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Impugnazioni civili - impugnazioni in generale - cause scindibili e inscindibili - in genere - Corte di Cassazione Sez. 3, Sentenza n. 1535 del 26/01/2010

Litisconsorzio necessario processuale - Configurabilità - Condizioni - Mancata integrazione del contraddittorio - Conseguenze - Nullità dell'intero procedimento e della sentenza - Rilevabilità d'ufficio in sede di legittimità - Sussistenza - Fattispecie.

L'obbligatorietà dell'integrazione del contraddittorio nella fase dell'impugnazione, al fine di evitare giudicati contrastanti nella stessa materia e tra soggetti già parti del giudizio, sorge non solo quando la sentenza di primo grado sia stata pronunciata nei confronti di tutte le parti tra le quali esiste litisconsorzio necessario sostanziale e l'impugnazione non sia stata proposta nei confronti di tutte, ma anche nel caso del cosiddetto litisconsorzio necessario processuale, quando l'impugnazione non risulti proposta nei confronti di tutti i partecipanti al giudizio di primo grado, sebbene non legati tra loro da un rapporto di litisconsorzio necessario, sempre che si tratti di cause inscindibili o tra loro dipendenti (art. 331 cod. proc. civ.), nel qual caso la necessità del litisconsorzio in sede di impugnazione è imposta dal solo fatto che tutte le parti sono state presenti nel giudizio di primo grado. Ne consegue che, in entrambe le ipotesi, la mancata integrazione del contraddittorio nel giudizio di appello determina la nullità dell'intero procedimento di secondo grado e della sentenza che lo ha concluso, rilevabile d'ufficio anche in sede di legittimità. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di appello che, in un caso di dipendenza di cause, determinato dalla contestazione tra più soggetti circa l'individuazione dell'unico obbligato a seguito di successione a titolo particolare nel diritto controverso, non aveva provveduto ad integrare il contraddittorio nei confronti di una delle parti, già presente in primo grado e non estromessa, sulla cui posizione di legittimata passiva si discuteva).

Corte di Cassazione Sez. 3, Sentenza n. 1535 del 26/01/2010