Associazione confinalita' di terrorismo e di eversione dell'ordine democratico

associazione confinalita' di terrorismo e di eversione dell'ordine democratico (articolo 270-bis c.p.) -vizi della motivazione ordinanza

associazione con finalità di terrorismo e di eversione dell'ordine democratico (articolo 270-bis c.p.) - vizi della motivazione ordinanza

Corte di cassazione, sezione I penale, sentenza 29 ottobre 2002, n. 36096

Osserva in fatto e in diritto

1. Con ordinanza del 18 marzo 2002 il tribunale di Roma, in sede di riesame, confermava l'ordinanza del 22 febbraio 2002 con la quale il gip distrettuale aveva disposto la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di Chibab Gxxxxxx, di Naseer Azzzzzzz e di altro cittadino straniero, gravemente indiziati dei reati di associazione con finalità di terrorismo e di eversione dell'ordine democratico (articolo 270-bis c.p.) e di violazione continuata delle disposizioni sul controllo delle armi (articolo 81, comma 2, 110 c.p., 9, 10 e 12 legge 497/94).

Affermava il tribunale che, a seguito di una intensa attività di polizia giudiziaria sul fenomeno terroristico di matrice islamica e su quello del traffico delle armi e di materiale esplosivo, consistito in intercettazioni telefoniche ed ambientali, in videoregistrazioni, di costanti servizi di osservazione, di controllo e di pedinamento, nonché a seguito di perquisizioni erano stati raccolti gravi indizi che dimostravano la destinazione dei locali della moschea "Al Carmini", sita in Roma via Gioberti n. 63 e dell'agenzia "Raval International Travel Agency", sita in Roma, via G. Amendola n. 95, a basi logistiche di una microcellula eversiva operante nell'ambito delle organizzazioni politico-militari "Gruppo Islamico Armato" e "Fronte Islamico della Salvezza", finalizzate al compimento di atti di violenza diretti all'eversione dell'ordine democratico.

Precisava, in particolare, che tali indagini avevano consentito di sequestrare numeroso materiale considerato di natura eversiva, di accertare l'esistenza di sicuri collegamenti con soggetti, alcuni anche raggiunti da provvedimenti di custodia cautelare, indiziati di appartenere a gruppi islamici fondamentalisti, nonché il traffico e la disponibilità di armi da guerra di vario tipo.

Con riferimento agli attuali ricorrenti, l'ordinanza precisava che gli indagati erano in stretto collegamento tra loro in quanto il Naseer Azzzzzzz ed il terzo cittadino straniero erano rispettivamente il primo il conduttore ed il secondo il custode della moschea di Via Gioberti, mentre il Chibab Gxxxxxx aveva quotidiani e organici contatti con i primi due ed era, altresì, un ripetuto utilizzatore dei locali di via Gioberti.

Aggiungeva che dalle intercettazioni telefoniche ed ambientali che si riferivano agli attuali indagati era risultato che le conversazioni captate avevano sempre per riferimento "un vero e proprio traffico di armi e di strumenti micidiali, siano essi pistole o fucili mitragliatori o sostanze chimiche diverse" e che tutti appartenevano ad un sodalizio terroristico ed eversivo dell'ordine democratico.

Il tribunale riteneva, altresì, l'esistenza di tutte le esigenze cautelari di cui all'articolo 274 c.p.p.

Respingeva, infine, l'eccezione di inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni perché eseguite con impianti non installati nei locali della Procura della Repubblica.

2. Hanno proposto ricorso per cassazione per mezzo dei rispettivi difensori l'Azzzzzzz ed il Gxxxxxx, deducendo, con motivo sostanzialmente comune, la mancanza e la manifesta illogicità dell'ordinanza impugnata, in quanto si sarebbe limitata a ripercorrere lo stesso "iter argomentativo"; dell'ordinanza del gip, che aveva fatto proprio lo schema accusatorio esposto dalla polizia giudiziaria, senza sottoporlo a vaglio critico, senza indicare gli elementi indiziari sui quali lo stesso è fondato, senza fornire risposta alle eccezioni degli indagati.

In particolare il Gxxxxxx si duole che sia stata data importanza indiziaria a "frammentari esiti delle intercettazioni ambientali", che sia stata omessa la valutazione delle risultanze delle "perquisizioni dell'ottobre 2001 presso la baraccopoli di Via Palos", che la motivazione sia carente in ordine alle ragioni per le quali le esigenze cautelari non possono essere soddisfatte con una diversa misura.

L'Azzzzzzz lamenta a sua volta che sia stata fatta una utilizzazione frammentaria dei risultati delle intercettazioni, dalle quali sarebbero state estrapolate soltanto le parti con connotazioni di carattere accusatorio, senza fornire un quadro completo delle risultanze probatorie e senza rispondere alle puntuali eccezioni formulate in sede di riesame "alle quali si riporta".

Quanto agli indizi nei suoi confronti valutati come gravi, osserva che il volantino apposto sulla porta della agenzia di viaggi di cui è titolare, non faceva che riportare le stesse opinioni espresse in televisione durante la trasmissione del Maurizio Costanzo Show, che costituiscono semplici manifestazioni di pensiero non punibili nel nostro paese a meno che non siano collegati a "fatti concreti materiali che ne supportano la volontà di destabilizzare un paese democratico".

Non risponderebbe, inoltre, al vero che i colloqui intercettati sarebbero videoregistrati sicché mancherebbe la prova della loro riferibilità alle persone indagate.

Infine, la natura eversiva della supposta organizzazione di cui farebbero parte gli indagati non potrebbe trarsi dal materiale documentale sequestrato, in quanto parte degli opuscoli e dei filmati sarebbero stati rinvenuti in ambiente diverso da quello da lui frequentato e si riferirebbero al "Fronte di Salvezza Islamico", che è un partito sciolto nel 1991 dal governo algerino, sottoposto a persecuzione, tanto che alcuni dei suoi iscritti sarebbero stati accolti da alcune nazioni europee, tra cui anche l'Italia, come rifugiati politici; la lettura delle trascrizioni delle suddette intercettazioni non consentirebbe di stabilire né la esistenza di un accordo tra i tre indagati, né lo scopo, né il contesto per il quale e nel quale sono state pronunziate le frasi ritenute incriminanti. Le intercettazioni, infine, sarebbero inutilizzabili non rispondendo al vero che per tutto il periodo in cui vennero eseguiti gli impianti della Procura della Repubblica siano rimasti inservibili come affermato nell'ordinanza impugnata.

3. I motivi di ricorso sono infondati.

Deve in primo luogo escludersi la inutilizzabilità delle intercettazioni denunziata dai ricorrenti.

Il tribunale, infatti, ha precisato che in atti "vi è conferma e prova della prolungata inidoneità per il periodo di riferimento, degli impianti installati nei locali della Procura della Repubblica di Roma e, dunque, dell'assoluta necessità di ricorrere, così del resto come ritualmente motivato dallo stesso pubblico ministero investigante, al compimento delle indicate operazioni mediante gli impianti della pg", sicché l'eccezione, nuovamente sollevata con i ricorsi, si risolve in una contestazione in punto di fatto della veridicità della attestazione del pm, che non può formare oggetto di censura in questa sede di legittimità.

Va aggiunto che con le telecamere non veniva ripresa l'attività che si svolgeva all'interno dei locali di Via Gioberti e di Via Amendola, come sostenuto dai ricorrenti sulla base dell'equivoca espressione di cui al foglio 9 dell'ordinanza, bensì, come si evince da altre parti del provvedimento (fogli 1 e 3), le stesse venivano utilizzate per documentare i luoghi in cui avvenivano gli incontri e le persone che vi partecipano che venivano identificate attraverso i "costanti servizi di osservazione, controllo e pedinamento".

Non sussistono i vizi della motivazione indicati dai ricorrenti.

Al riguardo, premesso che in questa sede per i limiti propri del giudizio di legittimità non è possibile verificare se l'oggetto ed il contenuto delle conversazioni riportate nell'ordinanza impugnata corrispondono o meno all'effettivo tenore della conversazione quale potrà risultare dalla trascrizione dei nastri, deve affermarsi che sulla base della documentazione sequestrata, dei risultati delle intercettazioni telefoniche ed ambientali e dei suddetti servizi di osservazione, controllo e pedinamento indicati nell'ordinanza impugnata, il tribunale ha fornito una giustificazione non manifestamente illogica delle ragioni del proprio convincimento in ordine alla sussistenza di un grave quadro indiziario a carico dei ricorrenti.

Né la validità delle argomentazioni del tribunale può ritenersi inficiata dal rilievo che il gip ed il tribunale si sarebbero "adeguati senza vaglio critico" alla ricostruzione dei fatti offerta dalla polizia giudiziaria, perché, anche ammesso che ciò sia avvenuto - ma non risulta -, nel momento in cui i giudici hanno fatto proprie tali conclusioni trasfondendole in un documento di natura giurisdizionale, gli interessati sono stati comunque posti in grado di esercitare il loro diritto di difesa e non hanno indicato elementi, salvo la propria diversa valutazione degli stessi fatti che non integra il vizio di cui all'articolo 606, comma 1, lettera e), c.p.p. (vedi, Cassazione, sezioni unite, 16/1996, rv 205621), per dimostrare la manifesta illogicità del provvedimento impugnato o l'erronea applicazione delle disposizioni di legge richiamate.

Con riferimento alle singole censure, peraltro alcune del tutto generiche, come quella relativa all'omessa valutazione delle perquisizioni dell'ottobre 2001 presso "la baraccopoli di Via Palos", o al sequestro di materiale in luoghi ai quali il Gxxxxxx non sarebbe interessato, od ai motivi "esposti nella richiesta di riesame e qui richiamati", va rilevato che la circostanza che nel 1991 il "Fronte Islamico" fosse un partito che partecipava democraticamente alle elezioni in Algeria e che alcuni suoi componenti siano stati riconosciuti come perseguitati politici, nulla prova in ordine alle attuali finalità del "Fronte" ed ai metodi attualmente seguiti per l'affermazione delle proprie finalità.

Quanto alla natura "neutra" del materiale cinematografico e dei video sequestrati deve osservarsi che la stessa non può essere valutata in astratto, ma in relazione al contesto in cui il materiale viene utilizzato, sicché quando il sequestro avviene, come nel caso di specie, in locali e nei confronti di persone che, per altre emergenze delle indagini, si ha motivo di sospettare che vengano adibiti a luogo di incontro tra soggetti coinvolti in attività terroristiche ed eversive dell'ordine democratico, ben possono costituire grave indizio sia dell'illiceità dell'attività svolta nei predetti locali, sia del coinvolgimento in tale attività di coloro che debbono essere considerati i conduttori effettivi dei locali medesimi.

Il richiamo, infine, alla libertà di manifestazione del pensiero e dalla libertà di professare la propria religione è del tutto improprio, in quanto il materiale in esame non è stato sequestrato in ragione del suo contenuto ideologico o religioso, ma perché strumentalmente utilizzato come materiale didattico e di propaganda "per il reclutamento di uomini e la predisposizione di mezzi, anche economici e finanziari, da destinare alla lotta armata terroristica" (vedi pagina 4, ordinanza).

Infondati sono anche i motivi relativi alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza nei confronti dei ricorrenti, avendo anche su questo punto l'ordinanza impugnata fornito un'adeguata giustificazione logica fondata su precisi elementi di fatto.

Nell'ordinanza impugnata, infatti, l'Azzzzzzz è indicato come il conduttore della moschea di Via Gioberti, sede della cellula eversiva e, quindi, direttamente implicato nelle attività di propaganda, proselitismo, traffico e detenzione di armi, come risulterebbe confermato, peraltro, da alcune delle intercettazioni riportate nella stessa ordinanza.

Ed, in proposito, va osservato che non risulta affatto manifestamente illogica la conclusione degli inquirenti in ordine al caricamento di un'arma avvenuto nel corso di una conversazione intercettata, in quanto, a parte il tipo di arma - ma non va dimenticato che le intercettazioni sono state esaminate da esperti -, se nel corso di una conversazione si parla di armi e del loro uso e in quel contesto si sente un rumore corrispondente - si ripete per degli esperti - a quello tipico dello "scarrellamento" di un'arma, non è dato apprezzare a quale altra conclusione dovrebbe giungersi.

Il Gxxxxxx, a sua volta, è indicato come costante e quotidiano frequentatore dei locali della moschea e degli altri due indagati, nonché di soggetti di "provata appartenenza all'eversione terroristica di stampo islamico", "interessato al reperimento di mezzi economici e finanziari, alla trasmissione di messaggi vari tra gli adepti, nonché più in generale ai complessivi profili del collegamento", come risulterebbe dai servizi di osservazione, controllo e pedinamento effettuati dalla pg.

Altrettanto è a dirsi con riferimento alle esigenze cautelari ed all'impossibilità di soddisfarle con misure meno afflittive.

Una volta, infatti, accertato in punto di fatto che gli indagati sono componenti ed organizzatori di una cellula internazionale di natura eversiva e terroristica, che hanno contatti con terroristi di caratura internazionale, che dispongono di armi e di mezzi economici, l'affermazione dell'ordinanza impugnata che si tratta di persone di elevatissima pericolosità, che può essere contenuta soltanto con la custodia cautelare in carcere, perché è altamente probabile il pericolo di fuga non appare manifestamente illogica e, quindi, si sottrae a censura in questa sede di legittimità.

4. I ricorsi, pertanto, debbono essere rigettati con la conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento in solido delle spese del procedimento.

La cancelleria provvederà alle comunicazioni di cui all'articolo 23, legge 332/95.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del procedimento.