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Incompetenza per territorio del giudice di pace di Ostia, essendosi il sinistro verificato a Roma

Incompetenza per territorio del giudice di pace di Ostia, essendosi il sinistro verificato a Roma, e quindi al di fuori del territorio della XIII ° Circoscrizione - (Tribunale di Roma - Sezione distaccata di Ostia Sentenza n. 581702)

IN NOME  DEL  POPOLO  ITALIANO

TRIBUNALE  DI   ROMA    SEZIONE DISTACCATA DI OSTIA

N. RG.      DISPOSITIVO    N. 178-02 (sent.227-02)

REPUBBLICA  ITALIANA

Il   Giudice   dott. cons.   Massimo Moriconi 

 nella   causa in grado di

APPELLO

contro la sentenza non  definitiva 279/02 del 4.3.2002  del Giudice di Pace di Ostia

tra

XXX nonché YYY elettivamente domiciliati che li difende e rappresenta per procura in calce all’atto di citazione passivo di primo grado (la prima) e a margine della comparsa di costituzione di primo grado (il secondo)

appellanti

 E

 ZZZ elettivamente domiciliato in via che lo difende e rappresenta per procura in margine all’atto di citazione in appello passivo

appellato

ha emesso la seguente

S  E  N  T  E  N  Z  A

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

Con atto di citazione in appello ritualmente notificato in data 5.4.2002 XXX e YYY si rivolgevano in grado di appello al Tribunale di Roma sezione distaccata di Ostia evocando in giudizio ZZZ  chiedendo che in riforma della sentenza n.  279/02 del 4.3.2002  del giudice di pace di Ostia, fosse rigettata la domanda del ZZZ per incompetenza territoriale del giudice di pace di Ostia.

Il ZZZ resisteva sostenendo l’inammissibilità dell’appello, visto il carattere ordinatorio del provvedimento impugnato nonché per l’intervenuta abrogazione dell’art.42 cpc e chiedendo la conferma del provvedimento impugnato, previa disapplicazione del decreto ministeriale 11.10.2000. 

All’esito della udienza di trattazione e senza necessità di attività istruttoria potendo essere decisa la causa sulla base del materiale documentali in atti, viste le conclusioni dei procuratori delle parti che si riportavano ai rispettivi atti,  il giudice tratteneva all’udienza del 4.7.2002  la causa in decisione con termini di giorni trenta  più venti per il deposito di comparse conclusionali e note di replica.

Il giudice di pace di Ostia emetteva l’impugnata sentenza (sospendendo il giudizio in attesa della decisione sulla questione preliminare di competenza) affermando la sua competenza a decidere la domanda propostagli dal ZZZ pur nell’accertata assenza, al di fuori del legame consistente nella competenza del giudice di pace di Roma, di qualsiasi elemento di fatto che consentisse di dichiarare la competenza del giudice di pace di Ostia.

Ed invero secondo la prospettazione degli appellanti essendo la sede legale della compagnia assicuratrice a Venezia, la residenza del convenuto in Roma piazza Cavour ed il sinistro accaduto in viale Cavour non era possibile radicare legittimamente il processo davanti al giudice di pace di Ostia, essendo per contro competenti solo il giudice di pace di Venezia ovvero quello di Roma.

Preliminarmente va dichiarata l’ammissibilità dell’appello.

Se è vero che avverso le sentenze (che come quella gravata) che decidono solo sulla competenza è previsto il solo mezzo del regolamento, per l’appunto, necessario di competenza, è altresì indubitabile che avverso le sentenze del giudice di pace non è consentito tale mezzo di impugnazione per espresso disposto di legge (art.46 cpc). La tesi che tale norma sia stata abrogata tacitamente dall’art.45 della legge istitutrice del giudice di pace (374/1991) è priva di fondamento come ripetute e note sentenze, a Sezioni Unite, della Cassazione hanno condivisibilmente affermato.

Trattandosi di domanda di valore superiore ai due milioni (giudizio di diritto e non di equità)  il gravame andava pertanto, com’è stato,  proposto all’intestato Ufficio, competente quale giudice di appello.

E’ altresì certo, sulla base di circostanze emergenti dai documenti in atti ovvero da cognizioni assolutamente notorie e da tutti conosciute, che non ricorre alcuno dei fori generali o facoltativi che avrebbero in astratto potuto radicare la competenza del giudice di pace di Ostia, non essendosi verificato il fatto all’interno della XIII° Circoscrizione del Comune di Roma (Ostia) né avendo alcuno dei convenuti sede o residenza in tale Comune (del resto l’appellato si è limitato a blande e generiche contestazioni sul punto senza alcuna concreta contraria allegazione).

E’ opportuno premettere e ricordare la regola universalmente vigente per ogni organo giudiziario di ritenersi competente per territorio allorché il luogo in ragione del quale è determinata la competenza per territorio rientri nella circoscrizione assegnata a quel giudice. A sua volta la determinazione del luogo discende da precise regole generali (cfr. artt. 18 e ss. cpc) che sono espressione  del principio – tipico di ordinamenti democratici – della precostituzione del giudice  (cfr. art.24 della Costituzione Italiana).

Tale regola è sempre operativa anche laddove esistono fori alternativi (ad es. art. 20 cpc) perché anche in questo caso la libertà di scelta dell’organo giudiziario, che può derivare a favore della parte agente dalla concreta situazione dedotta in giudizio, non deve essere mai arbitraria ma  muoversi in un ambito di alternatività  previsto e voluto dalla legge.

La tesi avallata dal giudice di pace di Ostia  si sostanzia viceversa nella presunta totale libertà di scelta che esisterebbe a favore dell’attore che potrebbe adire ad libitum il giudice di pace ostiense ovvero quello romano per affari radicati secondo le regole vigenti di individuazione della competenza territoriale in uno qualsiasi dei due ambiti, la circoscrizione  XIII° ovvero tutte le altre.

Va segnalato che laddove dal contesto normativo al quale occorre fare riferimento residuino  dubbi o incertezze, è assolutamente incontrovertibile che fra le due interpretazioni occorrerà preferire quella più conforme al dettato costituzionale il che conduce senza dubbio ad escludere quella fatta propria dal primo giudice.

Il cui assunto è grave perché (anche se, occorre dire, senza entusiasmo) avalla l’ipotesi che in assenza di qualsiasi criterio prestabilito (ritorna utile l’esempio dell’art.20 cpc), la scelta del foro alternativo secondo tale tesi esistente per il giudice di pace di Ostia e di quello di Roma non sarebbe legata ad un fatto concreto, preesistente alla domanda giudiziale, obiettivabile e controllabile, avente relazione con la natura  o con il  modo di essere dell’obbligazione o prestazione dedotta in giudizio (es. dove è stato concluso il contratto, dove deve essere eseguito e via dicendo) bensì a motivazioni personali ed interne dell’attore che potrebbe scegliere a suo tale piacimento e secondo imperscrutabili ragioni questo o quel giudice secondo  quanto  più gli aggrada; con buona pace di ogni esigenza di trasparenza e limpidezza della giurisdizione.

La tesi propugnata dal giudice di prime cure prende le mosse dal decreto ministeriale del dicembre 2000 per sostenere  che fino al 7.12.2000 data di entrata in vigore del D.M. 11.10.2000 “Modificazione dell’assetto territoriale di taluni uffici giudiziari” la competenza  territoriale di Ostia , sede distaccata dal giudice di pace di Roma, è stata intesa coincidente con quella dell’ufficio principale di Roma nel senso che le cause per le quali l’obbligazione è sorta o deve eseguirsi nello  tesso comune venivano trattare indifferentemente dai giudici di pace di Roma o di Ostia.

Il decreto 7.12.2000, d’altro canto, secondo il primo giudice, sarebbe afflitto, nella sua indicazione di specifiche esclusive competenze per il giudici di pace di Roma e di Ostia, essendo peraltro intervenuto su materia regolata da fonte superiore, da carenza di delega legale.

L’assunto non è condivisibile in quanto muove, con una non esatta interpretazione del significato del decreto in questione, da premesse erronee.

Vale a tale fini ricordare che l’art.2 della legge 21.11.1991 n.374 (istitutiva del giudice di pace) prevede che gli uffici del giudice di pace hanno sede in tutti i capoluoghi dei mandamenti esistenti alla data di entrata in vigore della l.1.2.1989 n.30. Con la procedura dallo stesso articolo prevista possono essere istituite sedi distaccate dell’ufficio del giudice di pace in uno o più comuni del mandamento ovvero in una o più circoscrizioni in cui siano ripartiti i comuni.

La circostanza che nella legge non si parla mai di competenza territoriale dell’ufficio del giudice di pace, all’evidenza non vuol dire che l’ufficio in questione non abbia una sua determinata competenza territoriale.

Diversamente opinando (e qui è l’errore in cui è incorsa la sentenza impugnata e l’orientamento sul quale si basa) occorrerebbe convenire, cosa del tutto assurda, che il giudice di pace di Roma possa avere competenza anche sul territorio di Milano e quello di Siracusa anche sul territorio di Venezia e così via.

Poiché quindi una qualche competenza territoriale, pur nel silenzio della legge, occorre ritenere sia stata implicitamente da questa prevista, non può che convenirsi, cartesianamente, che la competenza territoriale di ciascun ufficio del giudice di pace non possa che corrispondere all’ambito del territorio (comune, comuni, circoscrizione, circoscrizioni, esattamente come stabilito dal cpv dell’art.2 l.cit.) indicato nella legge che l’ha istituita.

Poiché con decreto 3.7.1992 (GU 11.2.1993 serie generale n.34) è stata istituita la sede distaccata dell’ufficio del giudice di pace di Roma in Ostia, tredicesima circoscrizione del comune di Roma  non può esservi il minimo dubbio che da tale data vale quanto testè osservato e quindi che il giudice di pace di Ostia ha competenza territoriale sugli affari (rientranti nella competenza per materia e valore di tale giudice) della XIII° circoscrizione del Comune di Roma e quello di Roma su tutti gli affari del Comune di Roma ad esclusione di quelli della XIII° circoscrizione.

Assumere il contrario equivale ad avallare il paradosso “supra” evidenziato, proiettabile a livello dell’intero territorio nazionale.

Il decreto ministeriale 11.10.2000 pubblicato nella G.U. 273 del 22.11.00 non merita, almeno per quel che ci occupa, le censure di cui è stato fatto oggetto.

A ben leggerlo, la locuzione a titolo ricognitivo, che nell’art.11 dello stesso appare è sufficiente a rendere avvertiti che non di nuove competenze si tratta. Se è vero che il decreto specifica che la competenza territoriale (forza suggestiva delle parole !) degli uffici del giudici di pace compresi nell’ambito del distretto di corte di appello di Roma è riportata dall’allegato 11 al presente decreto non è men vero che tale allegato non presenta sorprese, limitandosi a ribadire che la sede distaccata di Ostia si occupa degli affari relativi alla XIII° Circoscrizione del comune di Roma che è correlativamente esclusa dagli affari del giudice di pace di Roma.

Si può pertanto agevolmente concludere che seppure le norme riguardanti il giudice di pace non parlino espressamente di competenza territoriale cionondimeno tale competenza esiste ed è equivalente e corrispondente al territorio (o ai territori) assegnati dalla legge istitutiva ad un determinato ufficio del giudice di pace. Il decreto del Ministero della Giustizia del 1991 opportunamente chiarificatore è pertanto del tutto legittimo e secundum legem.

Vi è un altro non meno importante argomento che converge sull’inequivocabile competenza territoriale del giudice di pace di Ostia nei termini sopra indicati.

A mente dell’art.43 del RD 30.1.1941 il tribunale ordinario esercita, fra l’altro, la competenza in appello contro le sentenze pronunciate in materia civile (e in forza dell’art.39 del Decr.Legisl.28.8.2000 n. 274 anche in materia  penale)  dal giudice di pace.

L’art.341 cpc dal suo canto stabilisce che l’appello contro le sentenze del giudice di pace si propone rispettivamente al tribunale nella cui circoscrizione ha sede il giudice che ha pronunciato la sentenza.

Ne consegue, senza ombra di dubbio, che competente per l’appello delle sentenze civili e penali del giudice di pace di Ostia è l’intestato Ufficio vale  a dire la sezione distaccata di Ostia.

Tale Sezione,  secondo quanto previsto dall’art.1 comma ottavo del decreto legislativo 3.12.1999 n.491, ha competenza sul territorio della circoscrizione XIII° del comune di Roma.

Ammettere che il giudice di pace di Ostia abbia competenza per l’intero Comune di Roma significherebbe affermare, per insuperabile conseguenza logico giuridica, che anche la Sezione (del Tribunale di Roma) Distaccata di Ostia  abbia, seppure indirettamente in via mediata, competenza sull’intero territorio del Comune di Roma.

Il che è affermazione manifestamente errata e configgente, oltre che con lo spirito della normativa, con il contrario chiaro testo normativo.

Anche per tale verso pertanto si arriva agevolmente ad affermare la presenza di una precisa e determinata competenza territoriale del giudice di pace di Ostia.

Ed infine. A mente dell’art.5 del Decr.Legisl. 28.8.2000 n.274 il luogo della consumazione del reato è quello che determina la individuazione del giudice di pace competente per territorio. Oltre al Pm nei  casi e modi di sua competenza, la parte offesa può nelle ipotesi previste dalla legge (art.21 e 22 decr.legisl.cit.) citare direttamente il responsabile davanti al giudice di pace competente.  Ammettere la tesi fatta propria dal primo giudice significa, per inevitabile conseguenza logica, ammettere che anche nel settore penale vi sia la possibilità di libera scelta del giudice ad opera delle parti (privata e pubblica); conseguenza questa, considerati i valori in gioco, ancor più inaccettabile.

E de hoc satis.

Ben più difficile si presenta l’analisi delle conseguenze dell’errata incardinazione e decisione di un affare presso un giudice di pace non competente ratione territorio.

La Suprema Corte si è occupata del rapporto esistente fra sede principale e sezione distaccata di Tribunale (cfr.Cass.14.6.2001 n.8025 in F.I.2002 I 1122 e ss) enunciando un principio del tutto corrispondente a quello che si era consolidato in precedenza con riferimento al rapporto fra pretura circondariale e relativa sezione distaccata.

In questo come in quel caso la giurisprudenza di legittimità si è  attestata sull’affermazione che non si tratti di competenza in senso proprio perché quest’ultima presuppone che il conflitto sorga fra diversi uffici giudiziari, mentre nel caso del rapporto sede principale – sezione distaccata di tribunale si rimane nell’ambito di uno stesso ufficio giudiziario.

L’affermazione è condivisibile ma solo in parte ed a patto di coglierne le ragioni di fondo che evidentemente la sorreggono.

Si potrebbe invero e per contro ragionevolmente affermare che laddove la legge (e non atti interni del capo dell’Ufficio) con esplicita previsione delinea distinti e autonomi ambiti territoriali di attribuzione di affari negare che si tratti, sia pure all’interno dello stesso Ufficio Giudiziario, di questione di competenza territoriale è impresa ardua, anche perché  nel vuoto lasciato dalla negazione è difficile, escluso il concetto di competenza territoriale, introdurre altro più acconcio concetto.

In realtà l’affermazione della S.C. deriva evidentemente dal modo in cui è costruito dalla legge il sistema di accertamento e  sanzionatorio del conflitto di cui trattasi.

L’art.83  ter att.cpc (e analogamente per il penale l’art.163 bis att. cpp) dispone (in modo analogo nello spirito ma non identico nella forma a quanto previsto per la pretura circondariale e le sue sezioni) che l’inosservanza delle disposizioni di ordinamento giudiziario relative alla ripartizione tra sede principale e sezioni distaccate o tra diverse sezioni distaccate nelle cause nelle quali il tribunale giudica in composizione monocratica è rilevata no oltre l’udienza di prima comparizione. Il giudice, se ravvisa l’inosservanza o ritiene comunque non manifestamente infondata la relativa questione, dispone la trasmissione del fascicolo d’ufficio  al presidente del tribunale che provvede con decreto non impugnabile.

E’ questa la chiave di volta che consente di comprendere perché non si tratta di vera e propria competenza territoriale. E non lo è per la semplice ragione che altra  e diversa è la disciplina codicistica dettata per l’incompetenza territoriale rispetto a quella, più blanda, dettata dalla l.51/98 per i rapporti fra sede principale e sezione di tribunale in funzione monocratica.

Ed infatti diversamente opinando  - e ritenendo la competenza per territorio in senso proprio - si sarebbe attribuito al vizio di radicazione, ratione territorio, di una causa nella sede principale o nella  sede distaccata dello stesso tribunale (per quanto riguarda la materia di competenza del giudice monocratico), una valenza addirittura superiore a quella prevista per l’incompetenza territoriale fra due tribunali diversi (regole codicistiche più subprocedimento previsto dalle citate norme di attuazione).

In definitiva dunque si può affermare che pur essendo attribuita alla sezione distaccata una sua autonoma competenza territoriale (e su questo va precisata la tesi della Suprema Corte) posto che non si vede proprio cos’altro sia se non competenza territoriale quella assegnata alla sezione distaccata dalla legge (che in effetti parla proprio di competenza territoriale, cfr. art.48 quater dell’O.G. come modificato dal decr.legisl.51/1998 ovvero addirittura di  giurisdizione, cfr. comma ottavo dell’art.1 del decr.legisl. 491/1999), va altresì preso atto che le conseguenze della violazione dei  criteri di attribuzione degli affari, ratione territorio, sono in questo caso diversee più blande di quelle previste nel caso in cui si verta in tema di competenza territoriale di tribunali diversi.

Per questo motivo si deve ritenere che la violazione da parte del Giudice (che erroneamente non trasmetta il fascicolo al Presidente del tribunale) o del Presidente del tribunale (che emetta un decreto in violazione) dei criteri di cui all’art.48 quater d.l.cit.non possa essere fatta valere in alcun modo.

Non quindi perché la sezione non abbia una sua competenza territoriale (è l’esatto contrario) ma solo in quanto il legislatore, in un ambito di discrezionalità non irragionevole, ha normato le conseguenze per la violazione dei criteri di ripartizione degli affari fra sede principale e sezione distaccata nel modo esaustivo che si è visto.

Quanto precede è pertinente al discorso che ci occupa di cui costituisce una indispensabile premessa.

Il rapporto esistente fra sede principale e sezione distaccata di tribunale non è omologo a quello fra ufficio del giudice di pace di Roma e giudice di pace di Ostia.

Si tratta, quanto a questi ultimi,  di uffici distinti ed autonomi ed a ciò non deve fare velo la circostanza che quello di Ostia sia sede distaccata del giudice di pace di Roma.

L’ufficio del giudice di pace di Ostia ha un suo coordinatore (art.15 l.374/1991) così come ha un coordinatore il giudice di pace di Roma. La sezione distaccata del tribunale ha un coordinatore che non è il presidente del tribunale che è unico per entrambi gli uffici.

Né per il giudice di pace  è stato istituito  dalla legge un subprocedimento del genere di quelli di cui agli artt.83  ter att.cpc e 163 bis att. cpp né è pensabile ad una applicazione analogica per la quale mancano i presupposti di eadem ratio:  ed infatti da una parte il coordinatore del giudice di pace di Roma (e reciprocamente) non ha una posizione sovraordinata rispetto a quello di Ostia tale da consentirgli la risoluzione di conflitti, dall’altro, benché tale ultima osservazione sia all’evidenza assorbente, non è possibile in via analogica applicare  disposizioni come quelle in esame che prevedono preclusioni – non previste espressamente dalla legge- all’attività del giudice e delle parti.

Ne consegue che, a differenza del giudice monocratico di tribunale (in ciò precluso dalle norme di cui agli artt. 83  ter att.cpc e 163 bis att.)   può accadere che il giudice di pace, con la sentenza resa, per quanto ci occupa, affermi o neghi la sua competenza.

Avverso tale sentenza devesi ammettere, de plano e senza forzature, la possibilità di appello (salvo il giudizio di equità), in ordine alla cui ammissibilità non esiste all’evidenza alcun ostacolo né di principio né di fatto, e la possibilità conseguente che, laddove non sia ravvisata la affermata competenza, il giudice del gravame lo dichiari indicando il giudice competente per il giudizio.

Si potrebbe obiettare che così opinando le conseguenze della violazione dei criteri di ripartizione fra giudici di pace e tribunale, in relazione a situazioni che presentano aspetti di somiglianza, ufficio principale e ufficio distaccato, sono non solo diverse ma più severe per il giudice di pace.

Per contro va rilevato che al di là di taluni aspetti di contatto (o forse meglio di assonanze verbali) si tratta, come si è visto, di  situazioni affatto diverse dal punto di vista normativo ed ordinamentale.

In più e si tratta di rilievo non secondario, solo attraverso  la esposta ricostruzione si perviene ad una soluzione conforme al dettato costituzionale tale da escludere che una parte possa scegliersi a piacere, al di fuori di qualsiasi criterio prestabilito astrattamente e preventivamente dalla legge,  l’ufficio giudiziario ed in definitiva il giudice che più gli aggrada.

In assenza di un qualsiasi  meccanismo di controllo (qual è quello configurato per il tribunale e le sue sezioni distaccate dagli articoli delle norme di attuazione citate) infatti, si ricadrebbe, nell’ambito  degli uffici del giudice di pace, nel più totale arbitrio con la sovranità assoluta di una parte di imporre a tutte le altre ed al giudice stesso la sua scelta territoriale anche quando in plateale conflitto con le indicazioni di legge (occorre dire, come nel caso in esame).

La riassunzione del giudizio davanti al giudice indicato impedisce ai sensi dell’art. 44 cpc eventuali ulteriori dilazioni per la decisione nel merito.

Ricorrono evidenti motivi di equità (novità del decisum) per compensare le spese di causa.

La sentenza  è per legge esecutiva.-

P.Q.M.

definitivamente pronunziando, ogni contraria domanda eccezione e deduzione respinta, così provvede in totale riforma della sentenza non  definitiva 279/02 del 4.3.2002  del giudice di pace di Ostia :

  • ·     DICHIARA il giudice di pace di Ostia carente di competenza territoriale e per l’effetto concede termine di gg.30 per la riassunzione della causa davanti al giudice di pace di Venezia o di quello di Roma;
  • ·     COMPENSA le spese;
  • ·     SENTENZA esecutiva.-                        
  • ·     Ostia lì 17.10.2002              
Il Giudice

dott.cons.MassimoMoriconi

DEPOSITATA IN DATA 21.10.2002

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Competenza

Incompetenza

Valore

Territorio

Funzionale