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Patrocinio a spese dello Stato - Istanza di ammissione - Decide il gip anchedurante le indagini

Patrocinio a spese dello Stato - Istanza di ammissione - Decide il gip anchedurante le indagini

Penale e Procedura - Patrocinio a spese dello Stato - Istanza di ammissione - Decide il gip anche durante le indagini (Cassazione – Sezione quarta penale (cc) – sentenza 4 giugno-22 agosto 2003, n. 34897)

Osserva

1. Su una istanza, proposta al Gip del Tribunale di Lamezia Terme da Rosario Fxxxxxxxxxxx, indagato per imputazione di cui all’articolo 73.1 Dpr 309/90, intesa ad essere ammesso al patrocinio a spese dello Stato, quel giudice, con provvedimento del 2 ottobre 2002, disponeva “trasmettersi l’istanza al Pm, per quanto di competenza”, rilevando che, a seguito delle modifiche della disciplina in questione apportate dal decreto legislativo 113/02 - che avrebbe eliminato la specifica attribuzione della competenza a decidere in subiecta materia al Gip nella fase delle indagini preliminari - in tale fase «per magistrato davanti al quale pende il processo (rectius: il procedimento) deve intendersi il Pm».

2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso il Pm presso il Tribunale di Lamezia, deducendo che il provvedimento impugnato «si basa su un’interpretazione sbagliata della normativa applicabile in materia di gratuito patrocinio, con conseguente violazione delle norme giuridiche del decreto legislativo 113/02», e «costituisce altresì un provvedimento abnorme», attribuendo al Pm, “autorità con funzione requirente”, un “potere decisionale in materia di gratuito patrocinio non riconosciutogli da alcuna norma del vigente ordinamento giuridico”; soggiunge che, “non potendosi ipotizzare un conflitto negativo di competenza tra l’ufficio del Gip e quello del Pm, l’unico mezzo che può essere attivato per opporsi ad un atto del genere è il ricorso per cassazione”.

3. È innanzitutto necessario saggiare la ammissibilità del proposto gravarne, alla stregua di quanto al riguardo esplicitato dal ricorrente (testé richiamato) e di quanto deduce il Pg in questa sede requirente, il quale ultimo ha, fra l’atro, rilevato che, attesa l’esplicita previsione dell’articolo 568.2 Cpp, “che concerne tutti i provvedimenti sulla competenza”, quello in questione non è suscettibile di ricorso per cassazione; e che “non può ritenersi la ricorribilità del provvedimento sotto la specie dell’abnormità del medesimo”. Va chiarito che la seconda pagina della requisitoria del Pg deve ritenersi frutto di un refuso, giacché evoca una ipotesi di revoca del provvedimento ammissivo al patrocinio in questione del tutto estranea alla fattispecie che occupa, e conclude, nonostante le premesse, per l’annullamento del provvedimento impugnato, mentre, in coerenza con le ragioni premesse, la conclusiva richiesta avrebbe dovuto essere graficamente quella della dichiarazione di inammissibilità del gravame.

Orbene, sotto il primo dei suindicati profili di inammissibilità deve rilevarsi che l’articolo 568.2 Cpp esclude la impugnabilità dei provvedimenti “sulla competenza che possono dare luogo ad un conflitto di giurisdizione o di competenza a norma dell’articolo 28”. Scaturendo la inoppugnabilità del provvedimento dalla circostanza che esso possa dar luogo a conflitto, la giurisprudenza di questa Suprema corte è da tempo univocamente orientata nel ritenere che non è configurabile, neppure sotto la specie di caso analogo, un conflitto di competenza fra Pm e giudice (cfr. ex plurimis, da ultimo, Cassazione, sezione prima, 451/00): invero, l’articolo 28 Cpp fa inequivoco riferimento solo a “uno o più giudici” (ordinari o speciali) che prendano e ricusino di prendere cognizione del medesimo fatto, mentre il Pm non è organo giudicante, ma parte nel processo penale. D’altronde, la scelta legislativa esplicitata nel richiamato articolo 568.2 Cpp trova ragione nel fatto che quelle statuizioni sulla competenza che possono dar luogo a conflitto non patiscono un deficit di garanzia giurisdizionale, essendo soggette a verifica ed a eventuali contestazioni che possono farsi valere con lo strumento del conflitto, secondo criteri normativi prescelti di razionalità, speditezza ed opportunità processuale (cfr. Cassazione, sezione sesta, 2556/95).

Non potendo il Pm sollevare conflitto in ordine al provvedimento del giudice declinatorio di propria competenza, in linea generale l’organo della pubblica accusa deve solo adeguarsi alla decisione del giudice, slavo, tuttavia, che il provvedimento del giudice non sia abnorme, ovvero non previsto dall’ordinamento giuridico, nel qual caso il provvedimento medesimo è impugnabile per cassazione (cfr. Cassazione, sezione prima, 3256/92; ed, sezione prima, 4964/92); e, ancora sotto un profilo di ordine generale, nel caso di decisione sulla competenza che non sia luogo a conflitto la relativa questione sulla competenza può essere liberamente fatta valere davanti al giudice che procede e dedotta anche come motivo di gravame in appello e successivamente in Cassazione (cfr. Cassazione, sezione prima, 4895/96).

Avendo nella specie il giudice ritenuto che la decisione sulla richiesta di ammissione al patrocinio a spese dello Stato sia dalla legge attribuita al Pm nella fase delle indagini preliminari, diviene assorbente la valutazione di tale assunto, giacché se così non fosse il giudice avrebbe attribuito al Pm una attività ed una funzione che la legge non riconosce affatto a quest’ultimo, con la conseguenza, inoltre, che non potendo il Pm esercitare una attività, come quella demandatagli dal giudice, la parte pubblica non potrebbe mai, per preclusione di legge, attivarsi nel senso indicato dal giudice, donde la determinazione anche di una stasi irreversibile nel relativo procedimento, che connoterebbe anche sotto tale profilo di abnormità il reso provvedimento.

3.1 Ordunque, sotto tale dirimente profilo, che assorbe anche il secondo degli argomenti prospettati dal Pg requirente, mette conto di rilevare, innanzitutto, che il Giudice delle leggi ha avuto modo di occuparsi dell’istituto in esame, rilevando, sotto il vigore della precedente legge 217/90 (ordinanza 144/99), che, “nel decidere se spetti il patrocinio a spese dello Stato, il giudice (sulla relativa attribuzione a questo, secondo la normativa pregressa, del relativo potere tra poco si dirà) esercita appieno una funzione giurisdizionale avente ad oggetto l’accertamento della sussistenza di un diritto, peraltro dotato di fondamento costituzionale, sicché i provvedimenti nei quali si esprime tale funzione hanno il regime proprio degli atti di giurisdizione, revocabili dal giudice nei limiti e sui presupposti espressamente previsti, e rimuovibili, negli altri casi, solo attraverso gli strumenti di impugnazione, che nella specie sono quelli previsti dalla legge che istituisce il patrocinio a spese dello Stato”.

Le Sezioni unite di questa Suprema corte hanno,. dal canto. loro, avuto di già modo di rilevare (sentenza 25/1999) che l’istituto in questione venne introdotto dal legislatore, pochi mesi dopo l’entrata in vigore del nuovo codice di rito penale, “con la dichiarata finalità di contribuire al riequilibrio della parità delle parti nel nuovo processo penale caratterizzato dal modello accusatorio”, ed hanno evocato «l’imperativo dettato dagli articoli 24.3 Costituzione, 6.3, lettera c), Conv. Eur. Dir. uomo, e 14.3, lettera d), Patto intem. dir. civ. e poi., recepito, quanto al procedimento penale, dalle norme di cui agli articoli 2 n. 21 legge delega 81/1997, 98 e 225.2 Cpp e 32 disp. att. Cpp», richiamando anche il “regime proprio degli atti di giurisdizione”, già affermato dalla Corte costituzionale”.

Ora, già alla luce di tali affermati principi di ordine generale (che non sono rimasti affatto scalfiti, nella loro inequivoca valenza sistematica, dal nuovo intervento normativo) sarebbe affatto singolare che, in un processo di parti, “l’accertamento della sussistenza di un diritto, peraltro dotato di fondamento costituzionale”, nella “dichiarata finalità di contribuire al riequilibrio della parità delle partì nel nuovo processo penale caratterizzato dal modello accusatorio”, sia demandato proprio ad una delle parti, ancorché solo in una delle fasi del procedimento, vieppiù considerando che tale accertamento sì realizza attraverso una serie procedimentale di atti che si esplicano in vera e propria attività giurisdizionale completamente definitoria, come tale dotata di poteri anche conclusivamente decisori dell’intero iter procedimentale, che conducono alla affermazione o alla negazione di un diritto, per di più costituzionalmente garantito, e che sono estranei al ruolo istituzionale di una delle parti, ancorché pubblica.

3.2. Ma, passando comunque a verificare de iure condito la tesi fatta propria dal provvedimento impugnato, l’articolo 7 della previgente legge 217/90 espressamente individuava, per la fase delle indagini preliminari, la competenza del giudice per le indagini preliminari “competente per il fatto per cui si procede” allo stesso espressamente attribuendo anche la competenza per i provvedimenti di cui all’articolo 10 (modifica o revoca del decreto di ammissione al patrocinio) e 12 (liquidazione dei compensi al difensore). L’articolo 93 del decreto legislativo 113/02 ha soppresso tale specifica indicazione ed ha individuato, in genere, l’organo competente nel “magistrato innanzi al quale pende il processo”.

Essendosi da tanto inferito nel provvedimento impugnato che nella fase delle indagini preliminari per magistrato deve intendersi il Pm, deve, per contro, rilevarsi, innanzitutto, che la dizione di “magistrato” anziché di “giudice” è i per sé inconferente, giacché l’articolo 3 del Dpr 115/02 chiarisce che per “magistrato” deve intendersi “il giudice o il Pm, anche onorario, preposto alla funzione giurisdizionale sulla base di norme di legge e delle disposizioni dei codici di procedura penale e civile” (come, del resto, non ha valore dirimente neppure il termine “processo”, che, ai sensi dello stesso articolo di legge, è “qualunque procedimento contenzioso o non contenzioso di natura giurisdizionale”).

Gli è, invece e comunque, che a tale mutato dictum normativo non può attribuirsi alcuna valenza innovativa rispetto alla previgente disposizione normativa, giacché tanto non è affatto esplicitato nel nuovo testo di legge.

Occorre al riguardo innanzitutto considerare che, com’è noto, la materia del patrocinio a spese dello Stato era pregressamente oggetto di separate discipline nel settore civile e nel settore penale e da ultimo la legge 217/90 aveva disciplinato la intera materia con riferimento sia al settore penale (capo 1), che a quello civile ed amministrativo (capo 11); la materia è stata, poi, oggetto della attuale risistemazione normativa approntata dal decreto legislativo 113/02, dal Dpr 114/02 e dal Dpr 115/02, nella più ampia materia delle spese di giustizia, che - come si legge nella relazione illustrativa al relativo Testo unico - “riunisce e coordina l’intera materia”, costituendo quella sul patrocinio a spese dello Stato “una particolare disciplina delle spese del procedimento”. Tale intervento di riordino normativo è stato effettuato in virtù della delega contenuta nell’articolo 7 della legge 50/1999, come modificato dall’articolo 1 legge 340/00, ed ha dato luogo ad un triplice ordine di fonti: il decreto legislativo 113/02 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di spese di giustizia), il Dpr 114/02 (Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di spese di giustizia) ed il Dpr 115/02 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari). E mette conto di rilevare al riguardo che la delega investe, sostanzialmente, il decreto legislativo 113/02, mentre il Dpr 115/02 ha essenzialmente natura di Testo unico c.d. “compilativo”, riassumente, cioè, le varie disposizioni che regolamentano la materia delle spese di giustizia, ed il Dpr 114/02, adottato ai sensi dell’articolo 17.2 legge 400/88, contiene le norme regolamentari relative alla stessa materia. Ciò posto, una attribuzione di competenza in subiecta materia al Pm come ritenuta dal provvedimento impugnato, così radicalmente innovativa rispetto alla previsione normativa previgente, avrebbe comunque dovuto costituire oggetto di specifica delega al riguardo, che invece non è dato rinvenire, neanche per connessione, nel precitato articolo 7 della legge 50/1999, il quale, dopo aver individuato altri campi di intervento, richiama, alla lettera d) del secondo comma, il “coordinamento formale del testo delle disposizioni vigenti, apportando, nei limiti di detto coordinamento, le modifiche necessarie per garantire la coerenza logica e sistematica della normativa anche al fine di adeguare e semplificare il linguaggio normativo”. E chiarisce anche la predetta Relazione illustrativa, specificamente a proposito del patrocinio a spese dello Stato (parte III) che, nel rispetto dei limiti imposti dalla delega legislativa, il Testo unico ha proceduto ad un riordino e coordinamento formale, trattandosi di norme di rango primario non attinenti ad aspetti procedimentali e organizzativi”; e, a proposito dell’articolo 93 (Presentazione dell’istanza al magistrato competente), rileva che “dal combinato disposto del presente articolo, relativo alla individuazione del giudice competente a ricevere l’istanza, e dell’articolo 78, comma 1, discende che non occorre una norma specifica, che preveda la possibilità di presentare l’istanza di ammissione anche durante le indagini preliminari al magistrato competente”, soggiungendo che, “per questo motivo, il contenuto dell’articolo 7, comma 1, della legge 217/90, come modificata dalla legge 134/01, è interamente assorbito”, ulteriormente chiarendo che “nel penale non è possibile immaginare una richiesta di ammissione al patrocinio prima del coinvolgimento di un giudice (anche nella fase delle indagini preliminari). Pertanto, non serve mantenere l’espressione ‘il giudice competente a conoscere del merito”.

Tutto ciò è da ritenere che dia evidente contezza che non si è affatto inteso operare alcun mutamento normativo, rispetto al previgente assetto, circa la competenza del giudice, non della parte pubblica, nella materia che qui rileva, anche relativamente alla fase delle indagini preliminari.

Ma v’è da aggiungere ancora che il nuovo testo normativo, nel dettare (parte III) le disposizioni generali sul patrocinio a spese dello Stato nel processo penale, civile, amministrativo, contabile e tributario, reca, quanto al contenuto dell’istanza, all’articolo 79.3, che “gli interessati, se il giudice procedente... o il consiglio dell’ordine degli avvocati (nel settore civile) lo richiedono, sono tenuti, a pena di inammissibilità dell’istanza, a produrre la documentazione necessaria ad accertare la veridicità di quanto in essa indicato”. L’articolo 82.3 (Onorario e spese del difensore) prevede che “il decreto di pagamento è comunicato al difensore e alle parti, compreso il Pm”; l’articolo 93 prevede che l’istanza possa essere presentata anche in udienza ed il successivo articolo 96 prescrive che in tal caso si debba decidere immediatamente, a pena di inammissibilità assoluta ai sensi dell’articolo 179.2 Cpp, e udienze possono essere svolte anche nella fase delle indagini preliminari (come nei casi di convalida dell’arresto o del fermo, di incidente probatorio, di procedimento incidentale cautelare); l’articolo 99.1 prevede che avverso il provvedimento che rigetta l’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato può essere proposto ricorso, nei termini ivi indicati, “al presidente del tribunale o al presidente della corte di appello ai quali appartiene il magistrato che ha emesso il provvedimento”: per quanto si voglia ampliare il concetto di “appartenenza”, nella sua pur chiara espressione logico-lessicale, è comunque da escludere che il requirente “appartenga” all’ufficio del giudicante, giacché il Pm non “appartiene” a tale ufficio, ma opera - ed in virtù di tale collegamento viene soggettivamente individuato quanto alla titolarità dell’esercizio delle funzioni - “presso” il corrispondente ufficio giudiziario (articolo 5 1 Cpp); l’articolo 105 riserva al “giudice per le indagini preliminare la liquidazione del compenso al difensore, “anche (quindi non solo) se l’azione penale non è esercitata”.

3.3. Alla stregua delle svolte argomentazioni deve, quindi, affermasi il principio di diritto che nella fase delle indagini preliminari la competenza a decidere sulla istanza dell’interessato di ammissione al patrocinio a spese dello Stato compete al giudice per l’udienza preliminare, non al Pm.

Discende da tanto la abnormità del provvedimento impugnato che per un verso assegna al Pm attività non consentitagli dalla legge e, per altro verso, non potendo questi perciò attivarsi per la definizione della procedura relativa alla istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, determina una stasi irreversibile in tale medesimo procedimento. 4. L’impugnato provvedimento va conseguentemente annullato senza rinvio, con trasmissione degli atti al Tribunale di Lamezia Terme per l’ulteriore corso.

PQM

La Corte annulla il provvedimento impugnato senza rinvio e dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di Lamezia Terme per l’ulteriore corso.

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