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Cessazione degli effetti civili del matrimonio  - contributo al mantenimento dei due figli

11/01/2007 Cessazione degli effetti civili del matrimonio  - contributo al mantenimento dei due figli - prova della raggiunta autosufficienza economica del figlio maggiorenne - obbligo dei genitori di concorrere tra loro, secondo le regole dell’articolo 148 c.c., al

Cessazione degli effetti civili del matrimonio  - contributo al mantenimento dei due figli - prova della raggiunta autosufficienza economica del figlio maggiorenne - obbligo dei genitori di concorrere tra loro, secondo le regole dell’articolo 148 c.c., al mantenimento dei figli. Corte di Cassazione - Sentenza 11 gennaio 2007, n. 407

Svolgimento del processo

Con ricorso depositato il 6.10.1997, Aldo F. chiedeva che il Tribunale di Rimini pronunciasse la cessazione degli effetti civili del matrimonio da lui contratto in data 30.11.1993 con Grazia C..

Costituitasi in giudizio, quest’ultima instava, rispetto a quanto concordato in sede di separazione, per l’innalzamento del contributo al mantenimento dei due figli, dovuto dal padre, a lire 1.500.000 mensili, nonché per l’aggiornamento a non meno di lire 800.000 annue del contributo relativo al vestiario dei predetti, oltre al 501/o delle spese mediche e straordinarie inerenti agli stessi.

Il Giudice adito, pronunciata la cessazione degli effetti civili del matrimonio de quo con sentenza non definitiva del 13.1.2000, mediante successiva pronuncia definitiva del 24.1/9.2.2002 affidava quello dei due figli ancora minore alla madre, regolando il diritto di visita dell’altro genitore, assegnava alla medesima la casa familiare e disponeva che il padre contribuisse al mantenimento di entrambi i figli, a decorrere dal febbraio 1998, con la somma mensile di euro 70, poi modificata nell’importo di 700,00 euro a seguito di ricorso per la correzione dell’errore materiale della sentenza anzidetta proposto dalla C..

Avverso la decisione, spiegava appello il F., chiedendo che il contributo al mantenimento venisse determinato esclusivamente a favore del figlio minore D. nella minor somma di euro 300,00.

Resisteva nel grado l’appellata, chiedendo il rigetto del gravame e la conferma dell’impugnata pronuncia.

La Corte territoriale di Bologna, con sentenza in data 19.7/21.9.2002, in parziale riforma di quest’ultima decisione, dichiarava non dovuto l’assegno di mantenimento per il figlio maggiorenne M. a far tempo dall’l. 11.2001 e rideterminava il concorso del F. al mantenimento del figlio minore affidato alla madre in euro 450,00 mensili a far tempo dalla medesima data.

Assumeva detto giudice:

a) che l’assegnazione della casa familiare, della quale il Tribunale non aveva affermato la comproprietà in capo ad ambedue gli ex coniugi, fosse, ad ogni buon conto, sicuramente valutabile anche quale attribuzione economica, risolvendosi la stessa in un risparmio di spese, quanto meno per il canone di locazione;

b) che l’asserzione dell’appellante in ordine alla raggiunta autosufficienza economica del figlio maggiorenne dovesse ritenersi comprovata tramite la dichiarazione dell’esistenza del contratto di lavoro di apprendista presso un albergo della riviera “da soli nove mesi”, contenuta nella comparsa di risposta;

c) che il comprovato svolgimento di attività remunerata sollevasse la controparte dall’onere di ulteriore prova sulla perdurante carenza di autonomia economica del giovane e ponesse a carico della richiedente l’onere, cui la stessa non aveva assolto non risultando fornito il dato relativo alla retribuzione percepita, di comprovare che quest’ultima non comportasse il raggiungimento dell’autosufficienza, a nulla valendo invocare il permanente status di studente per conseguire un ulteriore diploma quando, come nella specie, il ragazzo avesse già raggiunto la condizione di sufficienza economica;

d) che, peraltro, essendo stato indicato cumulativamente in euro 700,00 il contributo dovuto per entrambi i figli, occorresse procedere alla rideterminazione della misura del concorso al mantenimento del solo figlio minore, da ravvisare non nella metà del precedente importo, bensì in euro 450,00, che appariva adeguata alle esigenze del minore stesso ed alle capacità del genitore.

Avverso tale sentenza, ricorre per cassazione il F., deducendo quattro motivi di gravame ai quali resiste con controricorso la C. che, a propria volta, spiega ricorso incidentale affidato ad altrettanti motivi.

Ambo le parti hanno presentato memorie.

Con ordinanza pronunciata all’udienza del 28.11.2005, è stata disposta l’integrazione del contraddittorio nei riguardi del Pm presso il Giudice a quo.

Motivi della decisione

Deve, innanzi tutto, essere ordinata, ai sensi del combinato disposto degli articoli333 e 335 Cpc, la riunione di entrambi i ricorsi, relativi ad altrettante impugnazioni separatamente proposte contro la stessa sentenza.

Occorre, quindi, procedere all’esame del primo motivo del ricorso

incidentale, il quale involge una questione logicamente e giuridicamente preliminare.

Con tale motivo, dunque, lamenta la C.:

a) che la Corte territoriale ha ritenuto non dovuto l’assegno di mantenimento per il figlio M. a far data dall’l. 11.2001 ed ha determinato, in euro 450,00 mensili, il concorso del F. al mantenimento del solo figlio (minore)

b) che detta Corte ha stabilito l’equivalenza assoluta tra il generico contratto di lavoro e l’autosufficienza economica, pur adombrando la possibilità e l’utilità di comprovare che la retribuzione percepita non comporti il raggiungimento dell’autosufficienza, prova che il F. non ha fornito in alcuno dei due gradi di giudizio;

c) che lo stesso Giudice ha fissato la decorrenza della cessazione dell’obbligo in questione a far tempo da nove mesi anteriori alla data di costituzione dell’appellata;

d) che, anche volendo riconoscere il lasso di nove mesi come tempo allora trascorso dalla costituzione del rapporto di lavoro di F. M., ci si chiede come la Corte territoriale possa ammettere e, soprattutto, riconoscere l’autosufficienza economica in capo ad un ragazzo dopo soli nove mesi di lavoro che si basava sulla totale precarietà, laddove, invece, per la medesima Corte, già alla fine del primo mese di lavoro M. era autosufficiente ed in grado di affrontare la vita con le proprie entrate di semplice apprendista.

Il motivo è fondato.

Giova, al riguardo, premettere:

a) che l’obbligo dei genitori di concorrere tra loro, secondo le regole dell’articolo 148 c.c., al mantenimento dei figli non cessa automaticamente con il raggiungimento della maggiore età, ma perdura immutato finché il genitore interessato non provi che il figlio ha raggiunto l’indipendenza economica (o sia stato avviato ad attività lavorativa con concreta prospettiva di indipendenza economica), ovvero finché non sia provato che il figlio stesso, posto nelle concrete condizioni per poter addivenire all’autosufficienza, non ne abbia, poi, tratto profitto per sua colpa (Cassazione 2670/98; 4616/98; 9109/99; 4765/02; 8221/06);

b) che, a questi fini, la mera prestazione di lavoro da parte del figlio occupato come apprendista non è di per sé tale da dimostrarne la totale autosufficienza economica, atteso che il complessivo contenuto dello speciale rapporto di apprendistato (caratterizzato dall’obbligo di istruzione professionale a carico del l’imprenditore, ex articolo 11, lettera “a”, della legge 25/1955, nonché dalla riduzione del tempo di lavoro per effetto della riserva di ore destinate all’insegnamento complementare, ex articolo 10 della menzionata legge 25/1955) si distingue sotto vari profili, anche retributivi, da quello degli ordinari rapporti di lavoro subordinato (Cassazione 8847/96; Su, 486/99), onde, non essendo sufficiente il mero godimento di un reddito quale che sia, occorre altresì la prova del trattamento economico (determinato secondo quanto previsto dall’articolo 11, lettera “c”, della già citata legge 25/1955) percepito nel medesimo rapporto di apprendistato ed, in particolare, dell’adeguatezza di detto trattamento, nel senso esattamente dell’idoneità di quest’ultimo, che pure deve essere proporzionato e sufficiente ai sensi dell’articolo 36 della Costituzione (Cassazione 4212/90), ad assicurare in concreto all’apprendista, per la sua stessa entità e con riferimento anche alla durata, passata e futura, del rapporto (determinata secondo quanto previsto dall’articolo 21, comma 2, della legge 56/1987), l’autosufficienza sopraindicata.

Nella specie, per contro, la Corte territoriale ha dichiarato “non dovuto l’assegno di mantenimento per il figlio M. F. a far tempo dall’1 novembre 2001 “, argomentando nel senso:

a) che l’asserzione in ordine alla raggiunta autosufficienza economica del figlio maggiorenne deve ritenersi comprovata tramite la dichiarazione dell’esistenza del contratto di lavoro di apprendista presso un albergo della riviera “da soli nove mesi”, contenuta nella comparsa di risposta”;

b) che “il comprovato svolgimento di attività remunerata solleva la controparte dall’onere di ulteriore prova sulla perdurante carenza di autonomia economica e pone a carico del richiedente l’onere di comprovare che la retribuzione percepita non comporta il raggiungimento dell’autosufficienza”;

c) che, “al riguardo, la difesa appellata non ha inteso fornire il dato afferente la retribuzione, sottraendosi in tal modo all’onere probatorio”;

d) che “a nulla vale invocare il permanente “status” di studente presso l’Istituto alberghiero per conseguire un ulteriore diploma, quando il richiedente risulta avere già raggiunto la condizione di sufficienza economica”;

e) che la cessazione di detto obbligo va indicata a far tempo da nove mesi anteriori alla data della costituzione dell’appellata”.

Così argomentando, detto Giudice, contravvenendo ai principi sopra riportati, ha trascurato di considerare:

a) per un verso, così incorrendo nel vizio di violazione di legge, che “l’esistenza del contratto di lavoro di apprendista” e, quindi, “il comprovato svolgimento di attività remunerata” non possono, di per sé solamente, costituire prova della “raggiunta autosufficienza economica del figlio maggiorenne” e, perciò, della fondatezza della relativa asserzione dell’odierno ricorrente principale;

b) per altro verso, cosi incorrendo in un ulteriore vizio di violazione di legge, che incombe al medesimo ricorrente principale l’onere di comprovare siffatta autosufficienza economica attraverso la dimostrazione specifica dei profili (retributivi e di durata) caratterizzanti il rapporto di apprendistato in esame, senza possibilità, capovolgendo l’onere de quo, di gravare, invece, l’odierna ricorrente incidentale (ovvero la parte richiedente la determinazione del concorso al mantenimento del figlio maggiorenne ad opera dell’altro genitore) della prova circa la perdurante carenza di autonomia economica del figlio stesso ed, in particolare, circa la mancata idoneità della retribuzione percepita da quest’ultimo a comportare il raggiungimento dell’autosufficienza anzidetta; c) per altro verso, ancora, cosi incorrendo nel vizio di insufficiente motivazione, che “ il permanente “status” di studente presso l’Istituto alberghiero per conseguire un ulteriore diploma, lungi dal risultare ininfluente, cosi come ritenuto dalla Corte territoriale, appare semmai quale circostanza suscettibile di concorrere alla formazione del convincimento del giudice, nel senso di venire apprezzata, fermo l’accollo dell’onere della prova nei termini sopraindicati, ai fini della valutazione in ordine al mancato raggiungimento (o meno) dell’autosufficienza di cui trattasi.

Pertanto, il motivo in esame merita accoglimento, onde, restando assorbiti tutti gli altri, vuoi dello stesso ricorso incidentale vuoi del ricorso principale, siccome relativi ad altrettanti profili (decorrenza delle statuizioni circa il figlio maggiorenne ed il figlio minore; misura del contributo al mantenimento di quest’ultimo; regolamento delle spese di causa) strettamente dipendenti dall’esito, nel giudizio di rinvio, della questione esaminata con il motivo accolto, la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo anzidetto, con rinvio, anche ai fini delle spese del giudizio di cassazione, alla Corte di Appello di Bologna in diversa composizione, affinché tale Giudice provveda a decidere la controversia demandata alla sua cognizione facendo applicazione dei principi sopra enunciati ed apprezzando altresì la circostanza come sopra indebitamente trascurata.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, accoglie il primo motivo del ricorso incidentale, dichiara assorbiti tutti gli altri dello stesso ricorso incidentale nonché del ricorso principale, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche ai fini delle spese del giudizio di cassazione, alla Corte di appello di Bologna in diversa composizione.

Così deciso in Roma il 3 ottobre 2006.DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 11 gennaio 2007.