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Anoressia - peculiarita' della malattia

anoressia - peculiarita' della malattia: le “dimissioni patteggiate”  - responsabilita' colposa per omissione - omissione di un adeguato intervento terapeutico

anoressia - peculiarità della malattia: le “dimissioni patteggiate”  - responsabilità colposa per omissione - omissione di un adeguato intervento terapeutico (Cassazione – Sezione quarta penale – sentenza 1 luglio 2003, n. 27956)

Motivi della decisione

Daniela Zxxxxxxx, consulente psichiatrico presso l’Ospedale San Luca di Milano, è stata ritenuta responsabile in primo grado del decesso di Sxxxx. Cxxxx., una ragazza di sedici anni, affetta da anoressia, ricoverata nel predetto ospedale il 25 maggio del 1995 e dallo stesso dimessa, su indicazione della Zxxxxxxx, il 1° giugno con la prescrizione di seguire una terapia farmacologica, di rimanere in Lombardia, e di ripresentarsi per il controllo a distanza di due settimane; rientrata in ospedale il 17 giugno per il previsto controllo, la situazione era segnalata come stabile; viceversa all’atto del ricovero effettuato il 20 giugno, si riscontrava un peggioramento che rendeva necessario il trasferimento all’ospedale Niguarda per il trattamento sanitario obbligatorio; qui, nonostante gli interventi posti in atto, la situazione continuava a peggiorare finché la ragazza, alle ore 22.50 del 21 giugno decedeva. Riteneva il primo giudice che nella condotta della Zxxxxxxx fossero ravvisabili una serie di comportamenti, sostanzialmente riportabili alla omissione di un adeguato intervento terapeutico, che nel loro insieme avevano quanto meno accelerato la produzione delle condizioni che anno determinato l’evento infausto.

La Corte di Appello di Milano assolveva invece l’imputata perché il fatto non costituisce reato, non ravvisando nel comportamento del medico elementi di colpa. La Corte riteneva che, in relazione alla gravità del caso ed alla peculiarità della malattia, le “dimissioni patteggiate” della …non potevano qualificarsi frutto di negligenza della Zxxxxxxx bensì rientravano in un approccio terapeutico, da ritenersi valido, volto a coinvolgere la paziente, guadagnandone la fiducia; osservava la Corte che per potersi avere responsabilità colposa per omissione è necessario individuare la condotta tipica che il sanitario dovrebbe tenere secondo le regole della disciplina interessata, regole che nella specie era assai problematico individuare: il comportamento della Zxxxxxxx non era dunque censurabile. Rilevava altresì il giudice che anche sotto il profilo dell’accertamento del nesso di causalità non si erano raggiunti quegli esiti di certezza che la più recente giurisprudenza di questa Corte ritiene necessari.

Il Pg presso la Corte di Appello di Milano ricorre per cassazione nei confronti di tale sentenza, lamentandone la mancanza o manifesta illogicità della motivazione atteso che, recependo acriticamente la tesi difensiva, si sarebbe pervenuti alla assoluzione dell’imputata senza tenere conto, quanto alla ritenuta colpevolezza, delle qualificate valutazioni operate dai consulenti del Pm poste a base della sentenza di primo grado, dallo stesso giudice di appello ritenuta “sorretta da argomentazioni pregevoli”; viceversa le testimonianze valorizzate dalla sentenza impugnata, in quanto rese da colleghi di lavoro dell’imputata dovevano essere valutate con particolare attenzione.

Il ricorso è inammissibile dal momento che le censure del ricorrente sono genericamente formulate con riferimento a non meglio precisate conclusioni dei consulenti tecnici del Pm che sarebbero state da giustificare un addebito di colpa alla Zxxxxxxx; non vengono però indicati quali specifici profili di colpa, correttamente ritenuti necessari dalla sentenza qui impugnata, sarebbero stati ascrivibili all’imputata e ne avrebbero comportato la responsabilità. Inoltre, le censure dedotte attengono soltanto all’accertamento della colpa nel comportamento della Zxxxxxxx, senza coinvolgere il nesso di causalità che pure è stato ritenuto carente dalla Corte di appello. Dunque il motivo che sostiene l’impugnazione, quant’anche fondato, non condurrebbe ad una possibilità di rivisitazione della sentenza impugnata non coinvolgendo esso l’ulteriore profilo attinente alla possibilità di ritenere che l’evento infausto verificatosi possa essere riconducibile al comportamento del medico.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.