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6.3 La responsabilità dell’amministratore

3. La responsabilità dell’amministratore - MANUALE GIURIDICO DELL’AMMINISTRATORE DI CONDOMINIO - CAPITOLO SESTO - RAPPRESENTANZA E RESPONSABILITA’ DELL’AMMINISTRATORE a cura dell’Avv. Adriana Nicoletti

3. La responsabilità dell’amministratore

Come più volte rilevato il rapporto tra l’amministratore ed il condominio è ufficialmente inquadrabile (art. 1129, penultimo comma) nell’ambito del mandato ed in forza di questo il legale rappresentante nella veste di mandatario, come sancito dall’art. 1710 c.c., «....è tenuto ad eseguire il mandato con la diligenza del buon padre di famiglia; ma se il mandato è gratuito la responsabilità per colpa è valutata con minor rigore».

L’amministratore, quindi, deve svolgere le attribuzioni conferitegli dalla legge, dal regolamento e dall’assemblea, con perizia, onestà e diligenza osservando non solo le norme del codice civile, ma anche le leggi speciali che riguardano il condominio, nonché ponendo in esecuzione i provvedimenti emessi dall’autorità giudiziaria, le ordinanze del sindaco e così via.

L’amministratore, quale mandatario, deve curare anche agli atti preparatori e strumentali, nonché quelli ulteriori e complementari rispetto alle incombenze legali (Cass. 2149/2000).

La responsabilità si ripartisce in civile (contrattuale ed extracontrattuale) e penale.

3.1 Responsabilità civile

Rif: artt. 2043 e 2051 c.c.

E’ di tipo contrattuale la responsabilità che discende direttamente dalla violazione degli obblighi che derivano dal rapporto di mandato che sussiste tra il rappresentante e l’ente condominio.

Secondo la costante giurisprudenza la responsabilità personale dell’amministratore si configura nel momento in cui sia dimostrato che lo stesso, nell’esecuzione del mandato, ha operato con negligenza.

In questo senso si richiamano due decisioni della Corte di Cassazione:

- «Il condominio risponde, ai sensi dell’art. 2051 c.c., dei danni subiti da terzi estranei ed originati da parti comuni dell’edificio, mentre l’amministratore, in quanto tenuto a provvedere non solo alla gestione delle cose comuni, ma anche alla custodia delle stesse, è soggetto, ai sensi dell’art. 1218 c.c., solo all’azione di rivalsa eventualmente esercitata dal condominio per il recupero delle somme che esso abbia versato ai terzi danneggiati» (Cass. 17983/2014).

- «In tema di risarcimento danni per l’esecuzione di lavori su parti comuni di un edificio condominiale, poiché il condominio è un ente di gestione privo di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini, il condomino che ritenga di essere stato danneggiato da un’omessa vigilanza da parte del condominio nell’esecuzione dei lavori dovrà rivolgere la propria pretesa risarcitoria nei confronti dell’amministratore, in qualità di rappresentante del condominio, il quale, a sua volta, valuterà se agire in rivalsa contro l’amministratore stesso» (Cass. 20557/2014).

Quali le responsabilità in capo al rappresentante del condominio qualora i lavori condominiali da questi affidati in appalto ad una ditta siano poi risultati affetti da vizi o difformità?

In questo ambito assume rilevanza l’ipotesi in cui l’assemblea abbia espressamente incaricato l’amministratore di individuare l’impresa, piuttosto che individuarne una tra quelle proposte dai condomini.

Per la delicatezza di tale passaggio sarebbe consigliabile che l’amministratore, per una sua tutela preventiva, non accetti un incarico che si potrebbe rivelare per lui stesso fonte di notevoli rischi.

E’, infatti, evidente che l’esecuzione di un contratto di appalto per opere o servizi richiede una serie di adempimenti che, partendo dalla scelta della ditta appaltatrice, del direttore dei lavori e del responsabile della sicurezza, richiede la costante verifica della corretta realizzazione delle opere fino alla consegna delle stesse e d al loro collaudo.

L’individuazione dell’impresa è, sicuramente, il momento più delicato perché proprio dalla serietà di questa può dipendere la bontà degli interventi e la loro durata nel tempo.

Tale incombente richiede un esame accurato della ditta, delle sue capacità tecniche ed organizzative, delle sue caratteristiche di affidabilità – anche economica – e di sicurezza al fine di essere garantiti che la stessa sia perfettamente in regola con la normativa vigente.

In argomento è stato, infatti, affermato che sussiste la «responsabilità concorrente del condominio e dell’appaltatore, qualora il primo affidi l’incarico di esecuzione dei lavori di riparazione dell’immobile ad un imprenditore non affidabile per essere privo delle necessarie capacità tecniche e organizzative; non si preoccupi che il direttore dei lavori sia presente all’inizio dell’esecuzione delle opere e non controlli che siano poste in essere le misure minime di sicurezza» (Cass. 5133/1978).

Una responsabilità che, come detto, si potrebbe trasformare in responsabilità personale dell’amministratore ove questi si fosse adoperato in prima persona per reperire l’impresa appaltatrice.

Nel caso in esame si verrebbe a configurare una sorta di «culpa in eligendo», dalla quale ci si può liberare dimostrando un comportamento attento e rispettoso nei confronti degli interessi del condominio.

L’effetto di una incauta scelta della ditta appaltatrice è di norma la cattiva esecuzione dei lavori condominiali.

Citiamo a questo proposito una interessante pronuncia dei giudici di merito i quali, con una decisione di cui non risultano esservi precedenti, hanno affermato che «in tema di ricostruzione di edificio condominiale, nessuna responsabilità può attribuirsi all’amministratore per presunte difformità dell’opera realizzata rispetto al progetto approvato, quando i poteri di rappresentanza del medesimo riguardino specificamente l’esazione dei contributi per la ricostruzione, l’individuazione dell’impresa appaltatrice, la stipula del contratto di appalto nonché il materiale pagamento delle somme all’appaltatore (nel caso di specie un condomino aveva lamentato la diminuzione di cubatura e superficie e la diversa ubicazione dell’unità immobiliare esclusiva ricostruita rispetto a quella preesistente la demolizione); eventuali difformità dell’opera realizzata vanno invece imputate all’impresa appaltatrice, giusta la previsione dell’art. 1667 c.c.» (Trib. Ariano Irpino, 23 agosto 2004. Arch. loc., 2005, 200). Nella fattispecie era stato nominato un consiglio di amministrazione con poteri tassativi e del tutto estranei al profilo tecnico ed alla realizzazione del progetto approvato nel corso dell’assemblea.

Sotto il diverso profilo della culpa in vigilando si è espressa la Corte di Cassazione la quale ha affermato il seguente principio:

«L’amministratore del condominio ha il compito di provvedere non solo alla gestione delle cose comuni, ma anche alla custodia di esse, col conseguente obbligo di vigilare affinché non rechino danni a terzi od agli stessi condòmini. Quest’obbligo non viene meno neanche nell’ipotesi in cui il condominio appalti a terzi lavori riguardanti le parti comuni dell’edificio condominiale, a meno che il compito di vigilare su tali lavori non venga affidato a persona diversa dall’amministratore. Ne consegue che l’amministratore stesso è responsabile del danno alla persona patito da uno dei condòmini, in conseguenza dell’inciampo in una insidia (nella specie, buca nel cortile condominiale) creata dall’impresa cui erano stati appaltati lavori di manutenzione dell’immobile condominiale» (Cass. 25251/2008).

Altra questione affrontata dalla giurisprudenza ha riguardato l’individuazione del soggetto responsabile nel caso in cui, nel corso di lavori condominiali, all’interno di abitazioni private siano stati commessi furti causati dalla presenza di ponteggi esterni.

In tale eventualità vi è stata una tendenza a ritenere che l’appaltatore debba rispondere dei danni subiti da terzi ai sensi dell’art. 2043 c.c. se, «trascurando le più elementari norme di diligenza e perizia e così la doverosa adozione di cautele idonee ad impedire l’uso anomalo delle dette impalcature e violando il principio del neminem laedere, abbia colposamente creato un agevole accesso ai ladri, ponendo in essere le condizioni del verificarsi del danno» (Cass. 2844/2005).

Successivamente sempre la Corte si è espressa in modo più estensivo, affermando che «in tema di furto consumato da persona introdotta in un appartamento avvalendosi dei ponteggi installati per i lavori di rifacimento della facciata dell’edificio condominiale, deve essere affermata la responsabilità, ai sensi dell’art. 2043 c.c., dell’imprenditore che per tali lavori si avvale dei ponteggi ove, violando il principio del neminem laedere, egli abbia collocato tali impalcature omettendo di dotarle di cautele atte ad impedirne l’uso anomalo (nel caso di specie vi era la mancanza di luci esterne e di alcuna struttura di sicurezza per l’inviolabilità degli appartamenti); è altresì configurabile una corresponsabilità del condominio/committente ex art. 2051 c.c., atteso l’obbligo di vigilanza e custodia gravante sul soggetto che ha disposto il mantenimento della struttura» (Cass. 6435/2009).

Sicuramente l’appaltatore deve custodire e vigilare che l’impianto posto in essere sia operativo ed efficace per tutta la durata delle opere.

La responsabilità extracontrattuale può ravvisarsi nel rapporto tra l’amministratore e terzi estranei al condominio, ma anche nei confronti del singolo condomino che subisca danni derivati dalla cosa comune.

La Corte di Cassazione ha, infatti, ritenuto che il condominio e l’amministratore dovessero rispondere in solido dei danni occorsi al condomino “in conseguenza dell’inciampo in una insidia all’interno del cortile condominiale” (Cass. n. 25251 cit.).

La responsabilità extracontrattuale dell’amministratore può sussistere anche nei confronti dell’inquilino.

Pur non avendo alcun dovere contrattuale verso l'inquilino, derivando i propri obblighi di mandatario dall’art. 1130 c.c. è evidente che, l’omessa riparazione, per esempio di un impianto comune, danneggerà anche il detto conduttore e, pertanto, sussisterà a carico dell’amministratore, una responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 c.c.

Ancora, la Corte Suprema ha ravvisato la responsabilità aquiliana di un amministratore di condominio il quale, in presenza nel complesso condominiale di scritte offensive di un terzo e, quindi di un fatto che integra un reato, non aveva provveduto, una volta sollecitato dalla parte lesa, all’eliminazione delle stesse, evitando in tal modo che il reato fosse portato a ulteriori conseguenze (Cass. 9055/2002).

La responsabilità extracontrattuale del condominio può essere alternativa o concorrente rispetto a quella dell’amministratore.

Il condominio può infatti ritenersi responsabile nei confronti dei terzi per i danni che sono conseguenza del fatto illecito dell’amministratore ai sensi dell’art. 2049 Codice Civile, a mente del quale i padroni e i committenti sono responsabili per i danni arrecati dal fatto illecito dei loro domestici o commessi nell’esecuzione delle incombenze a cui sono adibiti.

3.2 Responsabilità penale

3.2.1. Premessa

Come già accennato può configurarsi in capo all’amministratore anche una responsabilità penale tutte le volte in cui questi, nello svolgimento della propria attività, commetta un illecito che si ricolleghi ad una fattispecie di reato.

L’ordinamento penale distingue, ai fini della comminatoria della pena, i reati in delitti e contravvenzioni. I primi sono sanzionati con la reclusione e con la multa, le contravvenzioni sono sanzionate con l’arresto e con l’ammenda.

Talune fattispecie di rilievo, per ciò che attiene la responsabilità dell’amministratore di condominio, originariamente integranti reati contravvenzionali per la più di bassa intensità offensiva, sono state oggetto di depenalizzazione con provvedimenti legislativi succedutisi nel tempo, ed assoggettate, di conseguenza, a una sanzione di natura amministrativa di carattere pecuniario.

Al di fuori dell’area della depenalizzazione rimangono oggetto di necessaria analisi quelle fattispecie delittuose, previste in particolare dal codice penale, che possono coinvolgere la responsabilità di un’amministrazione di condominio anche in ragione della sempre maggiore complessità tecnica di tale attività professionale.

In questo ambito assume rilievo, in particolare la previsioni di reati omissivi come anche la forma di manifestazione colposa di essi. In generale i reati si articolano sulla base della ricorrenza, nella fattispecie, di un elemento di carattere oggettivo e di un requisito di valenza soggettiva.

L’ elemento di carattere oggettivo si esplicita in una condotta, attiva o omissiva, rilevante a seconda dei casi, in sé, oppure in quanto essa sia idonea alla produzione di un evento lesivo.

Nel primo caso si avrà una forma di reato definita “di mera condotta” mentre nel secondo caso si avrà un reato cosiddetto “di evento” produttivo di una conseguenza visibile nel mondo naturalistico.

Sul piano soggettivo la condotta può essere dolosa, quando vi sia previsione e volontà di un evento o colposa quando l’evento lesivo non voluto sia prevedibile, evitabile e si verifichi come conseguenza di imprudenza, negligenza, imperizia (casi di colpa generica) o inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline (casi di colpa specifica).

I delitti sono puniti a titolo di dolo salvo i casi di delitto colposo o preterintenzionale espressamente previsti dalla legge mentre le contravvenzioni sono punite indifferentemente a titolo di dolo o di colpa.

Il sistema penale distingue poi reati cosiddetti “comuni” che possono essere posti in essere da qualunque soggetto dell’ordinamento e fattispecie denominate “proprie” caratterizzate dalla ricorrenza necessaria di una particolare qualità del soggetto attivo.

Sotto il profilo della responsabilità penale dell’amministratore di condominio, possono verificarsi, nella clinica giurisprudenziale, ipotesi del primo tipo di reati comuni, tra i quali si può menzionare la diffamazione o l’appropriazione indebita, come anche condotte del secondo genere, poste in essere da un “soggetto attivo delimitato” e definite pertanto fattispecie proprie.

Tra le fattispecie di reato proprie assumono valore rilevante quelle previste in materia di igiene e sicurezza del lavoro sotto il profilo dell’assoggettamento dell’amministratore condominiale a responsabilità penale nella sua qualità di garante della sicurezza relativa all’organizzazione dell’ente di gestione da lui amministrato.

3.2.2. Fattispecie penalmente rilevanti

- Omissione di lavori in edifici o costruzioni che minacciano rovina

Rif: art. 677 c.p.

Si tratta di una fattispecie, di reato proprio, come si è appena osservato, disciplinata dal codice penale nel libro terzo, “delle contravvenzioni di polizia”, alla sezione seconda, “contravvenzioni concernenti la pubblica incolumità”, nel capo primo intitolato: “contravvenzioni concernenti l’incolumità delle persone nei luoghi di pubblico transito o nelle abitazioni”.

La disposizione legislativa si articola in tre capoversi, distinti secondo un’intensità crescente di pericolosità della condotta omissiva.

Nella fattispecie di cui al primo capoverso, l’omissione consiste nel non compiere i lavori che sono necessari per rimuovere il pericolo di rovina dell’edificio, mentre nel secondo comma la rilevanza dell’omissione assume un peso decisivo in relazione all’obbligo di rimuovere il pericolo causato dall’avvenuta rovina di un edificio o di una costruzione.

Il grado di massima pericolosità sociale della condotta, come previsto nella disposizione legislativa, è configurato nel terzo comma dell’art. 677 c.p. ove si prevede il caso in cui si verifichi un pericolo per le persone a seguito dei fatti omissivi appena menzionati.

I primi due capoversi dell’art. 677 sono stati depenalizzati con il decreto legislativo 30 dicembre 1999, per cui, a prescindere dal verificarsi della situazione di pericolo per pubblica incolumità, alle fattispecie ivi contemplate è applicata una sanzione pecuniaria di tipo amministrativo e non penale, mentre l’ipotesi di cui al comma terzo, incentrata sul pericolo di danni alle persone, è punita con l’irrogazione di una sanzione di carattere penale.

Si tratta di una fattispecie rientrante nella categoria dei reati omissivi posti in essere da chi, essendo proprietario di un edificio o di una costruzione, o da chi è nella posizione di soggetto obbligato alla conservazione e vigilanza della struttura edificata, non effettui i lavori necessari di manutenzione e conservazione, ponendo in essere una minaccia di rovina, avente carattere di pericolosità diffuso per il bene della vita o dell’altrui integrità personale.

La giurisprudenza, per consolidato orientamento, ha affermato come vi sia una posizione di garanzia dell’amministratore di condominio, tenuto, in quanto tale, ad effettuare i necessari lavori di rimozione del pericolo derivante da minaccia di rovina e più in generale al dovere di effettuare lavori di manutenzione straordinaria che rivestano carattere di urgenza con specifico obbligo di riferirne ai condomini nella prima assemblea ai sensi dell’art. 1135 co. 2, c.c. (Cass. pen. 9027/2003).

La pena edittale prevista è data in via alternativa dall’arresto fino a sei mesi o dell’ammenda non superiore ad euro 309,00.

Nel quadro della predisposizione di strumenti idonei a deflazionare il contenzioso penale favorendo una rapida definizione di procedimenti di gravità minore, l’art. 162 bis c. p. dispone come nelle contravvenzioni per le quali la legge stabilisce la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda, il contravventore può essere ammesso a pagare, prima dell’apertura del dibattimento o prima dell’emissione del decreto di condanna una somma corrispondente alla metà del massimo dell’ammenda stabilita dalla legge per la contravvenzione commessa oltre le spese del procedimento.

Il pagamento estingue il reato ma il Giudice può tuttavia respingere tale domanda di oblazione in relazione alla gravità del fatto.

Sotto quest’ultimo profilo ha, quindi, rilievo, rispetto alla possibile oblazione, il grado di intensità del pericolo, la tempestività dell’intervento e la predisposizione da parte dell’amministratore di strumenti tecnico scientifici idonei a eliminare o almeno contenere il più possibile la situazione di pericolo.

- Lesioni colpose ed omicidio colposo

Rif: artt. 589/ 590. e 40 c.p.

Ipotizzando una progressione naturale negli eventi, ove non si intervenga nell’immediato, la minaccia di rovina strutturale di un edificio, appena descritta nei connotati essenziali, potrebbe transitare dal pericolo alla effettiva lesione personale o alla morte di uno o più individui.

Si entrerebbe, così, nell’ambito operativo degli artt. 589 (omicidio colposo) e 590 (lesioni personali colpose) che riguardano comportamenti omissivi commessi dall’amministratore il quale, ad esempio, non abbia provveduto ad adeguare gli impianti condominiali alle misure di sicurezza prescritte o, più in generale, non abbia osservatogli obblighi, previsti dall’articolo 1139 n. 4 c.c. relativi alla gestione, conservazione e manutenzione delle parti comuni del condominio.

In proposito il Giudice di legittimità, in relazione ai danni provocati a terzi od ai condomini da violazione degli obblighi di garanzia e protezione ha delineato, con pronunce successive ed ormai consolidate nel tempo, il contenuto ed i limiti dei doveri dell’amministratore di condominio.

Infatti ai sensi dell’art. 40 co. 2, c.p. “non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo”, ed in virtù di tale norma sull’amministratore del condominio, che riveste una specifica posizione di garanzia, «ricade l'obbligo di rimuovere ogni situazione di pericolo che discenda dalla rovina di parti comuni, attraverso atti di manutenzione ordinaria e straordinaria, predisponendo, nei tempi necessari alla loro concreta realizzazione, le cautele più idonee a prevenire la specifica situazione di pericolo. (Fattispecie nella quale l'imputato, amministratore di condominio, è stato ritenuto responsabile delle lesioni colpose provocate ad un passante dalle mattonelle staccatesi dalla facciata dell'immobile)» (Cass. pen. 46385/2015). Grava sull’amministratore il dovere di attivarsi per evitare danni ai terzi in quei casi tristemente tipici del distacco di cornicioni o intonaco o di “pericolosità” delle scale, degli impianti elettrici come delle cose comuni in genere.

L’obbligo di attivarsi non è subordinato alla preventiva deliberazione assembleare ovvero ad apposita segnalazione di pericolo tale da rendere opportuno, se non necessario, un intervento di urgenza (Cass. 34147/2012).

In tale ambito l’intervento urgente dell’amministratore non sarà ripristinatorio ma avrà la natura di azione di “contenimento del pericolo”, ad esempio attraverso la segnalazione di esso con transennamento o speciale illuminazione o anche attraverso la rimozione di elementi immediatamente pericolosi per la salute pubblica.

La lesione colposa, in particolare, produce una malattia ed è qualificata lieve, grave o gravissima in base al crescente grado di intensità della malattia stessa: nella lesione di lieve intensità la malattia ha una durata inferiore ai 20 giorni mentre la malattia è permanente nella lesione gravissima, ove si configura una danno insanabile consistente nella perdita di un arto o di un organo.

La lesione colposa è sanzionata nella forma lieve con la reclusione fino a tre mesi o con la multa fino ad euro 309,00, la sanzione penale è aumentata fino alla reclusione da uno a sei mesi o la multa da 123,00 a 619,00 euro per la lesione grave e con la reclusione da tre mesi fino a due anni o con la multa da 500,00 a 2000,00 euro per la lesione gravissima.

E’ previsto un ulteriore aumento di pena nel caso di violazione di norme sulla prevenzione di infortuni sul lavoro o di lesioni personali che coinvolgano più persone come soggetti offesi dal reato.

Si tratta di un delitto perseguibile a querela della persona offesa salvo procedibilità di ufficio nel caso di violazione della normativa inerente la prevenzione degli infortuni sul lavoro.

- Ingiuria e diffamazione

L’ingiuria consiste nell’offesa all’onore o al decoro di una persona presente, sanzionato in maniera più afflittiva nel caso in cui l’espressione offensiva consista nell’attribuzione di un fatto determinato o sia proferita in presenza di più persone.

Integra la fattispecie, secondo la giurisprudenza, anche l’invio a soggetti diversi dalla persona offesa di una mail contenente espressioni offensive con la consapevolezza che essa sarebbe comunicata al soggetto offeso (Cass. pen. 24325/2015).

I D.Lgv. nn. 7 ed 8del 15 gennaio 2016, emanati a seguito della legge delega n. 67 del 28 aprile 2014 hanno depenalizzato una serie di reati, trasformandoli in altrettanti illeciti civili, soggetti a sanzioni pecuniarie.

Il reato di ingiuria, disciplinato in passato dall’art. 594 c.p. è stato così abrogato dall’art. 1 del D.Lgvo n. 7 ed è punibile con una sanzione, anche rateizzabile, di entità variabile in ragione della gravità della violazione; della reiterazione dell’illecito; delle condizioni economiche dell’agente; del comportamento dell’agente per eliminare o attenuare le conseguenze dell’illecito.

La diffamazione (art. 595 c.p.) è un delitto che lede l’onore o il decoro di una persona e che trova articolazione nella condotta di chi offende la reputazione altrui comunicando con più persone in assenza della persona offesa. Oltre alla forma semplice è prevista, anche qui, un‘ ipotesi aggravata nel caso in cui l’offesa consista nell’attribuzione di un fatto determinato.

Per costante orientamento della Cassazione l’amministratore di condominio incorre in responsabilità penale per diffamazione qualora, anche nel caso tipico di imminente distacco delle forniture d’opera necessarie alla vita condominiale, renda noti i nominativi dei condomini morosi tramite mezzi accessibili ad una pluralità di persone, anche estranee alla compagine condominiale (Cass. pen. 4364/2012. Nella fattispecie l’amministratore aveva affisso nell’atrio dell’edificio il nominativo di alcuni condomini morosi).

Il Supremo Collegio, peraltro, ha osservato come l’amministratore, nell’esercizio della propria attività gestionale, qualora sia motivato dall’esigenza di evitare un evento grave, quale l’interruzione di un servizio, possa anche utilizzare modalità comunicative, potenzialmente accessibili a terzi estranei al condominio, come l’affissione di informazioni nell’androne comune o nelle apposite bacheche destinate alle comunicazioni ai condomini, ma a condizione che tale avviso non indichi i nomi dei soggetti inadempienti.

Sono ovviamente rilevanti i casi di espressioni lesive dell’altrui onore pronunciate in assemblea o eventualmente pubblicate nel sito internet condominiale o in altro modo accessibili anche a terzi per cui l’amministratore di condominio risponde del delitto di ingiuria o diffamazione.

- Appropriazione indebita

Rif: art. 646 c.p.

L’ appropriazione indebita è un delitto contro il patrimonio che si articola nella condotta di chi si appropria del denaro o della cosa mobile altrui di cui abbia il possesso al fine di procurare a sè o ad altri un profitto ingiusto.

Così risponderà di tale reato l’amministratore di condominio, tenuto ai sensi dell’art. 1130 n.4 c.c. a riscuotere i contributi ed erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell'edificio e per l'esercizio dei servizi comuni, nel caso in cui si verifichi un ammanco di cassa, anche di esigua entità, (Cass. pen. 36022/2012) o nel caso in cui le risorse patrimoniali non vengano utilizzate per le finalità tipiche della realtà organizzativa condominiale.

Ciò avviene nel caso di mancato versamento degli oneri contributivi condominiali quando essi vengano utilizzati, attraverso l’appropriazione, per finalità estranee alla gestione ed amministrazione della cosa comune.

Ai fini della configurabilità del delitto in questione occorre, sul versante del dato volontaristico, il dolo cosiddetto specifico, che si identifica nella volontà di realizzare un profitto ingiusto.

Prima della riforma del 2012 la mancanza di specifiche e coerenti indicazioni legislative circa la necessità di far transitare le somme di spettanza dell’ente condominio su di un apposito conto corrente, portava ad una possibile confusione tra il patrimonio dell’amministratore e quello del singolo condominio, come anche tra le risorse dei vari condomini gestiti dallo stesso amministratore.

Il vuoto legislativo, ora colmato dal novellato art. 1129 c.c. che, da un lato, obbliga l’amministratore a fare transitare su di un apposito conto corrente bancario o postale, intestato al condominio, tutte le somme di pertinenza del condominio e, dall’altro, consente un costante controllo da parte dei condomini sulla gestione finanziaria del condominio, favoriva – senza ombra di dubbio - la mancanza di trasparenza nell’operato dell’amministratore.

Secondo la giurisprudenza di merito «l’ingiustificato trattenimento - pur a fronte di esplicita richiesta - della documentazione relativa al condominio da parte dell’amministratore cessato in carica e la necessità dell’uso della polizia giudiziaria per il recupero, dimostrano l’intenzione soggettiva di interversione del possesso e configurano un’ipotesi aggravata di appropriazione indebita, in relazione alla quale l’amministratore subentrato è legittimato a costituirsi parte civile nel processo penale, senza necessità di essere autorizzato dall’assemblea» (Trib. Roma 20 luglio 2007 in Arch. Locazioni, 2008, 278).

La condanna definitiva di un amministratore per violazione dell’art. 2, 1º e 1º comma bis, l. n. 638/83 (omesso versamento di ritenute previdenziali ed assistenziali), reati costituenti un’ipotesi speciale di appropriazione indebita, rappresenta - alla luce della novella introdotta dalla l. n. 220/2012, introduttiva dell’art. 71 bis disp. att. c.c. - una causa ostativa allo svolgimento dell’incarico di amministratore condominiale.

Quanto alle “forme di manifestazione del delitto”, si può osservare, come al modo “semplice” di manifestazione, sanzionato con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino ad euro 1032,00, possano affiancarsi ipotesi sia aggravate che attenuate.

Le ipotesi concernenti le aggravanti comuni di più frequente rilievo applicativo, determinanti un aumento di pena edittale fino ad un terzo, sono quelle previste dall’art. 61 ai numeri 7 e 11 c. p. La prima di esse si identifica nell’aver cagionato alla persona offesa dal reato un danno patrimoniale di rilevante entità (Trib. Roma 12910/2004), mentre la seconda concerne un fatto di appropriazione indebita commesso con abuso di prestazione d’opera. (Cass. pen. 3462/ 2005).

Quanto alle circostanze attenuanti, determinanti una diminuzione di pena fino ad un terzo, ricorrono eventualmente quelle previste dall’art. 62 c.p. ai numeri 4 e 6.

L’attenuante di cui al n. 4 consiste nell’aver: “nei delitti contro il patrimonio o che comunque offendono il patrimonio, cagionato alla persona offesa dal reato un danno di speciale tenuità, ovvero, nei delitti determinati da motivi di lucro, l’aver agito per conseguire o l’aver comunque conseguito un lucro di speciale tenuità, quando anche l’evento dannoso sia di speciale tenuità.”

L’attenuante di cui al numero 6 consiste nell’avere, prima del giudizio, riparato interamente il danno mediante il risarcimento di esso e, quando sia possibile, mediante le restituzioni, o nell’essersi spontaneamente ed efficacemente adoperato per elidere o attenuare le conseguenze dannose del reato.

L’appropriazione indebita è perseguibile a querela di parte nella forma semplice e di ufficio nella forma aggravata di cui all’art. 61 n. 11 già menzionato.

Per esso è previsto l’arresto facoltativo in flagranza e la comminatoria di misure coercitive ed è assoggettato alla competenza del tribunale monocratico.

- Inosservanza dei provvedimenti della pubblica autorità

Rif: art. 650 c.p.

La norma richiamata contempla una contravvenzione applicabile all’amministratore che abbia omesso di dare corso ad un provvedimento, avente ad oggetto opere od attività da eseguire sulle parti comuni dell’edificio condominiale ed emesso dall’autorità per ragioni di sicurezza pubblica o di igiene.

In giurisprudenza si è osservato come non costituisca reato il fatto dell’inottemperanza dell’amministratore all’ordine del sindaco, emesso nell’interesse di un unico condomino, avente ad oggetto la predisposizione delle necessarie misure tecniche idonee ad attenuare il rumore di un impianto di riscaldamento (Cass. pen. 3510/1986).

Costituisce invece reato l’inosservanza dell’ordine del sindaco avente ad oggetto l’opera di predisposizione di transenne attorno al perimetro di un edificio per ragioni di sicurezza (Cass. pen. 5451/1995).

La sanzione prevista è data dall’arresto fino a tre mesi o dall’ammenda fino ad euro 206,00.

3.2.3 Osservanza di norme speciali concernenti le parti comuni

Va da ultimo rilevato che nel corso degli anni il legislatore ha emanato una nutrita serie di provvedimenti normativi il cui obiettivo era ed è quello di garantire la sicurezza degli edifici, dei soggetti che vi abitano, o che vi lavorano e, comunque, di tutti coloro che vi hanno accesso. Parimenti è stata dedicata particolare attenzione soggetti che sono alle dirette dipendenze del condominio.

Si tratta di una legislazione sempre in divenire, poiché muta con il cambiamento e con l’avanzare della tecnologia che sempre di più si impadronisce anche della sfera condominiale e che deve, in ogni caso, rispettare ed integrarsi con le direttive europee di settore.

La presenza in tutte le discipline applicabili al condominio di norme sanzionatorie significa che l’amministratore, là dove si trovi in presenza di disposizioni coercitive deve intervenire senza dover richiedere assensi assembleari. Eventuali danni a cose e persone conseguenza di omissioni da parte dell’amministratore lo renderanno penalmente responsabile.

La legislazione di riferimento, a mero titolo esemplificativo, concerne:

- l’eliminazione e smaltimento delle parti comuni (tetti e canne fumarie) costituite da amianto come previsto dalla legge base n. 257/1992 come integrato dal D.Lgvo n. 81/2008;

- l’installazione, la conduzione e la manutenzione (ordinaria e straordinaria) degli impianti di risalita a far data dal D.P.R. n. 162/1999 e successive modifiche;

- il rispetto della normativa anti-incendi, con particolare riferimento alle norme di sicurezza per la costruzione e l’esercizio di autorimesse condominiali;

- le disposizioni preordinate a garantire la regolarità degli impianti elettrici a partire dalla legge n. 46/1990 e successive modifiche ed integrazioni;

- gli impianti centralizzati di riscaldamento ed il loro adeguamento alla legge sulla contabilizzazione del calore che, salvo proroghe dell’ultimo minuto, scatterà il 31 dicembre 2016;

- la sicurezza sul lavoro per i dipendenti subordinati del condominio e per lavoratori cui il condominio appalta lavori di manutenzione o di ristrutturazione dello stabile: D.Lgvo n. 626/2004, n. 494 /1996 e n. 528/1999 – sostituiti dal D.Lgvo n. 81/2008;

- la tutela delle acque: Legge 10 maggio 1976 n. 319 sostituita dal Decreto Legislativo 3 aprile 2006 n. 152

- la normativa in materia di piscine: Intesa Stato-Regioni del 17 febbraio 1992 e successiva rivisitazione del 16 gennaio 2003 avente ad oggetto la disciplina inerente agli aspetti igienico sanitari delle piscine anche condominiali; D. Lgvo n. 25/ 2002 inerente alla sicurezza sul lavoro allorchè siano utilizzate sostanze chimiche pericolose – sostituito dal D. Lgvo n. 81/2008.