Potestà dei genitori - Minori - Illecita sottrazione internazionale da parte di uno dei genitori

Famiglia - Potestà dei genitori - Minori - Illecita sottrazione internazionale da parte di uno dei genitori - In tema di sottrazione internazionale di minori, presupposto indispensabile perché possa essere disposto il rimpatrio del minore ai sensi dell'art. 13 della Convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980, è che, al momento del trasferimento, il diritto di affidamento sia effettivamente esercitato dal richiedente, non rilevando ai fini dell'accoglimento della domanda di rimpatrio le cause e le ragioni di tale mancato esercizio. (Nella fattispecie, prima del trasferimento in Italia dei minori dal Regno Unito, luogo di ultima residenza familiare, la coabitazione del padre con i minori era cessata da oltre tre mesi e vi erano state solo due visite del medesimo ai figli nell'indicato periodo.) Corte di Cassazione Sez. 1, Sentenza n. 277 del 07/01/2011

Famiglia - Potestà dei genitori - Minori - Illecita sottrazione internazionale da parte di uno dei genitori - In tema di sottrazione internazionale di minori, presupposto indispensabile perchè possa essere disposto il rimpatrio del minore ai sensi dell'art. 13 della Convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980, è che, al momento del trasferimento, il diritto di affidamento sia effettivamente esercitato dal richiedente, non rilevando ai fini dell'accoglimento della domanda di rimpatrio le cause e le ragioni di tale mancato esercizio. (Nella fattispecie, prima del trasferimento in Italia dei minori dal Regno Unito, luogo di ultima residenza familiare, la coabitazione del padre con i minori era cessata da oltre tre mesi e vi erano state solo due visite del medesimo ai figli nell'indicato periodo.) Corte di Cassazione Sez. 1, Sentenza n. 277 del 07/01/2011

Corte di Cassazione Sez. 1, Sentenza n. 277 del 07/01/2011

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Il P.M. presso il Tribunale per i minorenni di Ancona, su richiesta dell'Autorità centrale istituita ai sensi della Convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980, chiedeva a detto tribunale, a norma della L. n. 64 del 1994, art. 7, l'emissione di un decreto di restituzione al padre, residente nel Regno Unito, sig. T.C.R.W. , dei figli minori T.W.F.C. e F.N.J.

. Ciò in quanto i minori, dopo la cessazione della convivenza "more uxorio" fra il padre e la madre, sig.ra M.T.D..L.B., sarebbero stati da quest'ultima condotti in Italia senza il consenso del padre, in contrasto con la legge inglese sui minori e con l'art. 3 della Convenzione dell'Aja, a norma della quale, in mancanza di un provvedimento giudiziario, il trasferimento del minore in Italia da parte di un genitore titolare della responsabilità parentale su di lui non può avvenire senza il consenso dell'altro. Nel giudizio istituito il sig. T. non si costituiva. Il Tribunale, con decreto depositato il 5 dicembre 2009, respingeva la domanda.

Avverso tale decisione il sig. C.R.W..T. ha proposto ricorso a questa Corte con atto notificato il 19/20 marzo 2010 alla sig.ra M.T.D..L.B. , nonché al P.M. presso il Tribunale per i minorenni di Ancona e al P. G. presso questa Corte.

La sig.ra M.T.D..L.B. resiste con controricorso e ricorso incidentale condizionato notificato il 12 aprile 2010, al quale il ricorrente replica con un proprio controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. I ricorsi vanno riuniti, riguardando lo stesso provvedimento, ai sensi dell'art. 335 c.p.c..
2.1. Con il ricorso principale si denuncia la violazione degli artt. 1, 3, 5, 12 e 13 della Convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980 (integrata del successivo Regolamento CE n. 2201 del 2003). Si deduce che nell'istanza di rimpatrio era stato esposto che i minori erano stati illecitamente trasferiti in Italia nell'aprile del 2009, dopo che la controparte, nel dicembre 2008, aveva immotivatamente scacciato il ricorrente da casa, dove conviveva con lei in Inghilterra, successivamente ostacolando ogni suo contatto con i figli sino al marzo 2009, rientrando poi in Italia in aprile con i minori. Si lamenta che il decreto impugnato abbia rigettato l'istanza di rimpatrio per la mancanza del presupposto dell'effettivo esercizio, da parte dell'istante, dei diritti di custodia sui minori al momento dell'allegata sottrazione, nonostante che egli fosse stato posto dalla controparte nell'impossibilità di tale esercizio, al quale non aveva rinunciato. Si deduce, inoltre, che la decisione sarebbe errata, non avendo il Tribunale accertato quale fosse la residenza abituale dei minori, che dalla documentazione in atti risultava essere in Inghilterra. Accertamento preliminare ad ogni altro, riconnettendosi ad esso l'individuazione della legislazione (inglese o italiana) da applicare per accertare se vi fosse esercizio effettivo dei diritti di custodia, nonché alla valutazione del pregiudizio per i minori derivante dal trasferimento. 2.2.11 ricorso è infondato.

Il decreto impugnato ha respinto l'istanza di rimpatrio dei minori in base alla motivazione che mancava "il presupposto essenziale" richiesto dalla Convenzione dell'Aja "che il trasferimento dei minori dal Regno Unito in Italia ad opera della madre fosse avvenuto non solo in violazione dei diritti di custodia e di affidamento al padre, ma anche dell'effettivo esercizio di questi diritti da parte del ricorrente". In proposito ha accertato in fatto che dal momento della cessazione della convivenza fra i genitori, avvenuta il (omesso) , a quello del trasferimento dei minori in Italia, avvenuto nell'(omesso) , essi avevano vissuto con la madre, mentre il padre viveva in un'altra città e aveva fatto loro visita solo due volte,, cosicché in tale periodo "l'esercizio della responsabilità parentale" era venuto meno. Ha giudicato irrilevante accertare se tale situazione di fatto si fosse verificata per il disinteresse del padre nei confronti dei minori, secondo quanto allegato dalla madre, ovvero per fatti non imputabili al padre o per condotte imputabili alla stessa madre, rilevando ai fini della possibilità di accoglimento della domanda di rimpatrio solo il dato obbiettivo della mancanza, al momento del trasferimento in Italia dei minori, da tre mesi - e senza che il ricorrente si fosse attivato presso le autorità competenti per ottenerne il ripristino - dell'effettivo esercizio dell'affidamento da parte dell'istante. Cioè dell'esercizio di quel complesso di situazioni giuridiche ("tutti i diritti, obblighi, poteri, responsabilità e autorità che la legge attribuisce al genitore di un minore nei confronti di quest'ultimo e dei suoi beni") nel quale si sostanzia la responsabilità parentale ai sensi dell'art. 3, comma 1, della legge inglese sui minori. Il Tribunale ha altresì escluso che il trasferimento in Italia dei minori potesse avere arrecato pregiudizio al loro sviluppo psicofisico, per il venir meno delle relazioni parentali e amicali intrattenute nel Regno Unito, risultando dagli atti che queste, nei mesi antecedenti al XXXX, erano ridotte al minimo.

Il ricorrente censura la decisione, per un verso contestando la ritenuta irrilevanza del fatto, da lui allegato, che il su detto "effettivo esercizio" gli fosse stato impedito dalla controparte; per altro verso deducendo che avrebbe errato il Tribunale nel ritenere la questione relativa all'"effettivo esercizio" pregiudiziale a ogni altra, essendo viceversa pregiudiziale quella - ritenuta dallo stesso Tribunale controversa - relativa all'accertamento della residenza abituale del minore, in quanto ad esso si connette l'individuazione della legislazione (inglese o italiana) da applicare per accertare se vi fosse esercizio effettivo dei diritti di custodia, nonché per la valutazione del pregiudizio per i minori derivante dal trasferimento. Quanto al primo profilo, va considerato che l'art. 13, lett. a) della Convenzione dell'Aja prevede che l'Autorità giudiziaria o amministrativa dello Stato richiesto non è tenuta a ordinare il ritorno del minore qualora chi vi si oppone dimostri che il richiedente "non esercitava effettivamente il diritto di affidamento al momento del trasferimento". Norma questa che si riconnette al precedente art. 3 secondo il quale il trasferimento del minore "è ritenuto illecito" quando "avviene in violazione dei diritti di custodia assegnati ad una persona", "congiuntamente o individualmente, in base alla legislazione dello Stato nel quale il minore aveva la sua residenza abituale immediatamente prima del suo trasferimento", sempre che tali diritti fossero "effettivamente esercitati, individualmente o congiuntamente, al momento del trasferimento del minore".

Diritti di custodia che possono "derivare direttamente dalla legge, da una decisione giudiziaria o amministrativa, o da un accordo in vigore in base alla legislazione del predetto Stato". In forza di tali disposizioni della Convenzione - come ha ritenuto il Tribunale con il provvedimento impugnato e già è stato ripetutamente affermato da questa Corte (Cass. 21 luglio 2006, n. 16831; 10 ottobre 2003, n. 15145; 8 novembre 2001, n. 13823) - presupposto indispensabile perché debba essere ordinato il rimpatrio è che al momento del trasferimento il diritto di affidamento fosse effettivamente esercitato dal richiedente. Effettività che costituisce una situazione obbiettiva - in relazione alla quale non rilevano le cause e le ragioni - il cui accertamento è rimesso al giudice del merito, incensurabile nei suoi aspetti valutativi in questa sede. Con la conseguente infondatezza del primo profilo del motivo.

Quanto al secondo profilo del motivo, va rilevato che, ai sensi dell'art. 3 della Convenzione, altro presupposto indispensabile perché possa essere accolta la domanda di rimpatrio dei minori è costituito dalla circostanza che essi avessero la residenza abituale nel paese dal quale erano stati trasferiti - nel caso di specie il Regno Unito - alla stregua della legislazione del quale, secondo il medesimo art. 3, va verificata l'esistenza dei diritti di custodia del richiedente, il loro contenuto e la loro effettività. Ma nella specie il Tribunale, pur avendo omesso di accertare se i minori, al momento del trasferimento in Italia avessero la residenza abituale nel Regno Unito, ha dato per ammesso che al richiedente spettassero secondo la legge del Regno Unito i diritti di custodia in questione, unitamente alla madre dei minori, ne ha accertato, alla stregua della legislazione di quello Stato il contenuto e, su quella base, ha accertato che al momento del trasferimento in Italia non ne sussisteva l'effettivo esercizio. Con la conseguente inammissibilità del secondo profilo del motivo mancando, in relazione alla complessiva motivazione del provvedimento impugnato, l'interesse del ricorrente alla censura formulata, essendo presenti nella motivazione tutti gli elementi che, ai sensi della Convenzione, comportano il rigetto della domanda di rimpatrio.
3. Il ricorso principale deve quindi essere rigettato, con assorbimento del ricorso incidentale condizionato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.
LA CORTE DI CASSAZIONE
Riunisce i ricorsi. Rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito quello incidentale. Condanna il ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che liquida nella misura di Euro duemilasettecento, di cui Euro duecento per spese vive, oltre spese generali e accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 18 novembre 2010.
Depositato in Cancelleria il 7 gennaio 2011

 

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