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Accertamento di paternita' - Impiego di marcatori molecolari

Accertamento di paternita' - Impiego di marcatori molecolari

Diritto di famiglia - Accertamento di paternità - Impiego di marcatori molecolari (Cassazione - sezione prima civile - sentenza 27 maggio-4 ottobre 2002, n. 14271)

Cassazione - sezione prima civile - sentenza 27 maggio-4 ottobre 2002, n. 14271

Presidente Luccioli - relatore De ChiaraPm Cesqui - conforme - ricorrente Zzzzzzzz - controricorrente Xxxxxxxx

Svolgimento del processo

Con ricorso depositato il 27 aprile 1988 Xxxxxxxxxxxx Xxxxxxxxxx chiese al tribunale di Imperia di ammettere la sua azione di dichiarazione della paternità naturale nei confronti di Giobatta Zzzzzzzz. Il decreto del tribunale che, in esito alle sommarie informazioni assunte, ammise l'azione, venne, su reclamo del Zzzzzzzz, confermato dalla Corte di appello di Genova. Avverso la decisione di quest'ultima il soccombente propose ricorso per cassazione, respinto con sentenza del 29 luglio 1992.

La Xxxxxxxx citò quindi il Zzzzzzzz, sempre davanti al tribunale di Imperia, per sentir dichiarare il suo stato di figlia naturale del convenuto. Il tribunale adito, espletata consulenza tecnica d'ufficio ematologico-genetica sulle parti, integrata da supplemento a seguito di osservazioni svolte dalla parte convenuta, accolse la domanda con sentenza che, gravata dal soccombente, è stata confermata dalla Corte di appello di Genova con sentenza del 5 novembre 1999.
Avverso detta ultima sentenza il Zzzzzzzz propone ricorso per cassazione, articolato in due motivi, cui resiste la Xxxxxxxx con controricorso.
Motivi della decisione1. Va preliminarmente dichiarata l'inammissibilità del controricorso, notificato al ricorrente il 16 giugno 2000, e dunque oltre il termine di cui all'articolo 370, primo comma, c.p.c., scadente il 13 giugno 2000 per essere stato il ricorso notificato il 4 maggio 2000 all'intimata. Il difensore di quest'ultima ha tuttavia legittimamente partecipato alla discussione orale, restando valida la procura rilasciatagli a margine del controricorso.

2. Con il primo motivo il ricorrente denuncia insufficiente e/o contraddittoria e/o illogica motivazione della sentenza impugnata, in relazione all'articolo 360, numero 5, Cpc, dolendosi che la corte di appello abbia accolto le conclusioni della consulenza tecnica di ufficio senza tenere nel debito conto i relativi critici formulati, nel giudizio di primo grado, dai suoi consulenti tecnici di parte, secondo i quali parte delle procedure seguite dal ctu (in sostanza l'utilizzo di determinati marcatori e l'applicazione di un determinato metodo biostatistico, quello cosiddetto di Wong e coll., invece della cosiddetta formula Bayesiana) erano inaffidabili e conseguentemente errate erano le conclusioni.

2.1. Il motivo è infondato.
La sentenza impugnata, invero, argomenta le proprie conclusioni, da un lato, aderendo alla consulenza tecnica di ufficio (in base alla quale non più di cinque persone su un milione potrebbero presentare una compatibilità genetica pari a quella delle parti) e osservando che "il perito è addivenuto alla affermazione della quasi certezza del rapporto di paternità tra le parti dopo aver eseguito le analisi non solo secondo i criteri usualmente applicati nella indagini forensi (gruppo di enzimi eritrocitari), ma anche mediante impiego di marcatori molecolari ad alta variabilità in numero addirittura doppio rispetto a quelli routinariamente utilizzati", e che "il ctu ha altresì dato atto di aver iterato ogni prova tre volte e di aver seguito tutti i criteri, anche attinenti alle modalità e tempi di estrazione dei campioni, idonei a garantire l'affidabilità del risultato"; dall'altro, negando che la validità dell'affermazione cui è pervenuto il ctu sia "scalfita dalle, in verità generiche e poco puntuali, censure svolte dalle due relazioni di parte" allegate dal Zzzzzzzz, ed ha aggiunto che la procedura utilizzata dal ctu è raccomandata dalla Società internazionale di genetica forense, oltre che dalla Società americana di genetica umana, e che la critica mossa all'elaborato peritale dal consulente tecnico di parte appellante - consistente, in buona sostanza, nell'utilizzo, oltre a marcatori in uso nella pratica corrente, anche di ulteriori marcatori normalmente non inseriti nei protocolli di indagine - è inconsistente, atteso che l'uso di una pluralità di marcatori non può che rafforzare gli esiti (convergenti) della prova.
La corte di appello, quindi, si dà carico dei rilievi tecnici del Zzzzzzzz, sia direttamente con specifica motivazione - in particolare sul punto riguardante i marcatori - sia indirettamente, mediante l'adesione alla consulenza di ufficio, costituita anche dal supplemento redatto dal ctu in risposta ai rilievi tecnici di parte, nel quale è espressamente affrontata la questione dell'uso del metodo biostatistico di Wong e coll., invece della formula Bayesiana, ed è confermata la validità del primo.
Che, poi, fossero preferibili le metodologie e le procedure indicate dai consulenti di parte, piuttosto che quelle seguite dal consulente d'ufficio - aspetto cui pure il ricorso fa riferimento - è valutazione scientifica in fatto, riservata al giudizio di merito e non censurabile in sede di legittimità, se immune da vizi logici o giuridici. E i rilievi che il ricorso muove, sul piano della logica, al ragionamento svolto dalla corte di appello non colgono nel segno.
Essi si sostanziano nelle seguenti osservazioni: non ha senso affermare che il ctu ha eseguito una buona prova perché ha usato un numero doppio di marcatori rispetto a quanto egli stesso faccia abitualmente; non ha senso fidarsi delle procedure da lui seguite perché sono state ripetute tre volte, quando è il principio stesso che le ispira ad essere posto in discussione.
Alla prima osservazione va replicato che, se l'uso di un numero doppio di marcatori non può costituire indice esclusivo della buona esecuzione della prova (e infatti la sentenza fa riferimento anche alla validità dei criteri, dei metodi e delle procedure seguiti), certamente esso non è neppure indice della cattiva qualità della prova stessa; alla seconda va opposto che essa non indica alcun vizio logico inerente ai principi e procedure seguiti dal ctu (altra questione è, invece, la pura e semplice preferibilità scientifica dell'una o dell'altra procedura o metodologia, il cui apprezzamento è, come si è detto, riservato al giudizio di merito).

3. Con il secondo motivo, deducendo violazione degli articoli 2697 Cc e 269, ultimo comma, Cc e difetto di motivazione, lamenta il ricorrente:a) che la sentenza abbia ritenuto di trovare conferma delle proprie determinazioni sulla paternità nelle dichiarazioni rese, nella fase preliminare, dalla madre della Xxxxxxxx, che attestò i rapporti intimi avuti con il Zzzzzzzz, e del fratello di lei, Mario De Frateschi, che affermò di avere all'epoca dei fatti proposto all'uomo il "matrimonio riparatore". La violazione dell'articolo 269, ultimo comma, che nega valore probatorio della paternità alle sole dichiarazioni della madre, deriverebbe dal fatto che Mario Xxxxxxxx riferì soltanto quanto appreso dalla sorella, la quale, dunque, resterebbe l'unica fonte di prova;b) che la sentenza non consideri che non risulta neppure che i due testi sopra indicati abbiano, all'epoca, contestato al Zzzzzzzz la sua paternità; che i due parroci che prestarono, all'epoca, il loro ministero nel paese in cui vivevano i protagonisti della vicenda esclusero di aver avuto sentore di relazioni tra la madre della Xxxxxxxx ed il Zzzzzzzz e, in particolare, che quest'ultimo si fosse recato in parrocchia per riconoscere alcunché o richiedere pubblicazioni matrimoniali; che il Zzzzzzzz ha sempre categoricamente escluso di aver avuto una relazione sentimentale o rapporti intimi con la donna.
3.1. Il profilo sub a) non ha fondamento. Basti osservare che non può sostenersi che la sentenza si basi esclusivamente sulle dichiarazioni della madre della Xxxxxxxx, essendo, invece, la stessa fondata anche, e in primo luogo, sulla prova ematologico-genetica. Inoltre non è esatto che Mario Xxxxxxxx abbia riferito soltanto quanto appreso da sua sorella, giacché il teste afferma, invece, una circostanza - l'avere, cioè, proposto al Zzzzzzzz il "matrimonio riparatore" - di cui fu diretto protagonista.
3.2. Il profilo sub b) è pi inammissibile, riguardando l'allegato vizio di motivazione circostanze non decisive. Tali vanno considerate, infatti - alla luce delle residue prove poste a fondamento della sentenza, autonomamente sufficienti a giustificare la decisione e certamente non incompatibili con le circostanze in questione - sia la mancata contestazione al Zzzzzzzz della sua paternità da parte di Mario Xxxxxxxx e di sua sorella (il che, peraltro, non sembra neppure esatto, riferendo la sentenza impugnata che il Xxxxxxxx propose all'uomo il "matrimonio riparatore", il cui presupposto non poteva che essere, appunto, la paternità del figlio della donna), sia l'ignoranza dei rapporti tra l'uomo e la donna da parte dei due parroci. La negazione del Zzzzzzzz di aver avuto rapporti intimi con la madre della resistente costituisce, poi, mera affermazione di parte.
4. Il ricorso va pertanto respinto.
Le spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La corte respinge il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in complessivi euro 2.077,47 di cui 2.000,00 per onorari.