Negozio su strada con insegna con caratteri vistosi - Alt Assistenza legale per tutti - Prima consulenza gratuita - Sanzione Censura confermata dalla Cassazione

Non costituisce una intesa restrittiva della concorrenza la delibera del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati che ha punito due avvocati che svolgevano la professione secondo modalità non conformi alla correttezza ed al decoro imposti dal codice deontologico forense - Provvedimento dell' AUTORITÀ GARANTE DELLA CONCORRENZA E DEL MERCATO Provvedimento n. 24553 del 17 ottobre 2013

AUTORITÀ GARANTE DELLA CONCORRENZA E DEL MERCATO Provvedimento n. 24553  - I719 - ALT/ORDINE DEGLI AVVOCATI DI BRESCIA
L’AUTORITÀ GARANTE DELLA CONCORRENZA E DEL MERCATO NELLA SUA ADUNANZA del 17 ottobre 2013;
SENTITO il Relatore Dottor Salvarore Rebecchini;
VISTA la legge 10 ottobre 1990, n. 287;
VISTO il D.P.R. 30 aprile 1998 n. 217;
VISTA la propria delibera del 18 giugno 2009, con la quale è stato avviato un procedimento istruttorio, ai sensi dell’articolo 14 della legge n. 287/90, nei confronti del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Brescia, volto ad accertare l’esistenza di violazioni dell’articolo 2 della legge n. 287/90;
VISTI i propri provvedimenti del 19 maggio 2010, del 24 novembre 2010, del 28 giugno 2011, del 28 marzo 2012, dell’11 giugno 2013 con cui il termine di conclusione del procedimento è stato prorogato al 31 ottobre 2013;
VISTA la comunicazione delle risultanze istruttorie, trasmessa alle parti in data 16 luglio 2013;
VISTI tutti gli atti del procedimento;
CONSIDERATO quanto segue:
I. LE PARTI
I segnalanti
1. I segnalanti sono due avvocati iscritti all’Albo tenuto dal Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Milano (di seguito, CdO di Milano), titolari dello studio legale “A.L.T. – Assistenza Legale per Tutti”, ora denominato “A.L. – Assistenza Legale”, sito a Milano.
Il segnalato
2. Il Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Brescia (di seguito, anche CdO di Brescia) è l’organo istituito presso il Circondario del Tribunale di Brescia che rappresenta a livello territoriale l’Ordine degli Avvocati. Come ogni Consiglio dell’Ordine degli avvocati, il CdO di Brescia viene rinnovato ogni due anni e ha, quali organi indefettibili, un Presidente (eletto dal Consiglio a maggioranza assoluta), un Segretario e un Tesoriere. Il CdO ha poteri deliberativi, consultivi, di vigilanza, nonché un limitato potere impositivo. Il CdO di Brescia, in particolare, cura la tenuta dell’albo degli avvocati iscritti all’Ordine di Brescia e svolge anche funzioni disciplinari nei confronti dei propri iscritti.
II. L’ATTIVITÀ ISTRUTTORIA
3. Con comunicazione del 24 marzo 2009, integrata nelle date 2 aprile e 15 maggio 2009, è stato segnalato, per presunta violazione delle regole della concorrenza, il comportamento del CdO di Brescia, consistente nell’avere adottato un provvedimento disciplinare di censura1 nei confronti degli avvocati segnalanti. In particolare, ai segnalanti è stata contestata la contrarietà alle norme del Codice deontologico forense dell’iniziativa “A.L.T. Assistenza legale per tutti”, caratterizzata da alcuni elementi di innovazione quali lo svolgimento dell’attività professionale in uno studio posto sulla pubblica via che si presentava con la suddetta denominazione, considerata eccessivamente suggestiva, e si promuoveva offrendo una “Prima Consulenza Gratuita”.
4. In data 18 giugno 2009 l’Autorità ha avviato il presente procedimento volto a verificare se la condotta del CdO di Brescia costituisse un’intesa vietata, ai sensi dell’articolo 2 della legge n. 287/902.
5. Con comunicazioni pervenute il 4 agosto 2009, i CdO di Barcellona Pozzo di Gotto, Bergamo, Crema, Milano, Trieste e Udine hanno chiesto di partecipare al presente procedimento, in qualità di soggetti interessati ex articolo 7, comma 1, lettera b), D.P.R. n. 217/983. Le istanze di partecipazione sono state accolte in data 31 agosto 20094.
6. Il CdO di Brescia è stato sentito in audizione il 3 settembre 20095, ha più volte esercitato il diritto di accesso agli atti del fascicolo I7196 e ha presentato memorie difensive nelle date 31 agosto 20097 e 5 novembre 20128.
7. I segnalanti hanno esercitato il diritto di accesso agli atti del fascicolo il 16 ottobre 20099 e sono stati sentiti in audizione l’11 novembre 200910.
8. Il CdO di Milano, ammesso a partecipare ex articolo 7 D.P.R. 217/98, ha effettuato un accesso agli atti il 25 settembre 200911 e presentato memorie difensive nelle date 22 gennaio12 e 14 dicembre 201013.
9. Nel corso dell’istruttoria, inoltre, sono state inviate numerose richieste di informazioni alle Parti, ai soggetti partecipanti al procedimento ex articolo 7 D.P.R. n. 217/98, nonché ad altri soggetti ritenuti in possesso di documentazione rilevante ai fini della valutazione della fattispecie oggetto del procedimento.
10. Il presente procedimento è stato prorogato da ultimo al 31 ottobre 201314.
11. In data 16 luglio 2013, l’Autorità ha autorizzato l’invio della comunicazione delle risultanze istruttorie alle Parti e ai soggetti intervenuti, fissando contestualmente l’audizione finale e il termine per la conclusione dell’acquisizione degli elementi probatori al 17 settembre 201315.
12. Il 30 luglio 2013, il CdO di Brescia ha presentato istanza di audizione ai sensi dell’articolo 14, comma 5, D.P.R. n. 217/98, a cui ha successivamente rinunciato con comunicazione del 9 settembre 201316.
III. IL QUADRO NORMATIVO
13. La regolamentazione dell’attività professionale di avvocato vigente all’epoca dei fatti oggetto del presente procedimento17 era contenuta principalmente nel R.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36, recante l’“Ordinamento delle professioni di avvocato e procuratore” (c.d. “Legge Professionale Forense”, di seguito anche L.P.F.), nonché nel R.D. 22 gennaio 1934, n. 37, recante le “Norme integrative e di attuazione del r.d.l. 1578/1933, sull’ordinamento della professione di avvocato e di procuratore” (c.d. “Regolamento di attuazione”).
14. Ai sensi dell’articolo 16 L.P.F., per ogni Tribunale civile e penale è costituito un albo di avvocati. L’ordinamento forense si articola in Ordini territoriali istituiti in ciascun circondario di Tribunale.
15. Ciascun Ordine elegge tra gli iscritti all'albo il proprio Consiglio. Il Consiglio elegge tra i suoi membri il Presidente, il Segretario e il Tesoriere. Al Consiglio di ciascun Ordine sono attribuiti, tra gli altri, compiti di compilazione e di tenuta degli albi professionali e dei registri dei praticanti, di vigilanza sul decoro e sull’esercizio della pratica forense, di consulenza sulla liquidazione degli onorari di avvocato, di conciliazione delle contestazioni che sorgano tra avvocati ovvero tra questi professionisti ed i loro clienti. All’ordine professionale è attribuito, altresì, il potere disciplinare nei confronti degli avvocati iscritti agli albi18.
16. Il R.d.l. n. 1578/33 (in particolare, articoli 38 e ss.) e il R.D. n. 37/34 (in particolare, articoli 47 e ss.) contengono, segnatamente, le disposizioni in tema di procedimento disciplinare. In particolare, l'iscritto all'albo che si renda colpevole di abuso o mancanza nell'esercizio della professione o che comunque si comporti in modo non conforme alla dignità o al decoro professionale è sottoposto a procedimento disciplinare da parte del Consiglio dell’Ordine territoriale di appartenenza. Qualora, come nel caso di specie, l’avvocato sia consigliere dell’Ordine, la competenza in materia disciplinare spetta al Consiglio dell’Ordine avente sede presso la più vicina Corte d’Appello. Le sanzioni disciplinari sono, a seconda della gravità del fatto, l’avvertimento, la censura, la sospensione dall’esercizio della professione per un periodo non superiore ad un anno, la cancellazione ovvero la radiazione dall’albo (articolo 40, R.d.l. n. 1578/33). Qualora il procedimento disciplinare sia avviato da un Consiglio dell’Ordine diverso da quello di appartenenza, il Consiglio, che ha la custodia dell’albo nel quale il professionista è iscritto, è tenuto a dare esecuzione della deliberazione dell’altro Consiglio. Le deliberazioni concernenti i procedimenti disciplinari possono essere impugnate davanti al Consiglio Nazionale Forense (di seguito, anche CNF) nonché, in appello, davanti alla Corte di Cassazione a Sezioni Unite.
17. In tema di sanzioni disciplinari, il CNF ha approvato un codice deontologico forense, modificato, da ultimo, il 16 dicembre 2011. L’inosservanza, da parte degli iscritti all’albo, delle disposizioni del codice deontologico comporta l’insorgere di responsabilità disciplinare. In particolare, l’articolo 2 del codice deontologico sancisce che “spetta agli organi disciplinari la potestà di infliggere le sanzioni adeguate e proporzionate alla violazione delle norme deontologiche. Le sanzioni devono essere adeguate alla gravità dei fatti e devono tener conto della reiterazione dei comportamenti nonché delle specifiche circostanze, soggettive e oggettive, che hanno concorso a determinare l’infrazione”.
18. Ai fini del presente caso, rileva quanto previsto dall’articolo 19 del codice deontologico, a mente del quale “È vietata ogni condotta diretta all’acquisizione di rapporti di clientela a mezzo di agenzie o procacciatori o con modi non conformi alla correttezza e decoro. (I.) L’avvocato non deve corrispondere ad un collega, o ad un altro soggetto, un onorario, una provvigione o qualsiasi altro compenso quale corrispettivo per la presentazione di un cliente. (II.) Costituisce infrazione disciplinare l’offerta di omaggi o prestazioni a terzi ovvero la corresponsione o la promessa di vantaggi per ottenere difese o incarichi. (III.) È vietato offrire, sia direttamente che per interposta persona, le proprie prestazioni professionali al domicilio degli utenti, nei luoghi di lavoro, di riposo, di svago e, in generale, in luoghi pubblici o aperti al pubblico. (IV.) E’ altresì vietato all’avvocato offrire, senza esserne richiesto, una prestazione personalizzata e, cioè, rivolta a una persona determinata per un specifico affare”.
19. Successivamente all’entrata in vigore del D.L. n. 223/06 (di seguito, anche Decreto Bersani), il CNF ha modificato il codice deontologico forense che ora, all’articolo 17, dispone che: “L'avvocato può dare informazioni sulla propria attività professionale. Il contenuto e la forma dell'informazione devono essere coerenti con la finalità della tutela dell'affidamento della collettività e rispondere a criteri di trasparenza e veridicità, il rispetto dei quali è verificato dal competente Consiglio dell'ordine. Quanto al contenuto, l'informazione deve essere conforme a verità e correttezza e non può avere ad oggetto notizie riservate o coperte dal segreto professionale. L'avvocato non può rivelare al pubblico il nome dei propri clienti, ancorché questi vi consentano. Quanto alla forma e alle modalità, l'informazione deve rispettare la dignità e il decoro della professione. In ogni caso, l'informazione non deve assumere i connotati della pubblicità ingannevole, elogiativa, comparativa. (I) Sono consentite, a fini non lucrativi, l'organizzazione e la sponsorizzazione di seminari di studio, di corsi di formazione professionale e di convegni in discipline attinenti alla professione forense da parte di avvocati o di società o di associazioni di avvocati. (II) È consentita l'indicazione del nome di un avvocato defunto, che abbia fatto parte dello studio, purché il professionista a suo tempo lo abbia espressamente previsto o abbia disposto per testamento in tal senso, ovvero vi sia il consenso unanime dei suoi eredi.”19.
20. Con riferimento alla pubblicità dei servizi professionali, il Decreto Bersani all’articolo 2, comma 1, lettera b), ha abrogato tutte le disposizioni concernenti il divieto, anche parziale, “di svolgere pubblicità informativa circa i titoli e le specializzazioni professionali, le caratteristiche del servizio offerto, nonché il prezzo e i costi complessivi delle prestazioni secondo criteri di trasparenza e veridicità del messaggio il cui rispetto è verificato dall'ordine”.
IV. LE RISULTANZE ISTRUTTORIE
21. Come risulta dalla documentazione agli atti, gli avvocati segnalanti sono gli ideatori dell’iniziativa “A.L.T. - Assistenza Legale per Tutti” (ora denominato “A.L. – Assistenza Legale”). Tale iniziativa propone un servizio di consulenza legale di carattere tradizionale che spazia dal semplice parere su singole questioni di rilevanza giuridica all’assistenza giudiziale e stragiudiziale. Caratteristica innovativa dello studio legale A.L.T. è di essere “aperto su strada”, in quanto inserito in locali che affacciano sulla pubblica via. Infatti, lo studio è dotato di una vetrina e di una insegna, che forniscono alcune informazioni sulle caratteristiche delle prestazioni offerte. In particolare, sulla vetrina dello studio era, inizialmente, pubblicizzata la possibilità di fruire di una prima consulenza di carattere gratuito20. Lo studio “su strada” è strutturato come uno studio tradizionale. L’incontro con l’avvocato è, infatti, di regola preceduto dalla fissazione di un appuntamento. Inoltre, all’interno dello studio, gli ambienti sono organizzati in modo tale da garantire la privacy dei clienti: in particolare, la sala di attesa è separata dai locali nei quali viene prestata la consulenza21.
22. Il procedimento disciplinare del CdO di Brescia era stato avviato a seguito della segnalazione di un avvocato iscritto al CdO di Milano, ricevuta dal medesimo Ordine nel gennaio 2008. La segnalazione insisteva sulla presunta contrarietà ai principi e ai precetti deontologici di alcune dichiarazioni rilasciate alla stampa dai titolari dello studio A.L.T., relative all’attività dello studio medesimo, specie con riguardo alla “Prima Consulenza Gratuita”22. In data 6
maggio 2008, la segnalazione de qua veniva trasmessa al CdO di Brescia23, il quale apriva un fascicolo a carico degli interessati e, dopo averli convocati per chiarimenti24, deliberava in data 15 settembre 2008 l’apertura del procedimento ai sensi dell’articolo 47 del R.d. n. 37/34.
23. Come si legge nel Decreto di citazione per giudizio disciplinare del 9 febbraio 2009, il CdO di Brescia ha contestato ai segnalanti la violazione del divieto di accaparramento della clientela, di cui all’articolo 19 del codice deontologico forense, “per avere, al fine di acquisire rapporti di clientela, posto in essere condotta non conforme a correttezza e decoro”, oltre che per avere aperto a Milano a gennaio 2008 “sotto la suggestiva insegna A.L.T. Assistenza legale per tutti, un ufficio direttamente affacciato sulla via pubblica alla cui porta di ingresso è applicata una scritta, a caratteri vistosi, recante l’indicazione ‘Prima Consulenza Gratuita’ 25.
24. Il procedimento disciplinare si è concluso con l’adozione del provvedimento del 16 marzo 2009 - oggetto di valutazione nel presente procedimento - con cui il CdO di Brescia ha ritenuto gli avvocati segnalanti “responsabili dell’illecito disciplinare loro contestato”26. In particolare, nel provvedimento il CdO di Brescia ha ritenuto censurabile l’utilizzo della sigla A.L.T. e degli slogan “Assistenza legale per tutti” e “Prima Consulenza Gratuita”, non ha, invece, considerato illecito l’esercizio dell’attività professionale “con modalità o in un ambiente diversi da quelli tradizionali, purché siano salvaguardati il canone generale del decoro, oltre che gli altri canoni specificamente previsti dal codice deontologico forense (tra cui l’articolo 19). Secondo quanto considerato nel provvedimento, la circostanza che lo studio legale si apra direttamente sulla pubblica via non appare, di per sé, in violazione dei suddetti canoni, “fatta salva, … una puntuale verifica del rispetto della riservatezza. Sotto quest’ultimo profilo nulla pare di dover addebitare a …. Invero è risultato che l’accesso non è ‘libero’ e richiede invece che l’utente si segnali attraverso il campanello. Risulta inoltre … che la vetrina dello studio/negozio non è trasparente ed è quindi tale da impedire la visuale dall’esterno. Né la riservatezza risulta altrimenti compromessa, essendovi all’interno dello studio/negozio … una sala d’attesa e singoli ‘box’ presso i quali il cliente colloquia …”.
25. Dalle informazioni agli atti del procedimento risulta, inoltre, che la delibera del CdO di Brescia – impugnata davanti al CNF - sia stata da questo confermata nel merito, con decisione n. 183 del 21 dicembre 200927, e successivamente, in sede di legittimità, dalla Corte di Cassazione, con sentenza delle SSUU. n. 23287/2010 del 18 novembre 2010, la quale ha tuttavia annullato il provvedimento nei confronti di uno dei segnalanti per difetto di competenza dell’Ordine territoriale di Brescia28.
26. A seguito del procedimento disciplinare, come comunicato dai segnalanti, l’iniziale denominazione sociale dell’attività è stata mutata in “A.L. – Assistenza Legale”29. Attualmente, l’associazione A.L. è presente sul territorio nazionale con 17 studi legali in 16 città italiane e “ha ottenuto diversi riconoscimenti e premi internazionali, anche classificandosi tra i Top 50 Innovative Lawyers del Financial Times per due anni consecutivi 30. Nessuna lamentela è pervenuta da parte degli utenti che si sono avvalsi di tale rete di professionisti; al contrario, l’iniziativa risulta avere riscosso ampio gradimento31.
27. Sempre secondo quanto comunicato dai segnalanti, nei confronti dei professionisti aderenti al network “A.L. – Assistenza Legale” sono stati intentati ulteriori procedimenti disciplinari da parte dei CdO di Roma, Udine, Livorno Treviso, Monza e Milano32. Tuttavia, “nessuno studio legale appartenente al network A.L. o A.L.T. è stato chiuso in seguito ad azioni degli Ordini territoriali” 33.
28. A seguito di richiesta di informazioni, gli Ordini di Crema, Bergamo e Trieste hanno comunicato di non avere intrapreso iniziative disciplinari34 nei confronti dei propri iscritti, aventi ad oggetto studi legali su strada e/o studi legali che utilizzano forme di pubblicizzazione innovative35. L’Ordine di Udine ha confermato di avere intrapreso tre azioni disciplinari nei confronti di iscritti, di cui una ha riguardato un professionista aderente alla rete A.L.T. e si è conclusa
con l’irrogazione della sanzione dell’avvertimento36. Anche l’Ordine di Milano, che si è attivato successivamente alla citata sentenza della Corte di Cassazione n. 23287/2010, risulta avere avviato e concluso un solo procedimento disciplinare avente ad oggetto la condotta di uno dei segnalanti del presente caso37.
29. Agli atti del procedimento risulta, altresì, acquisita la decisione del CdO di Firenze del 19 gennaio 2011, con cui è stato archiviato l’esposto presentato nei confronti di tre avvocati che avevano aperto, a Livorno, uno studio legale sotto l’insegna A.L.T.38. In particolare, il Consiglio, in sede disciplinare, ha affermato che benché le valutazioni compiute dall’Ordine di Brescia, confermate dal CNF in secondo grado e quindi dalla Cassazione, si attagliassero al caso esaminato non si poteva tuttavia “trascurare che la opinabilità e la discutibilità dei principi della cui applicazione si tratta, in un momento nel quale non sempre si percepisce la loro evoluzione e la transizione in atto tra forme tradizionali di esercizio dell’attività forense verso forme ispirantesi ad un esercizio di tipo imprenditoriale, quanto meno negli aspetti organizzativi e di comunicazione esterna nei confronti dei potenziali utenti e degli altri esercenti la stessa attività professionale o professioni affini”.
30. Similmente, il CdO di Roma, con decisione disciplinare del 29 dicembre 2011, ha deliberato di non sanzionare un avvocato che aveva aperto un altro studio legale su strada in Roma sotto l’insegna A.L.T., non ritenendo tale denominazione, di per sé, idonea a “raggiungere il fine illecito” di ingannare il potenziale cliente e non ritenendo “plausibile che il potenziale cliente sia indotto a rivolgersi allo studio sol perché richiamato da una scritta che lo inviti a fermarsi”39.
V. LE ARGOMENTAZIONI DIFENSIVE
a) Le argomentazioni del CdO di Brescia
31. Nelle memorie presentate il CdO di Brescia ritiene che la condotta posta in essere non costituisca una violazione del divieto di intese cui all’articolo 2 l. n. 287/90. In particolare, secondo il CdO di Brescia, il provvedimento disciplinare assunto nei confronti degli avvocati segnalanti non ha limitato l’autonomia degli stessi nelle loro politiche di prezzo o nell’impiego degli strumenti pubblicitari. Infatti, il provvedimento sanzionatorio, confermato nel merito dal CNF e in sede di legittimità dalla Corte di Cassazione, si è limitato a censurare taluni aspetti relativi alle modalità con le quali l’attività pubblicitaria è stata effettuata, i quali sono stati ritenuti contrari ai precetti del codice deontologico forense, segnatamente agli artt. 17, 17-bis e 19.
32. In particolare, la Parte rileva che il proprio provvedimento disciplinare non ha ritenuto lesivo delle disposizioni deontologiche sopra citate l’apertura dello studio su pubblica via, bensì esclusivamente l’uso dell’acronimo A.L.T “Assistenza Legale per Tutti”, in ragione della natura suggestiva dello stesso che lo rende idoneo ad essere percepito come un invito bonario ma perentorio a fermarsi. Parimenti, il CdO di Brescia ha ritenuto ingannevole il sintagma “prima consulenza gratuita” non già perché l’avvocato non richiedeva un compenso per tale attività, avendo l’avvocato piena autonomia in merito al proprio compenso, quanto perché non era chiaro a quale prestazione la gratuità si riferisse. A tale proposito il CdO di Brescia fa presente che qualora tale gratuità dovesse riferirsi al semplice colloquio anteriore all’instaurazione del rapporto professionale, il messaggio cui sopra sarebbe doppiamente ingannevole, visto che normalmente non è previsto alcun compenso per il primo colloquio conoscitivo/esplorativo.
33. Il CdO di Brescia sostiene quindi che l’intervento disciplinare nei confronti dei segnalanti non ha ristretto la concorrenza, risultando necessario e proporzionato al fine di proteggere interessi generali quali la qualità del servizi professionali. Infatti, a seguito dell’evoluzione della legislazione, il riferimento al decoro professionale contenuto nel codice deontologico deve interpretarsi, come fatto dal CdO di Brescia nel provvedimento de quo, non già come riferimento alla difesa del “rango sociale” dell’avvocato, quanto in termini di protezione della reputazione di una certa categoria professionale, in ragione della qualità dei servizi che essa rende alla clientela.
34. Inoltre, l’Ordine di Brescia sottolinea come il provvedimento disciplinare sarebbe inidoneo ad avere effetti generali sui mercati, non raggiungendo la condotta la soglia di offensività minima (de minimis) richiesta dall’articolo 2 della leggge n. 287/90, a mente del quale l’intesa deve impedire, restringere o falsare “in maniera consistente” la concorrenza sul mercato. Del resto, secondo il CdO di Brescia, nonostante il provvedimento disciplinare oggetto del presente procedimento, l’iniziativa A.L.T ha riscosso ampio successo, sviluppandosi ed espandendosi sul territorio nazionale.
35. Il CdO di Brescia esclude in ogni caso l’imputabilità della condotta, in ragione del fatto che qualsiasi restrizione della concorrenza discenderebbe dalla legge che attribuisce all’Ordine il potere di vigilanza e disciplinare sugli iscritti.
36. Infine, la Parte fa presente che un eventuale provvedimento sanzionatorio dell’Autorità nel caso di specie si scontrerebbe con il giudicato formatosi sul provvedimento disciplinare di Brescia, quanto meno nei confronti di uno degli avvocati segnalanti, in violazione dell’articolo 21-septies della legge n. 241/90.
b) Le argomentazioni del CdO di Milano
37. Nelle memorie presentate, il CdO di Milano ha in primo luogo sottolineato come la natura di ente pubblico non economico propria dei Consigli dell’Ordine degli avvocati ne impedisca la qualificazione come imprese, non svolgendo tali enti un’attività economica.
38. In secondo luogo, il CdO di Milano ritiene che il provvedimento disciplinare assunto da un consiglio dell’Ordine non possa costituire un’intesa ai sensi della legislazione antitrust poiché lo stesso è un provvedimento amministrativo, attraverso il quale si manifesta un potere attribuito dalla legge agli ordini forensi.
39. Inoltre, il CdO di Milano ritiene che l’azione disciplinare promossa dal CdO di Brescia sia legittima sotto il profilo concorrenziale in quanto volta a perseguire un interesse generale, quale il controllo sulla veridicità e correttezza dei messaggi pubblicitari, aggiungendo che, in ogni caso, tale attività di vigilanza e disciplinare sarebbe esclusa dal campo materiale di applicazione delle norme antitrust in ragione di quanto disposto dall’articolo 8 comma 2 della l. n. 287/1990.
40. La legittimità della condotta tenuta dal CdO di Brescia risulterebbe infine confermata, secondo il CdO di Milano, dalla sentenza delle SS.UU. della Corte di Cassazione n. 2387/2010, la quale ha confermato il provvedimento disciplinare irrogato nei confronti di uno degli avvocati segnalanti, annullandolo invece per l’altro segnalante a causa di vizi procedurali.
VI. VALUTAZIONI
a) Il mercato rilevante
41. Ai fini dell’individuazione del mercato rilevante, giova ricordare che negli accertamenti relativi alle intese, la definizione del mercato rilevante è essenzialmente volta a individuare le caratteristiche del contesto economico e del quadro giuridico di riferimento in cui si colloca l’intesa.
42. Nel caso di specie, viene in considerazione che con il provvedimento del 16 marzo 2009 il CdO di Brescia ha censurato due avvocati iscritti presso l’Ordine di Milano. Detto provvedimento, tuttavia, produce i suoi effetti al di là dei limiti territoriali di competenza del CdO di Brescia, poiché interessa anche gli avvocati iscritti all’albo di Milano. Infatti, pur essendo stato adottato dal CdO di Brescia, il provvedimento disciplinare doveva essere eseguito dal CdO di Milano, presso il cui albo sono iscritti entrambi gli avvocati sanzionati.
43. È pertanto ragionevole ritenere che, date le predette specificità dell’intesa, il mercato del prodotto, coincidente con l’attività di erogazione dei servizi di assistenza legale, abbia una dimensione geografica coincidente con il territorio dei circondari dei Tribunali di Brescia e Milano.
b) La valutazione dell’intesa
44. Conformemente alla giurisprudenza comunitaria e nazionale, nell'ambito del diritto della concorrenza la nozione di impresa comprende qualsiasi entità che eserciti un’attività economica, a prescindere dallo status giuridico di detta entità e dalle sue modalità di finanziamento40. Secondo i principi comunitari, infatti, costituisce un’attività economica qualsiasi attività consistente nell'offrire beni o servizi su un mercato determinato41.
45. Gli avvocati, in quanto prestano stabilmente a titolo oneroso e in forma indipendente i propri servizi professionali, svolgono un’attività economica e possono quindi essere qualificati come imprese ai sensi dei principi antitrust42 “senza che la natura complessa e tecnica dei servizi da loro forniti e la circostanza che l'esercizio della loro professione sia regolamentato siano tali da modificare questa conclusione” 43.
46. Il Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Brescia, in quanto ente territoriale rappresentativo di imprese che offrono sul mercato in modo indipendente e stabile i propri servizi professionali, è un’associazione di imprese ai sensi dell’articolo 2, comma 1, della legge n. 287/9044.
47. La decisione del CdO di Brescia del 16 marzo 2009, nonché tutti gli atti e le comunicazioni a questa prodromici, in quanto atti provenienti dall’organo di un ente rappresentativo di imprese che forniscono prestazioni professionali, costituiscono deliberazioni di un’associazione di imprese e sono, pertanto qualificabili come un’unica intesa, ai sensi dell’articolo 2, comma 1, della legge n. 287/90.
48. Il presente procedimento istruttorio è stato avviato al fine di verificare se l’intervento dell’Ordine degli avvocati di Brescia - realizzato mediante l’adozione del provvedimento del 16 marzo 2009 e delle attività ad esso prodromiche - fosse suscettibile di configurare un’intesa restrittiva della concorrenza, in quanto finalizzato a limitare la possibilità per gli avvocati di esercitare la propria attività avvalendosi delle diverse leve concorrenziali introdotte dalla Legge Bersani anche per la professione forense.
49. Dal complesso della documentazione raccolta e delle argomentazioni svolte nel corso del procedimento, non emergono elementi sufficienti a confermare le preoccupazioni concorrenziali esplicitate nel provvedimento di avvio dell’istruttoria. Stando, infatti, a quanto acquisito in atti, le decisioni del CdO di Brescia risultano avere avuto una valenza limitata al singolo caso concreto, apparendo così dubbio che dalle stesse possa ricavarsi un generale effetto limitativo della concorrenza, idoneo a disincentivare i comportamenti concorrenziali sia degli iscritti di tale Ordine sia dei diversi Ordini territoriali.
50. Si deve, infatti, rilevare che con il provvedimento de quo il CdO di Brescia non ha ritenuto di per sé violata la disciplina deontologica forense per avere gli avvocati aperto uno studio professionale sulla pubblica via, ovvero per avere dimostrato l’intenzione di praticare compensi professionali anche inferiori a quanto generalmente richiesto, ma si è limitato a valutare alcune specifiche modalità con cui gli stessi hanno promosso la propria attività. Considerate le peculiarità del caso di specie, il giudizio formulato dal CdO di Brescia su tali specifiche modalità di promozione dell’attività non è risultato idoneo a produrre un effetto limitativo della concorrenza rilevante ai fini antitrust, difettando in esso un generale condizionamento dell’autonomia dei professionisti sul mercato.
51. Inoltre, non vi sono stati decisivi effetti imitativi da parte di altri Ordini forensi con riguardo alla valutazione dell’iniziativa in questione o di altre iniziative analoghe.
52. Ai fini della valutazione del caso di specie, va altresì considerato il successo dell’iniziativa di A.L. anche successivamente all’intervento correttivo dell’Ordine di Brescia. Risulta agli atti, infatti, che attualmente, l’associazione A.L. è presente sul territorio nazionale con 17 studi legali in 16 città italiane e ha ottenuto diversi riconoscimenti e premi internazionali.
RITENUTO pertanto che, dall’insieme delle evidenze acquisite e delle circostanze date, nel caso di specie, non sussistano le condizioni per ritenere che il CdO di Brescia abbia posto in essere un’intesa restrittiva della concorrenza nel mercato dei servizi di assistenza legale;

DELIBERA
che non risultano elementi atti a comprovare che il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Brescia abbia posto in essere un’intesa in violazione dell’articolo 2 legge n. 287/90 nel mercato dei servizi di assistenza legale.

Il presente provvedimento verrà notificato ai soggetti interessati e pubblicato nel Bollettino dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.

Avverso il presente provvedimento può essere presentato ricorso al TAR del Lazio, ai sensi dell'articolo 135, comma 1, lettera b), del Codice del processo amministrativo (Decreto Legislativo 2 luglio 2010, n. 104), entro sessanta giorni dalla data di notificazione del provvedimento stesso, fatti salvi i maggiori termini di cui all’articolo 41, comma 5, del Codice del processo amministrativo, ovvero può essere proposto ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, ai sensi dell’articolo 8, comma 2, del Decreto del Presidente della Repubblica 24 novembre 1971, n. 1199, entro il termine di centoventi giorni dalla data di notificazione del provvedimento stesso.