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LA SUCCESSIONE NEL CONTRATTO DI LOCAZIONE a cura di Riccardo Redivo

FOROEUROPEO EDITORE - I QUADERNI GIURIDICI 

LA SUCCESSIONE NEL CONTRATTO DI LOCAZIONE

a cura di Riccardo Redivo

Sommario

La successione nel contratto di locazione a cura di Riccardo Redivo. 1

Locazioni abitative. 1

-I successibili 2

-La successione “mortis causa” 3

-La successione “inter vivos” 6

Locazioni non abitative. 11

Riccardo Redivo

Il dott. Riccardo Redivo, magistrato dal 1967 al 2016, operativo quasi sempre nell’ambito civilistico, si è costantemente occupato, oltre che dell’intero settore immobiliare in generale (proprietà, comodato, affitto d’azienda, condominio, diritti reali, azioni cautelari e possessorie ecc.), anche, in particolare, di quello delle locazioni sin dal 1978 (anno d’entrata in vigore della legge sull’equo canone).

Ha presieduto, altresì, nell’ultimo decennio la I e la IV sezione civile della Corte d’Appello di Roma, mentre sin dagli anni settanta, ha collaborato con numerose case editrici, scrivendo numerose monografie e molti articoli nel campo delle locazioni, del condominio, dell’edilizia e dell’urbanistica.


Locazioni abitative

-I successibili

L’art. 6 della legge n. 392/1978, non abrogato e, quindi, rimasto pienamente efficace con l’entrata in vigore dell’attuale normativa del 1998, indica vari soggetti quali aventi diritto a succedere nel rapporto locatizio, sia nell’ipotesi di decesso del conduttore, sia in altre ipotesi per lo più legate alla famiglia (in relazione alla separazione, al divorzio ed alla convivenza), ma anche riguardanti, in generale, la successione tra vivi.

Nel primo caso (successione “mortis causa”) il diritto al subentro è riservato al coniuge, agli eredi ed ai parenti ed affini, abitualmente conviventi con il conduttore, mentre, nell’ipotesi di separazione giudiziale o divorzio, nel contratto succede l’altro coniuge non intestatario del contratto, se il diritto ad abitare nella casa coniugale è attribuito giudizialmente a quest’ultimo.

Inoltre, in caso di separazione consensuale ovvero di nullità del matrimonio, succede l’altro coniuge, se tra i due sia così convenuto.

Ancora, va aggiunto che il diritto è stato esteso, come meglio si dirà in prosieguo, al convivente “more uxorioe al separato di fatto (in quest’ultimo caso, ove vi sia accordo in tal senso tra i coniugi) dall’intervento della Corte Costituzionale, la quale ha opportunamente ampliato, in modo rilevante, la portata della norma (cfr. Corte Costituzionale n. 404/1988 e molte altre conformi).

Infine, vanno tenuti presenti due principi consolidati della giurisprudenza, per cui, da un lato, in caso di trasferimento a titolo particolare dell’immobile locato, l’acquirente subentra nella stessa posizione del locatore venditore nel rapporto locatizio, divenendo contestualmente legittimato sul piano processuale ex art. 111 c.p.c., mentre, sul piano sostanziale, non avendo il subingresso effetto retroattivo, la successione si realizza solo dal momento del trasferimento della proprietà dell’immobile locato, per cui l’acquirente resta terzo per quanto riguarda gli obblighi già perfezionatisi ed esauritisi a favore ed a carico delle parti originarie del contratto fino al giorno del suo acquisto (cfr. Cass. 14 agosto 2014 n. 17986).

D’altro lato, poi, si è ancora affermato che l’azione del conduttore di ripetizione di somme versate oltre il dovuto, proponibile, ex art. 79 della legge n. 392 cit., entro il termine di sei mesi dalla riconsegna del bene locato, decorre non dalla data di cessazione del rapporto locatizio, ma da quella della piena disponibilità dell’immobile da parte del locatore, mentre, come sopra osservato, resta comunque irrilevante l’eventuale successione nel rapporto dal lato del locatore (così Cass. 24 maggio 2013 n. 12994).

-La successione “mortis causa”

L’art. 6 della legge n. 392/1978, come accennato, al primo comma stabilisce che, in caso di morte del conduttore, gli succedono nel contratto di locazione, il coniuge, gli eredi, i parenti ed affini con lui conviventi.

Mentre di norma, nei contratti non conclusi “intuitu personae(tra i quali, però, si riteneva generalmente inclusa la locazione) la morte di un contraente non fa venire meno l’accordo, succedendo gli eredi in tutti i diritti e gli obblighi rispettivamente posti a favore ed a carico del loro dante causa, nonché nei rapporti contrattuali da questi conclusi, la giurisprudenza della Suprema Corte ha costantemente precisato (con diverse decisioni omogenee sul punto) che l’erede non convivente del conduttore di un immobile adibito ad uso abitativo non gli succede nella detenzione qualificata (concetto riaffermato, anche di recente dalla Suprema Corte, con ordinanza n. 26670 del 10 novembre 2017, nella quale si è riaffermato che l’erede non convivente del conduttore di un’abitazione non gli succede nella detenzione dell’alloggio, poiché il contratto in tal caso si estingue con la morte del titolare e legittima la richiesta di rilascio del bene occupato da parte del proprietario).

Tale consolidato orientamento giurisprudenziale trova fondamento nel fatto che, nella fattispecie in esame, il titolo si estingue con il decesso del titolare del rapporto (come nel caso di decesso del titolare dei diritti di usufrutto, uso ed abitazione), talché l’avente causa non convivente deve essere qualificato “detentore precario dell’immobile locato al “de cuius”. Ne consegue che, in questo caso, nei riguardi del successore il locatore potrà esperire soltanto le azioni di rilascio non sulla base del contratto d’affitto, ma soltanto quelle di rilascio per occupazione senza titolo e di responsabilità aquiliana.

Per contro, nel silenzio del proprietario, la morte dell’originario usufruttuario/locatore, determina la trasmissione della titolarità del rapporto locatizio agli eredi di questi, con possibilità per essi di esercitare i diritti e le azioni che nascano dalla locazione e senza che il conduttore possa contestarne la legittimazione per il solo fatto che sia venuto meno il diritto di usufrutto (in tal senso cfr. Cass. 20 luglio 2016 n. 14834).

Inoltre, il conduttore che, alla morte del locatore, continui in buona fede a versare i canoni nelle mani dell’erede legittimo e legittimario, che si trovi in possesso dei beni ereditari, è liberato dalla propria obbligazione, non rilevando l’esistenza di una controversia tra i coeredi sull’attribuzione dell’eredità, né che alcuno degli eredi abbia fatto pervenire copia del testamento al conduttore, rimanendo a carico del creditore, legittimato a conseguire il pagamento, l’onere di provare il colpevole affidamento del conduttore (così Cass. 15 luglio 2016 n. 14445).

Ancora in tema, con un’interessante e condivisibile decisione del 15 febbraio 2014, il Tribunale di Roma ha affermato che i successibili conviventi con il locatore defunto di cui al I comma dell’art. 6 cit. hanno tacitamente accettato l’eredità, ove abbiano (per un rilevante periodo dopo l’apertura della successione) compiuto atti di gestione dell’immobile già del defunto (riscuotendo i canoni di locazione, pagando gli oneri accessori, partecipando alle assemblee condominiali e pagando eventuali rate di mutuo gravato sul bene).

Infine, il Consiglio di Stato, con sentenza n. 5423 del 10 settembre 2009 (cfr. in giurisprudenza alla fine del paragrafo), ha chiarito che la successione nella locazione di cu all’art. 6, I comma cit., vale anche per l’opzione, già esercitata dal loro dante causa defunto, per l’acquisto di un appartamento facente parte del patrimonio disponibile del Comune e da questo dismesso.

Deve evidenziarsi, altresì, che i successibili di cui al primo comma dell’art. 6 cit. subentrano nel contratto “iure proprio” e non anche per diritto di successione ereditaria, con la conseguenza che il rapporto locatizio viene separato dal complesso dei rapporti facenti capo al defunto e trasmessi agli eredi, per essere trasferito automaticamente a determinati soggetti che la legge ha inteso tutelare direttamente.

La circostanza riveste un significativo rilievo pratico, in quanto chi succede nella locazione ex art. 6 legge n. 392 cit., ma non subentra nel rapporto anche quale erede, non dovrà rispondere nei confronti del locatore per canoni pregressi e per altre obbligazioni passate attinenti al contratto, né potrà vantare diritti per la fase pregressa (poiché solo l’erede sarà titolare dei relativi diritti ed obblighi, sia dal lato passivo, che da quello attivo).

I maggiori problemi derivati dalla norma esaminata, attinenti al concetto di “convivenza abituale”, sono ormai risolti in modo chiaro e definitivo dalla giurisprudenza di legittimità.

La Suprema Corte, infatti, ha chiarito che l’art. 6, primo comma cit., nel caso di decesso del conduttore, s’applica non solo se la morte riguardi il conduttore originario, ma anche quando riguardi un soggetto precedentemente subentrato ai sensi della medesima disposizione legislativa, nella posizione di conduttore (in tal senso cfr. Cass. 13 febbraio 2013 n. 3548); che il coniuge del conduttore, subentrato nel contratto in base alla norma analizzata, non può vantare nei confronti del proprietario dell’immobile una situazione soggettiva più forte della detenzione qualificata spettante al conduttore stesso (con la conseguenza che, “ai fini dell’usucapione dell’immobile, il conduttore anzidetto deve tenere una condotta concretantesi in un’interversione della detenzione in possesso, ai sensi dell’art. 1141 c.c.”: così Cass. 21 novembre 2011 n. 24456).

Il giudice di legittimità, infine, al riguardo, ha affermato che la convivenza con il conduttore defunto cui, ai sensi dell’art. 6 della legge n. 392/1978, è subordinata la successione nel contratto, “costituisce una situazione complessa, caratterizzata da una convivenza stabile ed abituale, da una comunanza di vita preesistente al decesso, non riscontrabile quando il pretendente successore si sia trasferito nell’abitazione locata soltanto per ragioni transitorie” (così Cass. 11 febbraio 2008 n. 3251, ove si è esclusa la convivenza abituale tra un’anziana nonna ed il nipote trasferitosi nell’immobile locato temporaneamente per assisterla e Cass. 27 gennaio 2009 n. 1951, in analoga ipotesi di figlia trasferitasi provvisoriamente nell’immobile locato per assistenza alla madre malata).

-La successione “inter vivos”

  1. a) Separazione giudiziale e divorzio

Il secondo comma dell’art. 6 della legge n. 392 cit., come già accennato in precedenza, contempla i casi di subentro “inter vivos” nella locazione riguardanti sia la separazione giudiziale, sia il divorzio tra i coniugi, prevedendo la successione al conduttore intestatario del contratto dell’altro coniuge, ove a questi sia attribuito giudizialmente il diritto di abitare nell’immobile locato.

La giurisprudenza ha costantemente precisato che, in tale ipotesi, viene a determinarsi una vera e propria successione nel contratto ex lege a favore del coniuge assegnatario, con estinzione del rapporto in capo al conduttore originario e senza possibilità di reviviscenza dello stesso, neppure nel caso di abbandono dell’abitazione da parte del nuovo conduttore (in tal senso cfr. Cass. n. 1423 del 21 gennaio 2011).

Si è chiarito, altresì, che l’estinzione del rapporto, in questo caso, si verifica anche quando entrambi i coniugi abbiano sottoscritto il contratto scritto “succedendo in tal caso l’assegnatario nella quota ideale dell’altro coniuge “ (vedi Cass. 30 aprile 2009 n. 10104).

Inoltre, il nuovo conduttore, che, come si è rilevato, diviene tale “iure proprio”, non è legittimato a far valere i diritti dell’originario conduttore (ad esempio, agendo per la ripetizione di canoni o oneri accessori da questi versati oltre il dovuto), come lo stesso locatore per i rapporti pregressi non potrà rivolgersi al nuovo conduttore, ma sarà tenuto a rivolgersi al precedente inquilino, fermo restando, comunque, il suo diritto di ottenere la disponibilità dell’alloggio alla normale ed originaria scadenza contrattuale.

Per contro, ove l’assegnazione della casa coniugale avvenga dopo la cessazione di diritto del rapporto locatizio, i presupposti del subentro vengono meno, come chiaramente affermato dalla Suprema Corte.

La Cassazione, peraltro, ha anche precisato che il conduttore originario, il quale può agire, secondo legge (art. 79, II comma della legge n. 392/1978), entro il termine di decadenza semestrale per la ripetizione di canoni versati oltre il dovuto, deve necessariamente farlo con decorrenza dalla data del provvedimento giudiziale di separazione e di assegnazione dell’immobile locato all’altro coniuge, salvo che non possa provare che l’effettivo rilascio da parte sua è avvenuto in data successiva.

Deve, ancora, evidenziarsi che, avendo il provvedimento giudiziale di assegnazione della casa coniugale data certa, lo stesso è opponibile al terzo acquirente dopo tale data, fino a nove anni dall’assegnazione, ovvero, solo ove il titolo sia stato trascritto prima di detta data, anche oltre il novennio (così Cass. Sez. Un. 26 luglio 2002 n. 11046), mentre non lo è se non sia stato adibito effettivamente a casa familiare (Cass. 10 aprile 2000 n. 4502).

Con un’interessante decisione del giudice di legittimità, infine, è pacifico che il terzo acquirente, pur subentrando in tutti i diritti e gli obblighi derivanti dal contratto di locazione, deve essere considerato terzo rispetto agli obblighi già perfezionatisi ed esauritisi a favore ed a carico delle parti originarie fino al giorno del suo acquisto.

Per concludere, va precisato che, come è ovvio, la normativa s’applica anche ai provvedimenti temporanei ed urgenti emessi dal Presidente del Tribunale nei giudizi di separazione e divorzio, comprensivi dell’assegnazione della casa familiare.

  1. b) Separazione consensuale e nullità del matrimonio

L’ultimo comma dell’art. 6 analizzato riguarda il diritto di successione nelle ipotesi di separazione consensuale e di divorzio tra i coniugi, a condizione che vi sia l’accordo esplicito in tal senso delle parti.

Anche in questo caso non si richiede alcun consenso da parte del locatore, in quanto il diritto al subentro scaturisce direttamente dalla legge speciale, in deroga al criterio generale codicistico relativo alla cessione del contratto ai sensi degli artt. 1406 e ss. c.c.. Ne consegue che, in materia di locazione, unico conduttore deve considerarsi il coniuge non intestatario del contratto stesso, il quale trova la legittimazione proprio nell’accordo divisorio, subentrando in tutti i diritti e gli obblighi del suo dante causa.

Interessante in tema appare la condivisibile decisione del Tribunale di Salerno in data 4 ottobre 2010 (in Arch. Locazioni 2011, 69),  con la quale si è stabilito che il coniuge separato che proponga opposizione avverso l’ordinanza di sfratto per morosità, deducendo la propria successione nel rapporto locatizio ai sensi del secondo comma dell’art. 6 della legge n. 392/1978, in caso di separazione consensuale deve allegare e provare, attesa l’esigenza della forma scritta “ad substantiam”, di cui all’art.1, co. 4 della legge n.. 431/1998, “la sussistenza dell’accordo scritto che gli consenta di sostituirsi nella titolarità del contratto”, non potendosi altrimenti validamente desumere per “facta concludentia” il diritto a fruire dell’abitazione.

  1. c) Convivenza “more uxorio” e separazione di fatto

Il problema della successione nel contratto di locazione da parte del coniuge separato di fatto, nonché quella del convivente more uxorio è stato sostanzialmente risolto in seguito alla sentenza della Corte Costituzionale n. 404 in data 07 aprile 1988. Con tale decisione, infatti, era stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 6 della legge n. 392/1978 sotto due profili.

--La convivenza “more uxorio”

Con la richiamata ed importante decisione del giudice costituzionale è stata dichiarata, sempre con riferimento alla convivenza, l’illegittimità costituzionale dell’art. 6, I comma della legge n. 392/1978 nella parte in cui non prevedeva, tra i successibili nella locazione, il convivente more uxorio non conduttore, quando vi fosse tra i due prole naturale (limite eliminato nel 2010, dallo stesso ,giudice costituzionale, con sentenza di cui si dirà a seguire) .

Tale storica decisione veniva fondata sulla ratio della legge del 1978 che – secondo la Corte Costituzionale, andava individuata nella volontà del legislatore di avere voluto tutelare direttamente la convivenza come condizione di possibile subentro nella locazione, in presenza di figli naturali.

Successivamente la stessa Corte Costituzionale, con ordinanza n. 7 del 14 gennaio 2010, ha affermato l’illegittimità dello stesso art. 6, III comma cit., ove non prevede che, in caso di cessazione della convivenza more uxorio, al conduttore succeda nel contratto il convivente rimasto ad abitare nell’immobile locato, pure in mancanza di prole comune, con riguardo agli artt. 2 e 3 Cost.

Veniva in tal modo equiparata, di fatto, ai fini della successione ex mortis causa nel contratto di locazione, la posizione del convivente more uxorio del defunto conduttore (nonché quella del superstite nell’ipotesi di matrimonio religioso non trascritto) a quella del coniuge deceduto in costanza di matrimonio.

-- La separazione di fatto

Sempre con la stessa sentenza citata n. 404/1988 è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale del medesimo III comma dell’art. 6 della legge n. 392/1978 ove non si prevede che il coniuge separato di fatto, succeda al conduttore, se tra i due sia così convenuto.

Nella fattispecie la Corte, ha affermato che “la separazione di fatto tra coniugi non dovrebbe avere alcuna rilevanza esterna, restando quella locata la casa coniugale, ma, essendosi convenuta tra i coniugi la conservazione dell’abitazione per uno solo di essi, la fattispecie, in base al principio di razionalità di cui all’art. 3 della Costituzione, non può ricevere trattamento diverso da quello disposto per le ipotesi previste dal terzo comma dell’art. 6 della legge n. 392/1978”, in base al quale in caso di separazione consensuale o di nullità del matrimonio al conduttore succede l’altro coniuge se così sia stato convenuto. Diversamente vi sarebbe un effetto discriminatorio tra le due fattispecie.

Detto questo, resta il problema dell’efficacia dell’accordo nei confronti del locatore sotto il profilo probatorio che, comunque, è stato risolto dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione che, in argomento, ha fatto riferimento ai cosiddetti “facta concludentia”, tali da implicare un riconoscimento certo da parte del coniuge, originario conduttore, del trasferimento all’altro del diritto a fruire dell’alloggio.

Elementi al riguardo vanno tratti dalla permanenza nell’appartamento, dopo la separazione di fatto, del coniuge non intestatario del contratto “purchè la permanenza non sia successivamente venuta meno al momento in cui venga fatto valere il diritto al sub ingresso, rivelandosi il frutto di un precario accordo destinato ad escludere la sua efficacia nei rapporti interni ed inidoneo, quindi, a riflettersi nel rapporto con il locatore, al quale l’accordo non sia stato reso noto” (Cass. 14 febbraio 1992 n. 1831). In ogni caso resta opportuna, in sede giudiziale, ai fini della prova, l’allegazione dell’accordo scritto per poter sostenere il diritto alla successione, pur iure proprio, nel contratto.


Locazioni non abitative

Le locazioni di immobili adibiti ad uso diverso dall’abitazione sono chiaramente regolate dall’art. 37 della legge n. 392/1978. Tale norma, infatti, non ha richiesto, in linea generale, particolari interventi da parte dell’interprete (salvo alcuni opportuni chiarimenti).

Con tale disposizione (ancora una volta tesa alla tutela delle attività professionali e di lavoro) si stabilisce che, in caso di morte del conduttore, gli succedono nel contratto coloro che, per successione o per precedente rapporto risultante da atto di data certa anteriore all’apertura della successione, hanno diritto a continuarne l’attività (I comma).

Il II comma, poi, dispone che, in caso di separazione legale o consensuale, ovvero di divorzio, il contratto si trasferisce al coniuge, anche se non conduttore, che continui nell’immobile la stessa attività già ivi esercitata con l’altro coniuge prima della separazione o del divorzio.

Il III e il IV comma, infine, prevedono rispettivamente che “se l’immobile è adibito all’uso di più professionisti, artigiani o commercianti ed uno solo di essi è titolare del contratto,, in caso di morte gli succedono nel contratto, in concorso con gli altri aventi diritto di cui ai primi due comma, gli altri professionisti, artigiani o commercianti” e che, “nell’ipotesi di recesso del titolare del contratto, succedono nello stesso gli altri professionisti, artigiani o commercianti”, mentre, in tal caso, “il locatore può opporsi alla predetta successione per gravi motivi, con le modalità previste dal precedente art. 36”.

La giurisprudenza ha chiarito costantemente, in relazione a questi ultimi due comma che, nel caso di recesso o di morte dell’unico titolare della locazione, l’art. 37 esaminato presuppone che l’uso plurimo dell’immobile sia stato previsto contestualmente (o anche successivamente consentito dal locatore), sicchè ove la destinazione dell’immobile in favore di più soggetti non sia stata prevista nel contratto stipulato dal locatore con uno soltanto di questi, l’eventuale occupazione di fatto dell’immobile da parte degli altri non li legittima a subentrare nel contratto (cfr. da ultimo Cass. 30 giugno 2015 n. 13317).

Inoltre, è stato ribadito che i gravi motivi di opposizione debbono riguardate, come nell’ipotesi di cessione coeva della locazione e dell’azienda di cui all’art.36 della legge in esame, la persona del conduttore e non anche quella del locatore.