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Preliminare di vendita – Domanda di trasferimento coattivo della proprietà – Corte di Cassazione, sez. II, ordinanza n. 29737 del 29 dicembre 2020

Contestazione dei termini del contratto da parte della convenuta – Ricorso per cassazione - Inapplicabilità dell’interruzione del giudizio per decesso di parte attrice - Corte di Cassazione, sez. II, ordinanza n. 29737 del 29 dicembre 2020.   a cura di Riccardo Redivo, già presidente di sezione della Corte d’Appello di Roma.

Fatto. Una persona fisica  chiedeva giudizialmente il trasferimento coattivo della proprietà di varie unità immobiliari, già oggetto di contratto preliminare stipulato tra le parti (non adempiuto dalla promittente venditrice, neppure presentatasi avanti al notaio designato per la stipula del rogito).

La convenuta, costituitasi in giudizio, contestava in parte la domanda sul presupposto che il preliminare non comprendeva un giardino annesso al compendio, né la comunione di un muro di cinta divisorio.

Il Tribunale adito accoglieva in parte la domanda, trasferendo però la proprietà del solo fabbricato (sulla quale non vi era contenzioso tra le parti), mentre la Corte d’Appello, accoglieva il gravame interposto dall’attore, trasferendo a parte attrice la proprietà anche del giardino, nonchè la comproprietà del muro di confine tra le parti in causa.

Ricorreva, quindi, per cassazione la convenuta soccombente sulla base di sei motivi.

Il primo motivo riguardava la presunta ultrapetizione contenuta nella sentenza impugnata, in quanto la Corte territoriale avrebbe dovuto pronunciarsi solo sulla domanda di accertamento e non anche pronunciare una condanna di trasferimento immobiliare.

Gli altri motivi, che, come vedremo, sono stati ritenuti inammissibili dal giudice di legittimità, riguardano: la violazione dell’art. 345 c.p.c. (essendo stata mutata la domanda nel giudizio d’appello con una nuova istanza di declaratoria di comproprietà del muro comune); la violazione degli artt. 1346 e 1428 c.c. per mancata esatta identificazione e certezza dei vari mappali e ammennicoli vari); la violazione dell’art. 1362 c.c. (privo di esposizione dei profili di legittimità); l’omesso esame di un fatto decisivo (in ordine al carattere pertinenziale del giardino rivendicato); la violazione degli artt. 1326, 1350 e 1351 c.c. (anche questo perchè privo di esposizione di profili di legittimità).

Decisione. La Suprema Corte ha ritenuto infondato il primo motivo, relativo alla domanda di mero accertamento e non di condanna “in quanto il giudice d’appello, con la sentenza gravata, ha provveduto ad integrare il precedente dispositivo - già di carattere traslativo della decisione di primo grado (statuizione già passata in giudicato al riguardo)” ed ha affermato l’inammissibilità di tutti gli altri motivi: “poiché la richiesta di trasferimento della proprietà riguardava anche il giardino e il muro di confine, avendo, peraltro, prospettato la questione per la prima volta solo con il ricorso per cassazione”; “in quanto il tema dell’esatta identificazione dei mappali, atteneva ad aspetti del tutto fattuali,  già correttamente esaminati dal giudice di merito”; “nessuna omissione dell’esame di un fatto decisivo vi è stata, giacchè la questione del carattere pertinenziale o meno del giardino è stata riconosciuta correttamente dal giudice a quo, come riguardante l’ambito contrattuale e non rientra, quindi,  nell’ambito del giudizio di legittimità”, concludendo che anche gli ultimi due motivi, poichè riguardanti un accertamento fattuale, non sono riesaminabili nel giudizio di legittimità.