a disporre nozioni sintetiche e onnicomprensive per facilitare la redazione complessiva del testo. Pertanto, la circostanza che con “magistrato” sia stato indicato «il giudice o il Pm, anche onorario, preposto alla funzione giurisdizionale sulla base di nonne di legge e delle disposizioni dei codici di procedura penale e civile» non appare sicuro elemento indicatore di una modifica legislativa, non potendosi certamente escludere che nel termine “magistrato” sia compreso il giudice per le indagini preliminari.

La mancata reiterazione dell’articolo 7 legge 217/90 è dovuta - secondo la sentenza citata - alla superfluità di una norma specifica, atteso il contenuto dell’articolo 78 che stabilisce che l’interessato che si trova nelle condizioni indicate nell’articolo 76 può chiedere di essere ammesso al patrocinio in ogni stato e grado del processo, mentre là dove si sarebbe creato un vuoto legislativo, vi è nonna chiarificatrice (articolo 105, che riserva al Gip la liquidazione al compenso del difensore, anche - e quindi non solo - se l’azione penale non sia iniziata).

Altro argomento è il richiamo alla relazione, che, nell’illustrare l’articolo 93, afferma testualmente che «nel penale non è possibile immaginare una richiesta di ammissione al patrocinio prima del coinvolgimento di un giudice (anche nella fase delle indagini preliminari)».

Ulteriore conferma di un’assenza innovativa è la disposizione di cui all’articolo 99, 1° comma9 corrispondente all’articolo 6, 4° comma legge 217/90, la quale dispone che il ricorso avverso il provvedimento di rigetto della richiesta di ammissione al gratuito patrocinio va proposto «davanti al Presidente del Tribunale o al Presidente della Corte di appello ai quali appartiene il magistrato che ha emesso il decreto di rigetto», disposizione che non può riferirsi al Pm, che non appartiene ad alcun ufficio.

La sentenza in pari data Pm Lamezia Terme/Franceschi, oltre a citare gli argomenti appena indicati nella sentenza Pm/Gradito (e che ovviamente non saranno ripetuti), fornisce alcune specificazioni tese a confermare la permanenza della competenza del Gip.

La prima riguarda l’orientamento espresso dalle Sezioni unite della Corte di cassazione nella già citata sentenza 25/1999, dando rilievo alla circostanza che sarebbe singolare che, in un procedimento con la dichiarata finalità di contribuire al riequilibrio della parità delle parti nel nuovo processo penale caratterizzato dal modello accusatorio, l’accertamento della sussistenza di un diritto, peraltro dotato di fondamento costituzionale, e da effettuare al termine di una serie procedimentale di atti che si esplicano in una vera e propria attività giurisdizionale, sia demandato proprio ad una delle parti, anche se solo in una fase del procedimento.

Altre ragioni per attribuire la competenza de quo al giudice sono individuate nel contenuto delle disposizioni di cui agli artt. 82, 3°comma, sull’onorario e spese del difensore («il decreto di pagamento è comunicato al difensore ed alle parti, compreso il Pm») e 93, in relazione al 96 ed all’articolo 179, 2° comma, Cpp, secondo il quale l’istanza può essere presentata anche in udienza, e su di essa si deve decidere immediatamente, considerato che udienze vengono svolte anche nella fase delle indagini preliminari (convalida dell’arresto è del fermo; incidente probatorio; procedimento incidentale cautelare).

Il differente e contrastante orientamento giurisprudenziale è contenuto in tre sentenze. sempre della quarta sezione della Corte di cassazione, in data 20 giugno 2003, di cui due emesse a seguito di ricorsi dello stesso Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Lamezia Terme avverso analoghe declaratorie di incompetenza del Gip in procedimenti penali a carico di Arcieri Giovanni, con consequenziale trasmissione degli atti al Pm per decidere sulle istanze di ammissione al gratuito patrocinio. Le sentenze sono identiche, essendo state redatte dal medesimo consigliere estensore, che era anche il relatore.

Le decisioni sono state di declaratoria di inammissibilità del ricorso, su conformi conclusioni del Pg, in consapevole contrasto con le sentenze del 4 giugno 2003.

L’orientamento difforme da quello espresso - premesso il ritenuto carattere innovativo della riforma, e la non riferibilità alle norme abrogate, e principalmente all’articolo 7 legge 217/90 - si basa su una diversa interpretazione degli artt. 93, 96, ed anche 112 Dpr 115/02, in relazione al contenuto dell’articolo 3. Il magistrato “che procede o procedente” nella fase delle indagini preliminari - tranne i casi particolari della convalida di arresto o fermo, incidente probatorio, emissione di provvedimento cautelare, interrogatorio di garanzia - è ritenuto il Pm, a cui, tra l’altro, fa espresso riferimento il citato articolo 3.

La parità tra le parti viene assicurata anche con interventi del Pm in favore dell’indagato, come per la nomina del difensore di ufficio, ed è quindi logico secondo l’orientamento che si sta sintetizzando - che l’indagato, che non abbia le possibilità economiche di nominare un difensore, si rivolga all’unico suo interlocutore giudiziario per garantirgli il patrocinio a spese dello Stato.

Una diversa interpretazione non renderebbe logica la norma di cui all’articolo 103, che impone, al Pm di informare l’indagato che è obbligato a retribuire il difensore da lui nominato, sempre che “non ricorrano i presupposti per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato”, dando contestuale notizia delle relative disposizioni. Nelle sentenze del 20 giugno 2003 sono poi espressi i motivi per cui non si condividono le argomentazioni a sostegno delle sentenze in data 4 giugno 2003.

In primo luogo, viene ritenuto non pertinente il richiamo all’articolo 99, con il quale - secondo le sentenze Arcieri - si è fatto riferimento alla sfera territoriale nella quale opera anche il Pm. A sostegno della tesi contraria viene ricordata la disposizione di cui all’articolo 11 legge 319/80 (anch’essa abrogata dal Dpr 115/02), che, nel regolare il ricorso avverso i decreti di liquidazione dei compensi a periti, consulenti tecnici, interpreti e traduttori, ne attribuisce la competenza al Tribunale o alla Corte di appello, anche se i decreti sono stati emessi dal Pm. La chiarezza di tale disposizione consente la differente interpretazione dell’articolo 99 rispetto a quella formulata nelle sentenze che hanno ritenuto la competenza del Gip, in quanto il punto di riferimento deve essere l’appartenenza territoriale del Pm, che, come magistrato, opera nel circondario o nel distretto, non essendo rilevante invece “una inspiegabile e disomogenea sovrapposizione tra uffici requirenti e giudicanti”.

Non pertinente viene ritenuto anche il richiamo all’articolo 105, considerato che disciplina una diversa attività, e cioè la liquidazione del compenso, e non l’ammissione al gratuito patrocinio. Infine, ininfluente viene ritenuto il richiamo all’articolo 82, 3° comma, ritenendosi evidente che, qualora la liquidazione venga effettuata da magistrato diverso dal Pm, il relativo provvedimento vada comunicato anche a quest’ultimo.

Così esposto il contrasto giurisprudenziale, questo Collegio ritiene opportuno rimettere il ricorso del Pm presso il Tribunale di Napoli nel procedimento contro Ardon e Addolorata alle Sezioni unite della Corte di cassazione a norma dell’articolo 618 Cpp.

Come è noto, la funzione del giudice di legittimità è non solo quella di decidere le singole questioni di diritto prospettategli, ma anche quella di fornire un indirizzo giurisprudenziale, possibilmente omogeneo, ai giudici di merito.

Nella specie, peraltro, la questione assume il carattere di novità, essendo stato abrogato l’articolo 7 legge 217/90, che, al primo comma, senza possibilità di errore interpretativo, attribuiva al giudice per le indagini preliminari la competenza a decidere sull’ammissione dell’indagato al gratuito patrocinio nella fase delle indagini preliminari.

La questione è anche di notevole importanza, in quanto la fase iniziale del procedimento (o quanto meno il primo grado di giudizio) è quella in cui solitamente vengono formulate le istanze ex articolo 93 Dpr 115/02, per cui la risoluzione del conflitto appare indispensabile per dare un indirizzo univoco della giurisprudenza di legittimità, ed essa non può che avvenire tramite una decisione delle Sezioni unite della Corte di cassazione, mentre un’ulteriore decisione di questa sezione, sia essa favorevole all’orientamento espresso dalle sentenze del 4 giugno 2003, ovvero da quelle del 20 giugno 2003 (altro tipo di decisione non è praticabile, in quanto nessun altro “magistrato”, diverso da Pm o Gip, potrebbe essere dichiarato competente nella fase delle indagini preliminari), non causerebbe altra conseguenza che il permanere del contrasto, verificatosi anche nelle conclusioni del Pg, il che dimostra ulteriormente una difficoltà interpretativa, che, ad avviso di questo Collegio legittima il provvedimento di rimessione di cui all’articolo 618 Cpp.

PQM

La Corte rimette il ricorso alle Sezioni unite penali della Corte di cassazione.

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