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Maltrattamenti in danno della moglie - plurimi episodi di minaccia, di ingiurie, di aggressioni con lancio di oggetti di cui era rimasta vittima ad opera del marito

Maltrattamenti in danno della moglie - plurimi episodi di minaccia, di ingiurie, di aggressioni con lancio di oggetti di cui era rimasta vittima ad opera del marito - condotta sopraffattrice, aveva finito con imporle un regime di vita mortificante e vessatorio - Il delitto di maltrattamenti sussiste soltanto se l'agente non si limita, per motivi contingenti, a sporadici comportamenti di aggressione fisica o morale del soggetto passivo, ma sottopone questo a una serie di sofferenze fisiche e morali, in modo che i singoli atti siano uniti tanto da un legame di abitualita' (elemento oggettivo) quanto da un'unica intenzione criminosa (elemento soggettivo) (Corte di Cassazione Sezione 6 Penale Sentenza del 24 settembre 2010, n. 34701)

Maltrattamenti in danno della moglie - plurimi episodi di minaccia, di ingiurie, di aggressioni con lancio di oggetti di cui era rimasta vittima ad opera del marito - condotta sopraffattrice, aveva finito con imporle un regime di vita mortificante e vessatorio - Il delitto di maltrattamenti sussiste soltanto se l'agente non si limita, per motivi contingenti, a sporadici comportamenti di aggressione fisica o morale del soggetto passivo, ma sottopone questo a una serie di sofferenze fisiche e morali, in modo che i singoli atti siano uniti tanto da un legame di abitualita' (elemento oggettivo) quanto da un'unica intenzione criminosa (elemento soggettivo) (Corte di Cassazione Sezione 6 Penale Sentenza del 24 settembre 2010, n. 34701)

Corte di Cassazione Sezione 6 Penale Sentenza del 24 settembre 2010, n. 34701


FATTO E DIRITTO

1- La Corte d'Appello di Roma, con sentenza 4/12/2007, riformando la decisione di condanna emessa dal locale Tribunale in data 11/11/2005, assolveva Bo.Lu. dal delitto di maltrattamenti in danno della moglie Bi.Ma. Fe. , commesso tra il **, perche' il fatto non sussiste.

2- Ha proposto ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore munito di procura speciale, la parte civile Bi. Ma. Fe. , denunciando, ai soli fini della tutela dei propri interessi civili, l'erronea applicazione della legge penale con riferimento alla ritenuta insussistenza del reato di maltrattamenti ascritto all'imputato, illecito, invece, conclamato, come evidenziato dal giudice di primo grado sulla base della attendibile prova testimoniale espletata, dai plurimi episodi di minaccia, di ingiurie, di aggressioni con lancio di oggetti di cui era rimasta vittima ad opera del marito, che, con la sua condotta sopraffattrice, aveva finito con imporle un regime di vita mortificante e vessatorio.

3- Il ricorso non e' fondato e deve essere rigettato.

Le doglianze in esso articolate, limitandosi a richiamare astratti principi di diritto in tema di maltrattamenti e a sottolineare che la configurabilita' di tale illecito non necessariamente deve essere collegata a episodi di lesioni o di percosse, ma e' sufficiente una condotta prevaricatrice dell'agente che determini sofferenze fisiche o morali per il soggetto passivo, non colgono nel segno e non pongono in crisi l'articolato e corretto apparato argomentativo su cui riposa la sentenza impugnata.

Questa, infatti, in stretta aderenza alle emergenze processuali, non trascura, innanzi tutto, di considerare che i fatti oggetto di contestazione, con riferimento al breve arco temporale in cui si erano verificati (**), vanno inquadrati in un clima di particolare tensione tra i coniugi, che avevano in corso il giudizio di separazione, e quindi nell'ambito "di un rapporto coniugale fortemente conflittuale, deteriorato da rancori ed incomprensioni sedimentate, da questioni economiche, divergenze sull'educazione impartita e sui rapporti con i figli".

Tutto cio' getta ombre - secondo i giudici di merito - sulla attendibilita' delle accuse formulate dalla Bi. contestualmente all'azione giudiziaria promossa nei confronti del marito per conseguire il possesso dell'abitazione coniugale e la pronuncia della separazione con addebito. Anche in relazione all'attendibilita' della testimonianza d'accusa resa dalla figlia della coppia la sentenza avanza ampie riserve, avendo la teste "mostrato un forte coinvolgimento emotivo ed una evidente solidarieta' con la madre, rivelando sentimenti di acredine e di rancore nei confronti del padre".

In ogni caso, pur a volere ritenere provati i tre o quattro episodi specifici riferiti dalla persona offesa nel suo atto di denuncia, gli stessi non integrano - precisa la sentenza impugnata - il contestato reato di maltrattamenti, perche' sono la chiara espressione reattiva a "situazioni contingenti e particolari" di un rapporto coniugale irrimediabilmente deteriorato, tanto da essersi dato corso alla separazione giudiziale, e non gia' l'indice di una condotta oppressiva e prevaricatoria posta in essere, con abitualita', dall'imputato in danno della moglie.

Tale discorso giustificativo, fondato essenzialmente su una valutazione in fatto, e' persuasivo ed immune da vizi logici e non risponde al vero che la conclusione assolutoria alla quale perviene sarebbe affidata esclusivamente alla constatazione che il soggetto passivo non era stato mai vittima di lesioni o di percosse. A tale argomento la sentenza impugnata fa riferimento non certo per sostenere che soltanto in presenza di tali eventi sarebbe configurabile il reato di maltrattamenti, ma al solo fine di offrire una valutazione complessiva e unitaria del comportamento dell'imputato e degli effetti che ne erano conseguiti, a dimostrazione del fatto che gli episodi presi in considerazione andavano letti e interpretati nel contesto del clima di forte tensione venutosi a determinare tra i coniugi per le ragioni piu' sopra esposte ed avevano avuto carattere sporadico e occasionale in un arco temporale di circa sei mesi.

Il delitto di maltrattamenti sussiste soltanto se l'agente non si limita, per motivi contingenti, a sporadici comportamenti di aggressione fisica o morale del soggetto passivo, ma sottopone questo a una serie di sofferenze fisiche e morali, in modo che i singoli atti siano uniti tanto da un legame di abitualita' (elemento oggettivo) quanto da un'unica intenzione criminosa (elemento soggettivo). Tutti gli episodi che vengono in esame devono essere tra loro connessi e cementati in maniera inscindibile dalla volonta' unitaria persistente e ispiratrice di una condotta criminosa che va oltre il singolo episodio. Trattasi, infatti, di reato a condotta plurima, nel senso che l'insieme delle azioni o delle omissioni dell'imputato deve essere espressione di un comportamento assunto a sistema, con esclusione di qualsiasi comportamento occasionale e ispirato da mero dolo d'impeto.

4- Al rigetto del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.