Pubblicita' ingannevole - messaggi pubblicitari diffusi

Pubblicita' ingannevole - messaggi pubblicitari diffusi - pubblicita' ingannevole ai sensi e per gli effetti dell’articolo 1 e ss. D.lgs 74/1992 - tutela cautelare ai sensi degli articoli 3, comma 6, della legge281/98 e 669bis e ss. Cpc. - giurisdizione del

Pubblicità ingannevole - messaggi pubblicitari diffusi - pubblicità ingannevole ai sensi e per gli effetti dell’articolo 1 e ss. D.lgs 74/1992 - tutela cautelare ai sensi degli articoli 3, comma 6, della legge 281/98 e 669bis e ss. Cpc. - giurisdizione del giudice ordinario - Associazione Movimento Consumatori (Cassazione – Sezioni unite civili – ordinanza 2-28 marzo 2006, n. 7036)

Cassazione – Sezioni unite civili – ordinanza 2-28 marzo 2006, n. 7036

Ritenuto in fatto

1. Con atto di citazione notificato il 29 ottobre del 2003 l’Associazione Movimento Consumatori convenne innanzi al Tribunale di Torino la Sas Education Scuola & Lavoro di Passerone Franco chiedendo che fosse dichiarato che «i messaggi pubblicitari diffusi dalla convenuta e prodotti in atti costituiscono pubblicità ingannevole ai sensi e per gli effetti dell’articolo 1 e ss. D.lgs 74/1992», che fosse inibito «ai sensi dell’articolo 3 lettera a), legge 281/98 l’utilizzo dei messaggi pubblicitari di ci in atti», che la convenuta fosse condannata «ai sensi dell’articolo 3, lettera b) legge 281/98 ad adottare le misure idonee a correggere od eliminare gli effetti dannosi delle violazioni de quibus secondo le modalità accertande e determinande», che fosse ordinata la pubblicazione per estratto della sentenza ai sensi dell’articolo 3, lettera c) della legge 281/98 e che, infine la Education fosse condannata al risarcimento del danno, in favore dell’attrice, derivante dalla lesione degli interessi collettivi dei consumatori.

Con ricorso del 4 novembre 2003 l’Associazione attrice richiese in corso di causa la tutela cautelare ai sensi degli articoli 3, comma 6, della legge 281/98 e 669bis e ss. Cpc.

Con ordinanza depositata il 22 dicembre 2003 il giudice singolo del tribunale rigettò le istanze cautelari per essere il giudice ordinario carente di giurisdizione in ordine alle domande proposte. Osservò che, vertendosi in ipotesi di pubblicità ingannevole, i provvedimenti richiesti avrebbero potuto essere adottati solo dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.

L’associazione ricorrente propose reclamo ex articolo 669terdecies Cpc ed il tribunale in composizione collegiale lo ha rigettato con ordinanza 23-30 gennaio 2004, confermando il provvedimento impugnato.

2. Ha rilevato il tribunale che l’articolo 7 del D.Lgs 74/1992 riserva la tutela in materia di pubblicità ingannevole all’Agcm (avverso le cui decisioni è ammesso solo il ricorso al giudice amministrativo) e che è ininfluente che il quattordicesimo comma dello stesso articolo (introdotto dall’articolo 5 del D.Lgs 67/2000) richiami, per la tutela degli interessi collettivi dei consumatori e degli utenti, l’articolo 3 della legge 281/98. Ciò in quanto l’articolo 3 citato, prevedendo che le associazioni dei consumatori e degli utenti sono legittimate ad agire innanzi al “giudice competente”, non precisa tuttavia di quale giudice si tratti; sicché occorre pur sempre aver riguardo, per individuarlo, al tredicesimo comma dell’articolo 7 del D.Lgs 74/1992, che fa salva la giurisdizione del giudice ordinario in materia di atti di concorrenza sleale e, quanto alla pubblicità comparativa, per gli atti compiuti in violazione della legge sul diritto di autore, del marchio d’impresa, di denominazioni di origine riconosciute e protette in Italia e di altri segni distintivi di imprese, beni e servizi concorrenti. Il richiamo all’articolo 3 della legge 281/98 avrebbe dunque il solo significato dell’attribuzione anche alle associazioni dei consumatori e degli utenti della legittimazione ad agire innanzi al giudice ordinario in materia di atti di concorrenza sleale (anche in deroga all’articolo 2601 Cc) e negli altri casi sopra indicati; mentre, tema di pubblicità ingannevole, le associazioni dei consumatori potrebbero comunque rivolgersi esclusivamente all’Autorità garante e, in seconda battuta, al Tar.

Se si ragionasse diversamente - continua il tribunale - si determinerebbe un’ingiustificata disparità di trattamento tra le associazioni dei consumatori da una parte, e tutti gli altri soggetti (singoli consumatori, imprenditori, etc.) dall’altra. Solo i primi, infatti, potrebbero scegliere se domandare la tutela al giudice ordinario o all’Autorità, mentre tutti gli altri sarebbero “tenuti a seguire la regola della ripartizione tra le due giurisdizioni in base all’oggetto del contendere”.

3. Rinviata la causa all’udienza del 7 aprile 2004 per gli incombenti di cui all’articolo 183 Cpc, l’Associazione Movimento Consumatori ha proposto regolamento preventivo di giurisdizione con ricorso notificato il 6 aprile 2004, illustrato anche da memoria.

La società intimata non ha svolto attività difensiva.

Il Pm, nelle sue conclusioni scritte, ha chiesto che sia affermata la giurisdizione del giudice ordinario sui rilievi che l’articolo 7 del D.Lgs 74/1992, come sostituito dall’articolo 5 del D.Lgs 67/2000 (poi modificato con legge successiva all’introduzione del giudizio, dunque ininfluente ex articolo 5 Cpc) prevede espressamente che per la tutela degli interessi collettivi dei consumatori e degli utenti si applichi l’articolo 3 della legge 281/88; che tale articolo a sua volta prevede che le associazioni iscritte nell’elenco di cui all’articolo 5 possono agire direttamente davanti al “giudice competente”; che tale giudice non può essere che quello ordinario in relazione alla, natura di diritto soggettivo dell’interesse tutelato; che a tale conclusione non osta l’eventuale (in relazione alla previsione di cui all’ultimo comma dell’articolo 3 della legge 281/98) diversità di trattamento tra le associazioni ed i singoli, quale prospettata dal tribunale nella decisione sul reclamo, in quanto la natura collettiva dell’interesse tutelato può, sul piano della ragionevolezza, giustificare la scelta del legislatore.

Considerato in diritto

1. Va pregiudizialmente rilevato che il regolamento è ammissibile in quanto, come costantemente affermato da queste sezioni unite (ex multis, nn. 14070/03, 17078/03, 8212/05, 16603/05), la proposizione del regolamento preventivo di giurisdizione non è preclusa dalla circostanza che il giudice adito per il merito abbia provveduto su una richiesta di provvedimento cautelare, pur se ai fini della pronuncia abbia risolto in senso negativo una questione attinente alla giurisdizione, ovvero sia intervenuta pronunzia sul reclamo avverso il provvedimento cautelare, in quanto il provvedimento reso sull’istanza cautelare non costituisce sentenza e la pronunzia sul reclamo mantiene il carattere di provvisorietà proprio del provvedimento cautelare.

2. Deve poi osservarsi preliminarmente che, alla stregua del principio posto dall’articolo 5 Cpc, secondo il quale la giurisdizione e la competenza si determinano con riguardo alla legge vigente al momento della proposizione della domanda, non assume rilievo che tutte le norme che vengono in considerazione non siano più vigenti dall’entrata in vigore del D.Lgs 206/05 (recante “Codice del consumo, a norma dell’articolo 7 della legge 229/03”), il cui articolo 146 ha abrogato il D.Lgs 74/1992, la legge 281/98 ed il D.Lgs 67/2000; ed i cui articoli 139 e 140 prevedono, peraltro, la legittimazione delle associazioni dei consumatori e degli utenti inserite nell’elenco di cui all’articolo 137 di agire innanzi al tribunale per la tutela degli interessi collettivi.

3. La questione posta col regolamento va risolta nel senso della sussistenza della giurisdizione. del giudice ordinario a conoscere della domanda, con la quale l’associazione dei consumatori attrice, inserita nell’elenco di cui all’articolo 5 della legge 281/98, aveva domandato l’inibizione degli atti di pubblicità ingannevole e la condanna della società che li aveva posti in essere al risarcimento del danno.

L’articolo 7 del D.Lgs 74/1992 (recante “Attuazione della direttiva 84/450/CEE in materia di pubblicità ingannevole. Ecologia”) come sostituito dall’articolo 5 del D.Lgs 67/2000 (recante “Attuazione della direttiva 97/55/CE, che modifica la direttiva 84/450/CEE, in materia di pubblicità ingannevole e comparativa. Ecologia”) sotto la rubrica “tutela amministrativa e giurisdizionale” prevede, al quattordicesimo comma (introdotto con D.Lgs 67/2000 e che non compariva nel testo originario), che “per la tutela degli interessi collettivi dei consumatori e degli utenti derivanti dalle disposizioni del presente decreto si applica l’articolo 3 della legge 281/98” (recante “Disciplina dei diritti dei consumatori e degli utenti. Ecologia”).

Tale disposizione stabilisce, al primo comma, che le associazioni dei consumatori e degli utenti inserite nell’elenco di cui all’articolo 5 sono legittimate ad agire a tutela degli interessi collettivi richiedendo al giudice competente tutto quanto nella specie domandato dall’associazione attrice.

Ora, che per “giudice competente” non possa intendersi l’Autorità garante della concorrenza e del mercato direttamente discende dal rilievo che l’Autorità istituita dall’articolo 10 della legge 287/90 non è un giudice, com’è stato in ogni sede correttamente ritenuto (Corte di giustizia, sentenza 31 maggio 2005, in causa C-53/03; CdS, Sezione sesta, 2199/02), ma un’amministrazione dello Stato ad ordinamento autonomo (CdS, Sezione prima, 260/99).

Né un’interpretazione della norma che si risolva nel riconoscimento alle associazioni dei consumatori della possibilità di chiedere la tutela inibitoria all’Autorità ovvero al “giudice competente” appare in contrasto con le norme comunitarie in materia di pubblicità ingannevole. La citata direttiva 84/54/CEE prevede infatti, all’art. 4, comma 1, che i mezzi da apprestare dagli Stati membri “per combattere la pubblicità ingannevole e garantire l’osservanza delle disposizioni in materia di pubblicità comparativa nell’interesse sia dei consumatori che dei concorrenti e del pubblico in generale” possono comportare la possibilità, per persone o organizzazioni aventi un legittimo interesse di “(a) promuovere un’azione giudiziaria contro tale pubblicità e/o (b) sottoporre tale pubblicità al giudizio di un’autorità amministrativa competente a giudicare in merito ai ricorsi Agli Stati membri era dunque data la possibilità di prevedere forme di tutela affidate sia in via esclusiva all’autorità amministrativa, sia in via esclusiva all’autorità giudiziaria, sia all’una “e” all’altra.

Conclusione questa ulteriormente avallata dal disposto dell’articolo 7 della stessa direttiva, il quale prevede che essa non si oppone al mantenimento o all’adozione da parte degli Stati membri di disposizioni che abbiano lo scopo di garantire una più ampia tutela, in materia di pubblicità ingannevole, dei consumatori, delle persone che esercitano un’attività commerciale, industriale, artigianale o professionale, 224/01) prevede che la legge si applichi nelle ipotesi di violazioni degli interessi collettivi dei consumatori contemplati nelle direttive europee di cui all’allegato; allegato che, fra le tante, menziona anzitutto la direttiva cui si sta facendo riferimento, attuata con D.Lgs 74/1992.

4. Non appare poi dubitabile che il “giudice competente” cui si riferisce l’articolo 3 della legge 281/98 debba essere individuato, in mancanza di diversa disciplina, in quello ordinario, in relazione alla natura di diritto soggettivo (sia pure collettivo) dell’interesse tutelato, non essendo configurabili ipotesi di subordinazione di tale interesse a quello generale, con conseguente qualificazione della situazione giuridica tutelata come interesse legittimo.

La stessa legge 281/88 qualifica del resto come fondamentale il diritto dei consumatori e degli utenti “ad una adeguata informazione e ad una corretta pubblicità” (articolo 1, comma 2, lettera “c”).

5. Va infine osservato che non appare irragionevole - come ritenuto dal tribunale - la diversità di trattamento tra il singolo consumatore,’ che può rivolgersi solo all’Autorità garante della concorrenza e del mercato per richiedere l’inibizione degli atti di pubblicità ingannevole (ex articolo 7 del D.Lgs n. 74/1992, come sostituito dall’articolo 5 del D.Lgs n. 67/2000), e le associazioni dei consumatori e degli utenti iscritte nell’elenco di cui sè detto, che per l’a tutela inibitoria. degli interessi collettivi possono rivolgersi sia alla predetta Autorità (ai sensi dell’articolo 7 citato) che al giudice ordinario (ex articolo 3 della legge 281/98).

Per un verso, invero, è stato chiarito che gli interessi diffusi (in quanto pertinenti alla sfera soggettiva di più individui in relazione alla loro qualificazione o in quanto considerati nella loro particolare dimensione) sono “adespoti” e possono essere tutelati in sede giudiziale solo in quanto il legislatore attribuisca ad un ente esponenziale la tutela degli interessi dei singoli componenti una collettività, che così appunto assurgono al rango di interessi “collettivi”.

Per altro verso, l’esclusione dell’accesso dei singoli alla tutela giudiziale appare giustificata dall’esigenza di evitare che una pluralità indefinita di interessi identici sia richiesta con un numero indeterminato di iniziative individuali seriali miranti agli stessi effetti, con inutile aggravio del sistema giudiziario e conseguente dispersione di una risorsa pubblica; e con frustrazione, inoltre, dell’effetto di incentivazione dell’aggregazione spontanea di più individui in un gruppo esponenziale. Il che, soprattutto in sistemi cui è ignota la tutela dei diritti individuali omogenee da parte di singoli (invece tipica delle class actions nelle quali il costo del processo non è però sopportato in proprio dall’attore), vale anche ad equilibrare l’entità delle risorse che ciascuna parte ha interesse ad investire nella controversia.
6. Le spese del regolamento possono essere compensate.

PQM

La Corte di cassazione a Su dichiara la giurisdizione del giudice ordinario in ordine alla causa promossa innanzi al tribunale di Torino dall’Associazione Movimento Consumatori nei confronti della Sas Education Scuola & Lavoro di Passerone Franco con atto di citazione notificato il 29 ottobre del 2003;
compensa le spese del regolamento.



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