Sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria

Sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria - In euro - Decimali

Penale - Sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria - In euro - Decimali - Corte di Cassazione - Sez. U, Sentenza n. 47449 del 07/12/2004

La massima

Corte di Cassazione - Sez. U, Sentenza n. 47449 del 07/12/2004

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto depositato il 10 febbraio 2004 la Procura generale di Ancona ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del Gip del Tribunale di Pesaro del 16 dicembre 2003, con la quale era stata applicata a Romeo Mario, ai sensi dell'art. 444 c.p.p., la pena di due mesi e venti giorni di reclusione, sostituita con euro 3.040, per il reato di cui all'art. 2, comma 3, D. L.vo n. 74 del 2000.

Il ricorrente deduce, come unico motivo, l'erronea applicazione della legge penale (art. 606, comma 1 lett. b, c.p.p., in relazione all'art. 444 c.p.p. e con riguardo agli artt. 53 L. n. 689/1981, 135 c.p., 51 D. L.vo 213/1998), osservando che, nell'accogliere l'istanza di sostituzione della pena detentiva concordata, il giudicante non ha indicato i criteri del computo, ne' questi erano stati esplicitati nella richiesta delle parti; fa presente, tuttavia, che essi sono facilmente ricostruibili, nel senso che l'unitario parametro legale di lire 75.000, fissato dall'art. 53, comma 2, L. 689/1981 con riferimento all'art. 135 c.p., è stato convertito in euro 38,73 e subito arrotondato in euro 38,00, di modo che tale importo unitario, moltiplicato per i giorni di pena detentiva (due mesi e venti giorni = giorni 80 x 38), ha portato al risultato finale di euro 3.040.

Chiariti i dati di riferimento, il Procuratore generale sostiene che l'immediata eliminazione, operata in via preliminare, dei decimali prodotti dal calcolo della conversione da lire in euro è errata, in quanto l'arrotondamento - come previsto dall'art. 51 del D. L.vo n. 213 del 1998 - riguarda solo le sanzioni pecuniarie, penali o amministrative, e non il mero criterio di ragguaglio contenuto nell'art. 135 c.p., non avente natura di sanzione; che il giudice avrebbe dovuto ragguagliare la pena detentiva "a valle", dopo avere effettuato il calcolo globale in lire, o comunque dopo avere moltiplicato il dato pecuniario del computo di pareggiamento, conservando i decimali (ossia 38,73 e non 38,00), per i giorni di pena detentiva irrogata.

Secondo questo criterio di calcolo, il risultato finale viene ad essere di euro 3.098 (giorni 80 x euro 38,73 = euro 3.098,40, arrotondati mediante l'eliminazione dei decimali), con la conseguenza che la pena in concreto inflitta sarebbe illegale e la sentenza impugnata dovrebbe essere annullata.

Il ricorso è stato assegnato alla terza sezione penale della Corte, la quale - rilevato che sulla questione di diritto sottoposta al suo esame vi era un contrasto giurisprudenziale - lo ha rimesso alle Sezioni Unite, a norma dell'art. 618 c.p.p., affinché il divergente orientamento fosse composto.

Il Primo Presidente ha quindi assegnato il ricorso alle Sezioni Unite penali, fissando per la trattazione l'odierna udienza di camera di consiglio.

MOTIVI DELLA DECISIONE

L'oggetto del contrasto di giurisprudenza, apparentemente di limitata portata pratica, sottende la soluzione di delicate questioni teoriche; per ben comprenderne l'ambito, è necessario fissare subito i dati normativi di riferimento.

La legge 17 dicembre 1997, n. 433 conferiva al Governo la delega per l'introduzione dell'euro; in particolare l'art. 6 fissava i criteri a cui doveva attenersi nel disciplinare gli effetti della conversione in euro degli importi in lire contenuti nelle norme vigenti, precisando, al comma 1 lett. d), che "le norme che prevedono sanzioni pecuniarie, da sole, alternative o congiunte a pene detentive per la commissione di taluni reati o che derivino da pene sostitutive o da conversione di altre sanzioni, dovranno essere oggetto di singoli provvedimenti per gruppi di materie al fine di conservare l'omogeneità, la congruità e la proporzionalità delle sanzioni medesime. Gli stessi principi dovranno essere osservati anche in relazione alle disposizioni omologhe contenute nella legge 24 novembre 1981, n. 689, e nelle disposizioni legislative di depenalizzazione successivamente emanate, nonché alle sanzioni amministrative".

In attuazione della delega è stato emesso il D. L.vo 24 giugno 1998 n. 213, il quale all'art. 51 (Conversione delle sanzioni pecuniarie penali o amministrative), prevede, ai commi 2 e 3, che: "- 2. A decorrere dal 1° gennaio 2002 ogni sanzione penale o amministrativa espressa in lire nelle vigenti disposizioni normative è tradotta in Euro secondo il tasso di conversione irrevocabilmente fissato ai sensi del Trattato. - 3. Se l'operazione di conversione prevista dal comma 2 produce un risultato espresso anche con decimali, la cifra è arrotondata eliminando i decimali".

Queste disposizioni devono essere inquadrate ed inserite, per quanto rileva in questa sede, nell'ambito della tematica delle sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi (art. 53 L. 24 novembre 1981, n.689).

Il problema applicativo sorge, quindi, allorché si deve procedere alla sostituzione della pena detentiva con l'equivalente pena pecuniaria attenendosi - secondo il richiamo operato dal citato art. 53 L. 689/1981 - al parametro di ragguaglio previsto dall'art. 135 c.p. Tale ultima norma, com'è noto, prevedeva che nel caso di conversione della pena detentiva in quella pecuniaria occorreva effettuare il computo, calcolando 75.000 lire (o frazione di 75.000 lire) di pena pecuniaria per ogni giorno di pena detentiva. La terza sezione penale ha richiesto, come detto, l'intervento delle Sezioni unite, ponendo la questione controversa nei termini che possono così riassumersi: "Se in caso di sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria ai sensi dell'art. 53 della legge 24 novembre 1981 n. 689, l'eliminazione dei decimali prevista dall'art. 51 del D. L.vo 24 giugno 1998 n. 213 debba essere eseguito, a monte, sulla somma giornaliera indicata dall'art. 135 c.p., ovvero al termine dell'operazione di conversione della somma finale in euro". Sulla risposta da dare al quesito si sono formati due orientamenti.

Un primo filone interpretativo ritiene che l'art. 51 del D. L.vo n. 213 del 1998 sia applicabile solo alle sanzioni pecuniarie espresse in lire nelle norme vigenti, mentre non è applicabile al criterio di ragguaglio indicato dall'art. 135 c.p., con la conseguenza che l'arrotondamento mediante l'eliminazione dei decimali deve avvenire dopo l'operazione di ragguaglio fra pena detentiva e pecuniaria. Secondo l'altro indirizzo, invece, queste disposizioni si applicano direttamente al parametro dell'art. 135 c.p. e l'eliminazione dei decimali deve essere compiuta all'origine, sia perché, a far data dal 1° gennaio 2002, ogni operazione che riguarda le sanzioni penali o amministrative deve essere tradotta in euro con l'eliminazione dei decimali, sia perché questo criterio si traduce in un'interpretazione più favorevole all'imputato.

Il primo degli orientamenti giurisprudenziali ora riportati è senza dubbio maggioritario e prende le mosse dalla sentenza della quarta sezione penale n. 2527 del 12 dicembre 2002 (rv. 225422). Le argomentazioni svolte poggiano, sostanzialmente, su due considerazioni: l'art. 135 c.p. non prevede alcuna "sanzione penale o amministrativa" da applicare, ma un semplice criterio per il ragguaglio fra pene di diversa natura ed è quindi solo il risultato definitivo che rappresenta la sanzione penale alla cui determinazione si perviene con il procedimento di ragguaglio e il cui esito numerico dovrà essere arrotondato; la ratio, indicata nella legge delega (di "conservare l'omogeneità, la congruità e la proporzionalità delle sanzioni"), viene rispettata solo dall'interpretazione letterale della norma, mentre sarebbe tradita da un'interpretazione analogica (v. ancora: Cass. Sez. 2, 20 maggio 2004, PG in proc. Vimini; Cass. Sez. 3, 26 settembre 2003 n. 1468 rv. 227263-4; 8 luglio 2004 n. 940, PG in proc. Montagna; Cass. Sez. 4, 18 febbraio 2003 n. 350 rv. 223929; 20 marzo 2003 rv. 225226; Cass. Sez. 6, 16 aprile 2003 n. 916 rv. 225165; 12 novembre 2003, rv. 228264; 11 dicembre 2003 n. 2020, rv. 228273).

Il diverso indirizzo giurisprudenziale muove dalla premessa che l'applicazione di una pena pecuniaria in sostituzione di quella detentiva, ai sensi dell'art. 53 della legge n. 689 del 1981, determina una trasformazione ontologica della sanzione, sicché il giudice deve comportarsi come se il reato prevedesse alternativamente l'applicazione della prima in luogo della seconda; sottolinea, inoltre, che l'art. 135 c.p. costituisce un mero meccanismo di calcolo non solo in termini di esecuzione, ma integrativo della quantificazione della sanzione prevista ai sensi dell'art. 53 della legge n. 689 del 1981 (v. Cass. Sez. 3, 12 maggio 2004 n. 621, PG in proc. Concina; Cass. Sez. 5, 25 marzo 2003, rv. 225418; 19 novembre 2003 n. 1767 rv. 228014; 16 marzo 2004 n. 424 , rv. 227753).

Così delineati i termini controversi, queste Sezioni Unite ritengono che la corretta soluzione della questione discenda dalla stessa natura delle sanzioni sostitutive e dalla qualificazione da dare alla disposizione contenuta nell'art. 135 c.p. Al riguardo devono affermare - richiamando l'orientamento giurisprudenziale delineato con le proprie sentenze n. 12310 del 27 settembre 1995, (rv. 202900) e n. 11397 del 25 ottobre 1995 ( rv. 202870) - che la norma dell'art. 135, anche se inserita nel codice penale, non ha in realtà natura sostanziale ne' processuale, ma in base alla sua stessa formulazione ha valore per qualsiasi effetto giuridico e, quindi, sostanziale se deve essere utilizzata a tal fine, e processuale nel caso opposto; per contro le sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi per il loro carattere afflittivo, per la loro convertibilità, in caso di revoca, nella pena sostituita residua, per lo stretto collegamento esistente con la fattispecie penale cui conseguono, hanno natura di vere e proprie pene e non di semplici modalità esecutive della pena detentiva sostituita; di modo che le disposizioni che le contemplano hanno natura sostanziale.

Nel presente caso, dunque, l'art. 135 c.p. è richiamato dall'art. 53 L. 689/1981 in senso sostanziale, quale parametro di determinazione della pena pecuniaria, sostitutiva di un giorno di detenzione, dovendosi ritenere che quando il legislatore parla di sanzioni intende ricomprendere nel concetto anche i metodi prescritti per la loro determinazione in concreto. In sostanza l'art. 135 costituisce un meccanismo di calcolo, non già in termini di mera esecuzione, bensì integrativo della quantificazione della pena, con la conseguenza che è corretta l'eliminazione "a monte" dei decimali, in quanto il valore indicato deve essere parametrato con il criterio normativo omogeneo per tutte le pene. Nel caso in esame, quindi, deve affermarsi che l'art. 135 c.p. assume natura di norma sostanziale non ex se, ma ripetendola dal carattere sostanziale dell'art. 53 L. 689/1981; attualmente il valore deve essere determinato in euro 38, poiché, com'è noto, l'ultimo valore espresso in lire era di 75.000 pro die (75.000 lire divise per il tasso irrevocabile di conversione fissato in lire 1936,27 = euro 38,73, arrotondati ad euro 38 con l'eliminazione dei decimali).

Questa soluzione rispetta sia la natura sostanzialistica assunta nella specie dal combinato disposto degli artt. 53 L. 689/1981 e 135 c.p., sia la ratio dell'art. 51 D. L.vo 213/1998 che intende dettare, nella materia delle sanzioni, un criterio omogeneo di conversione da lira in euro, sì da eliminare zone di vuoto normativo (l'art. 135 c.p. resterebbe l'unica norma del sistema a prevedere un parametro in lire, o in euro con decimali), disparità di trattamento o incertezza. Nè sembra si possa fondatamente affermare che la somma di 38 euro non rispetterebbe i criteri di "omogeneità, congruità e proporzionalità delle sanzioni", mentre li rispetterebbe quella di 38,73 euro, a cui si perviene applicando il criterio sostenuto dall'orientamento contrario. La questione posta alla base del contrasto giurisprudenziale in esame può, dunque, più precisamente essere così riformulata: "Se, in applicazione dell'art. 51 del D. L.vo 24 giugno 1998, n. 213, la somma prevista dall'art. 135 c.p., ai fini del ragguaglio fra pene pecuniarie e pene detentive, debba essere convertita in euro eliminando i decimali"; a tale quesito deve essere data soluzione affermativa.

Per completezza di valutazione, infine, è interessante notare che l'art. 4 della legge 12 giugno 2003, n. 134, nel riscrivere l'art. 53 della legge n. 689 del 1981, ha previsto un sistema di sostituzione delle pene detentive che conferma la correttezza dei ragionamenti fin qui svolti e delle conclusioni alle quali si è pervenuti.

L'art. 53, comma 2, novellato prevede, invero, che per determinare l'ammontare della pena pecuniaria il giudice deve individuare il valore giornaliero al quale può essere assoggettato l'imputato e lo deve moltiplicare per i giorni di pena detentiva; in tale determinazione tiene conto della condizione economica complessiva dell'imputato e del suo nucleo familiare. La norma stabilisce che, comunque, "il valore giornaliero non può essere inferiore alla somma indicata dall'articolo 135 del codice penale e non può superare di dieci volte tale ammontare".

Data la stretta consequenzialità delle operazioni imposte dall'articolo in esame, è del tutto evidente che l'eliminazione dei decimali deve essere fatta fin dal momento in cui il giudice individua il valore giornaliero della pena pecuniaria a cui può essere assoggettato l'imputato. Nel caso di determinazione di un valore superiore ed autonomo rispetto a quello indicato dall'art. 135 c.p., invero, non avrebbe senso stabilire un valore giornaliero espresso in euro e centesimi ed effettuare l'arrotondamento alla fine di tutti i conteggi; cosicché il trascinamento dei decimali fino al termine dell'operazione di conguaglio resterebbe, ove si seguisse la tesi sostenuta dal ricorrente, soltanto per il valore giornaliero minimo, fissato con riferimento alla somma stabilita dal citato articolo 135. Dalle su esposte argomentazioni discende il rigetto del ricorso.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il giorno 17.11.2004.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 7 DICEMBRE 2004